The Leftovers2×08 International Assassin

Accade estremamente di rado, ma dopo aver terminato la visione di certi episodi si ha l’impressione che la serie che ti sembra di conoscere così bene sia arrivata ad un punto di svolta, diventando qualcosa di completamente diverso dalle tanto consolidate abitudini. Per The Leftovers, è il caso di questo International Assassin: un viaggio onirico in un […]

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Accade estremamente di rado, ma dopo aver terminato la visione di certi episodi si ha l’impressione che la serie che ti sembra di conoscere così bene sia arrivata ad un punto di svolta, diventando qualcosa di completamente diverso dalle tanto consolidate abitudini. Per The Leftovers, è il caso di questo International Assassin: un viaggio onirico in un limbo tra la vita e la morte (o nella mente di Kevin? Esporremo le nostre idee anche su questo), un percorso volto a ricercare se stessi e liberarsi dei fardelli della vita passata, in un episodio che cambierà per sempre la serie rispetto a come l’abbiamo conosciuta – a amata – finora.
È estremamente difficile descrivere a parole il vortice emozionale che coinvolge lo spettatore durante i 62 minuti di questo episodio, ma di sicuro possiamo dire che il The Leftovers di cui abbiamo tanto tessuto le lodi fin dalla prima stagione – ancora di più nella seconda – ha compiuto un ulteriore passo nell’ascesa verso l’assoluta perfezione di regia e contenuti.

the leftovers international assassin 2x08 recensione

Know First Who You Are…

…and then adorn yourself accordingly. Questo è il primo di una lunga serie di compiti – spesso dolorosamente impegnativi e dalla natura non chiarissima – che spettano a Kevin in questo limbo di “LOSTiana” memoria ambientato interamente in un lussuoso hotel.
L’ambientazione di riferimento ci era stata suggerita di sfuggita nell’episodio 2×04 – Orange Sticker, durante il quale un notiziario dà una breve news riguardante l’Australia e un certo David Burton, morto e risorto in circostanze inspiegabili, che affermerebbe di essere semplicemente stato in un hotel. Un messaggio che ai tempi della 2×04 è quasi passato inosservato, ma che ora acquista un valore non indifferente, dando altresì indizi validi sull’attendibilità dell’esperienza pre/post-mortem di Kevin.

Il primo passo per affrontare i propri demoni interiori è scegliere: “conosci chi sei e vestiti di conseguenza”; sono quattro le opzioni: un Guilty Remnant, un prete, un poliziotto, un uomo in giacca e cravatta assassino. Forse inconsapevolmente, Kevin sceglie proprio il ruolo più adatto alla task che gli verrà richiesta: uccidere Patti Levin, che lo tormenta sin dal giorno del suo suicidio.

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I riferimenti letterari – Dante su tutti – sono più che mai lampanti: Virgil funge per Kevin da vera e propria guida in questo “purgatorio”, tanto da fornirgli istruzioni precise (ma che si riveleranno poi incomplete e frammentarie) su come giungere al proprio obiettivo di liberarsi della presenza che infesta la sua mente.
Questo dualismo con la Divina Commedia è ancora più forte, se si pensa al ruolo dell’acqua in questo viaggio: il rimando è al Purgatorio e alle acque del fiume Lete, alla loro capacità di indurre le anime tormentate a dimenticare il proprio passato terreno; il monito di Virgil a non bere l’acqua (come vivamente consigliato da Virgilio anche nell’Eneide) sembra quasi un invito a fare tesoro del proprio passato, pur costellato di difficoltà, per andare avanti con la consapevolezza di ciò che si è stati. Virgil purtroppo sembra dimenticarsi ciò che è stato, immergendosi a pieno nella sua “vita” da consierge, proprio dopo aver bevuto dell’acqua spinto da una fortissima sete – non vediamo mai coi nostri occhi questa perdita di memoria, il che rende tutto ancora più affascinante.

