Dopo l’esplosione in chiusura dello scorso episodio, Westworld riprende la narrazione nel presente, per poi intrecciare nuovamente con metatesti le diverse timeline. La Mesa è lo spazio d’azione in cui si svolge la maggior parte della puntata, sfondo di un sanguinolento attacco e della congiunzione delle varie trame.
Gli scorticati
È questa la traduzione letterale del titolo dell’episodio, riferita a quella tipologia di disegni in cui gli artisti rappresentano fedelmente la muscolatura di un corpo umano senza la pelle. Lo scopo è prettamente didattico (serve infatti a far apprendere la struttura sottocutanea), finalizzato a una riproduzione quanto più reale possibile. Dopo la visione della puntata è chiaro il riferimento al dialogo tra Robert e Bernard, in cui viene rivelata la vera natura del parco (o meglio, perché le storie degli host sono rimaste sempre le stesse negli ultimi trent’anni):
Bernard: We weren’t here to code the hosts, we were here to decode the guests.
L’immortalità dell’anima, impiantata in un supporto sintetico, è l’obiettivo ultimo della Delos, che negli androidi vede solo una copia, imperfetta, mai fedele all’originale. Una visione che cozza con quella di Ford, per il quale la propria creazione è un insieme di opere d’arte uniche nelle proprie singolarità. La coscienza di Robert, il suo backup, recuperato da Bernard nella Culla, torna a tormentare il suo vecchio assistente, privandolo del libero arbitrio pur di fermare la Delos e la Hale dall’ottenere la chiave nascosta in Abernathy.
Dolores è infatti riuscita a mettere, a caro prezzo, le mani sulla misteriosa unità nascosta nella testa del padre e si dirige verso Valley Beyond, non senza essersi liberata prima dell’ultima catena che teneva gli host legati alle minacce degli uomini: i backup di tutti gli androidi all’interno della Culla. La riprogrammazione di Teddy, attuata forse in maniera precipitevole, comincia adesso a mostrare i suoi effetti, con la donna che sembra non riconoscere più l’uomo di cui si era invaghita, tentando di giustificare a se stessa i propri sentimenti come un tentativo di distrazione da parte dei programmatori.
Non se la passa meglio Maeve, che si trova a un soffio dall’agognata rivincita contro William ma in un attimo perde l’occasione sia di gustare la propria vendetta che la figlia, finendo ferita e moribonda a La Mesa per colpa di Lee. È solo uno dei numerosi capovolgimenti di piani che l’episodio mette in atto: il primo, il più diretto, è che sono gli uomini a voler somigliare agli host, e non viceversa. Ancora, Dolores usa per Maeve le stesse parole che la donna aveva proferito ad Akane al momento del proprio distacco. Lo stesso rapporto tra Dolores e Bernard, per poter continuare, muta completamente di prospettiva, rischiarato dal dialogo con Ford. Chi stava analizzando chi? E inoltre, la confessione finale concessa da Lowe alla Hale una volta smascherato è frutto di un’auto-riparazione della propria mente o Bernard è ancora nelle sanguinose mani di Robert?
Sullo sfondo, nemmeno troppo lontano, il basso continuo del rapporto tra genitori e figli, un elemento su cui questa stagione sta puntando molto e che coinvolge sostanzialmente tutti i protagonisti: Maeve nella forma più esplicita, Dolores con la ricerca prima e il sacrificio del padre dopo, William e sua figlia Emily, abbandonata nel cuore della notte, e infine Bernard e Charlie (o forse Dolores). Due opposte visioni del mondo che si incontrano e si scontrano nelle figure non umane protagoniste: la famiglia come catena e la famiglia come realizzazione. Su tutti veglia l’occhio vigile e onnipotente di Robert Ford, capace di condizionare la narrazione degli eventi anche dopo la morte.
Nonostante qualche difetto narrativo (i mercenari della Delos che non usano elmetti o la patetica scena di manipolazione che porta all’esplosione della Culla), l’episodio procede speditamente nella sua ora di minutaggio, facendo convergere abilmente tutte le storyline a La Mesa, per poi districarle nuovamente. L’acceso rosso della fotografia aumenta l’angoscia e la claustrofobia dei gelidi ambienti sotto attacco del centro di controllo, preparandoci così al climax ascendente finale dell’interposizione del volto di Robert a quello di Bernard durante la sparatoria. Il sospetto di un piano orchestrato a livelli più alti è ben reso in questa maniera, aiutato dai dialoghi perfetti, impreziositi da analogie azzeccate (la biblioteca di Alessandria, un accenno al mito platonico della caverna) e da interpretazioni sempre in stato di grazia (Hopkins su tutti, ça va sans dire).
Porcamiseria
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8/10
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8/10
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8.5/10
In breve
Le diverse storyline vengono raccordate nell’attacco a La Mesa, portando un po’ di ordine anche tra i diversi piani temporali. La narrazione procede spedita alternando momenti di azione a rivelazioni inedite e d’impatto, che permettono allo spettatore di passare sopra qualche pecca logica nella trama.
User Review
( votes)La mente umana: "l'ultimo dispositivo analogico in un mondo digitale." Capolavoro #Westworld #2×07
— Flavia Gufetta (@FlaviaGufetta) June 4, 2018
Evan Rachel Wood aveva ragione a dire che non eravamo pronti. #westworld
— Tam (@91Tam_) June 4, 2018
Bernard è uno stile vita: conosce il suo potenziale ma preferisce restare rincoglionito.
Uno di noi! #Westworld— Zetboy (@zetboy85) June 4, 2018
Porcamiseria
Le diverse storyline vengono raccordate nell'attacco a La Mesa, portando un po' di ordine anche tra i diversi piani temporali. La narrazione procede spedita alternando momenti di azione a rivelazioni inedite e d'impatto, che permettono allo spettatore di passare sopra qualche pecca logica nella trama.
Storia 8 Tecnica 8 Emozione 8.5