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Anche i riferimenti “interni” alla mitologia della serie – ormai estremamente corposa e senza ancora regole chiare – sono più che mai una parte preponderante del racconto: dall’uccellino libero di vagare indisturbato nella hall dell’albergo (ricordate Erika e l’uccellino chiuso nella scatola?), al già citato monito di Virgil sul non bere acqua (possibile rimando, oltre che di ispirazione Dantesca, alla fonte di Jarden, misteriosamente sparita il giorno della presunta Dipartita di Evie), per arrivare addirittura al richiamo alla caverna vista nello spettacolare prologo della season premiere:

Patti Levin: on October 14th, attachment in love became extinct. In an instant, it became cosmically, abundantly clear that you can lose anyone at anytime. Our Cave collapsed.

Trovano spazio per qualche minuto anche la misteriosa gravidanza di Mary Jamison, nel momento in cui un inserviente dell’hotel ha in consegna per la donna dei palloncini attaccati con del nastro blu (sarà un maschietto?), e perfino Holy Wayne, nuovamente seduto sul wc come poco prima della sua morte, nella precedente stagione. La presenza di Mary fa sorgere domande: non è tecnicamente morta, tuttavia si trova nell’hotel. Può essere un prodotto della mente di Kevin, ma può anche trattarsi della reale Mary, intrappolata in questo limbo metafisico e impossibilitata alla fuga.

Alla Terza Uccisione Resuscitò

Se tutti questi riferimenti lasciano davvero a bocca aperta per la perfezione con la quale sono implementati nell’intreccio dei vari episodi, in International Assassin abbiamo un’ulteriore nota di merito data dalla rappresentazione a 360° del personaggio di Patti Levin – presentato sotto una luce del tutto inedita – coadiuvato da una performance davvero strabiliante di Ann Dowd nelle due impersonificazioni “adulte” della donna.

Patti è sempre stata apparentemente sicura di sé e dei suoi obiettivi, oltre che estremamente decisa nelle proprie dichiarazioni.
Ci ritroviamo appieno in questa descrizione nel “colloquio” tra il finanziatore Kevin Harvey  – velato riferimento all’omonimo film del 1950, in cui il protagonista ha come amico immaginario un coniglio bianco – e la Senatrice Patti, in lizza per diventare presidente e completamente vestita di bianco. Il parallelismo con la valenza “politica” e destabilizzante dei Guilty Remnants è reso impeccabilmente, e l’intero colloquio è un perfetto riassunto dell’effetto che questa setta ha avuto nella società post-Dipartita (“You want to destroy families”).

Nelle due ulteriori impersonificazioni di Patti – prima la bambina salvata dall’annegamento dallo stesso Kevin e poi rifugiatasi nella stanza d’albergo per sfuggire al marito Neil e la Patti in veste Guilty Remnant nel pozzo – ci viene mostrata, tuttavia, una donna fragile e prigioniera delle sue insicurezze, che utilizza la parola come strumento di autodifesa, più che di attacco.

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Soprattutto l’interazione con la bambina, nel commovente scambio con il protagonista sull’orlo del pozzo, evidenzia chiaramente un vissuto fatto di prevaricazioni, insulti e denigrazione:

Patti (kid): I talk too much, I don’t listen, I’m stupid, I’m a fat pig.

La bambina non mostra la minima esitazione di fronte alla morte imminente, chiedendo perfino ad un Kevin sull’orlo del pianto se chiudendo gli occhi può rendergli il compito più semplice. Da brividi.

Il discorso, comunque, non cambia minimamente nella sequenza sul fondo del pozzo, che torna a mostrarci Patti in vesti più simili a quelle mostrateci nel corso di questa stagione, ma con una schiettezza e una lucidità nel raccontare le proprie emozioni più cupe che lascia davvero senza fiato.

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La tripla uccisione di Patti ha un sapore Freudiano, e le tre parti coinvolte hanno i tratti caratteristici della suddivisione dell’Io: La Patti durante il meet & greet è il Super Ego spavaldo e loquace, affronta il fantasma di Neil ridicolizzandolo, inserendolo nei suoi meccanismi di difesa superficiali; l’Id è la bambina prigioniera di Neil e dei traumi che le ha causato nello strato più profondo della coscienza, rendendola insicura sotto la sua corazza; l’Ego è la Patti sensibile e pratica in fondo al pozzo, ha cercato di venire a compromessi tra la sua coscienza tormentata e il desiderio del Super Ego di lasciarsi alle spalle la presenza ingombrante dell’ex marito.

Conoscendo la sua storia e la sua psiche come mai prima d’ora, quasi come se questo episodio fosse in realtà dedicato a lei e non a Kevin, finalmente inseriamo il tassello mancante nel puzzle della sua vita, ossia il ruolo della Dipartita: l’evento ha cambiato e sconvolto tutti, ma ha anche dato modo a Patti di liberarsi del problema che le ha tormentato la vita come mai avremmo immaginato. Se i Guilty Remnants distruggono famiglie tanto meglio, almeno nell’ottica di una personalità traumatizzata come quella di Patti.

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Lo spettatore nel frattempo è attanagliato da una moltitudine di dubbi, che l’episodio non si preoccupa minimamente di sciogliere fino ai minuti finali:

Tutto questo è frutto dell’immaginazione di Kevin? È davvero morto? Virgil aveva ragione? Cosa succederà se Kevin riuscirà davvero ad uccidere Patti?

Tutti questi dubbi vengono completamente spazzati via nell’ultima, potentissima sequenza dell’episodio: Kevin emerge dal terreno (così come nel “limbo” era emerso dalle acque), di fronte ad un incredulo Michael. È qui che la narrazione di The Leftovers arriva alla svolta ulteriore e definitiva, spiegando uno dopo l’altro elementi fino a quel momento razionalmente oscuri, ma costantemente intrecciati in modo così riuscito da trascinare lo spettatore in un costante vortice di emozioni, episodio dopo episodio.

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Ed è a questo punto – quando capisci che la spiegazione razionale (o irrazionale) agli eventi è meno importante del viaggio che stai compiendo insieme ai protagonisti – che realizzi quanto The Leftovers rappresenti il meglio della televisione dei giorni nostri. In qualunque altra serie un episodio lunghissimo di questo tipo sarebbe considerato dai più alla stregua di un filler, ma non qui: anzi, pur essendo ambientato su un piano temporale e geografico diverso e completamente scollegato dal resto (almeno all’apparenza) è indubbiamente una delle puntate più riuscite della serie, e di quest’anno televisivo in generale.
L’ennesimo voto massimo è assolutamente d’obbligo.

5

Considerazioni sparse

  • Nel già menzionato film Harvey, il protagonista si chiama Elwood P. Dowd, e incidentalmente ha  lo stesso cognome dell’attrice che impersona Patti (Ann Dowd);
  • Il padre di Kevin, che appare attraverso il televisione per comunicare con Kevin pur con qualche interferenza di troppo, è a Perth, in Australia, e il loro dialogo, così “vivo”, schietto e apparentemente attaccato alla realtà, potrebbe dimostrare che esiste un modo per comunicare tra i due “mondi” – l’allarme antincendio dell’hotel è il tocco di classe;
  • Allo stesso modo, l’uomo dall’accento australiano incontrato sul ponte potrebbe benissimo essere David Burton, l’altro uomo che vivendo la stessa esperienza di Kevin è ritornato in vita.
  • Le possibili risposte alla domanda finale di Jeopardy! (Ucraina e Kazakistan), alla quale Patti ha partecipato vincendo il montepremi, sono le stesse della reale puntata del quiz televisivo andata in onda il 18 novembre.

 


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