Game Of Thrones6×07 The Broken Man

Qualcuno è tornato, qualcuno non è mai cambiato, qualcuno cerca di cambiare, qualcuno finge di essere cambiato: questo episodio di Game of Thrones è la massima sintesi di ogni aspetto di ciò che più amiamo di questa serie.

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Quando Game of Thrones – Il Trono di Spade ci restituisce qualcuno che credevamo morto, siamo sempre molto felici. La gioia, ovviamente, dura sempre troppo poco, non smentendo mai l’intento degli autori di farci soffrire amaramente, visto che rischiamo di perdere – ma siamo fiduciosi che non accadrà – un elemento importante e affezionato del cast.

Il Ritorno del Mastino

L’uomo a cui si riferisce il titolo di questo episodio – The Broken Man – è chiaramente Sandor Clegane: lo avevamo creduto morto, dopo il feroce combattimento contro Brienne al termine della quarta stagione, e invece in qualche modo è riuscito a sopravvivere, anche grazie all’intervento di un sacerdote che gli ha salvato la vita. Già nel corso del suo viaggio con Arya avevamo percepito un cambiamento in Sandor e in queste scene, nonostante sia sempre scontroso e senza fede, il suo personaggio sembra dirigersi verso un nuovo corso introspettivo, quasi spirituale.

Game of Thrones 6x07 The Broken Man

Ebbene, l’idillio à la Casa nella Prateria dura poco: mentre Sandor è lontano a spaccar legna come terapia per il controllo della rabbia, la Brotherhood Without Banners attacca, saccheggiando e uccidendo tutti: uomini, donne e bambini. Questa parentesi narrativa, apparentemente filler, serve in realtà a reintrodurre il personaggio del Mastino e a ricollocarlo nella zona delle Riverlands, dove si è spostato prepotentemente il focus delle ultime vicende di Game Of Thrones.

La Diplomazia dei Lannister

Proprio a Riverrun è appena arrivato Jaime Lannister, in missione non troppo diplomatica con Brynden Tully, The Blackfish. I Frey vengono rappresentati come degli inetti, ed effettivamente lo sono: l’assedio non ha portato a nessun risultato e nemmeno la minaccia farlocca di uccidere Edmure è utile a smuovere le acque. Jaime prende subito il comando a suon di schiaffi – un golden bitchslap da manuale – ma la trattativa col vecchio Blackfish non va ugualmente a buon fine. Brynden, oltre ad apostrofare il Lannister con il vecchio soprannome “Kingslayer“, gli fa notare che le sue nipoti Sansa e Arya non sono state salvate, che non è una persona degna di fiducia, e non è nemmeno all’altezza della sua posizione. Un colpo duro per l’orgoglio di Jaime, e per i Lannister, che non si vedono più riconosciuto lo status di famiglia influente.

Finalmente vediamo tuttavia un Jaime non più rassegnato e intrappolato nelle logiche di palazzo, in una veste più adatta alla sua indole. Il Lannister esce da una stasi troppo lunga per un personaggio del suo calibro, e il manrovescio rifilato al Frey è la scintilla che riaccende nello spettatore la sicurezza di avere nuovamente davanti uno dei protagonisti meglio caratterizzati della serie nel suo pieno splendore.

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La caduta del leone d’oro e l’affievolimento del suo potere sono rimarcati anche da Olenna, con un monologo tagliente e velenoso, indirizzato a Cersei: senza potere, senza protezione, dove tutti ti odiano, quando persino tuo figlio non ti dà più ascolto, cosa rimane dei Lannister? Cersei rimane impotente all’ultimo attacco della vecchia Tyrell, che sottolinea senza troppi giri di parole l’incapacità dell’ex regina. Il disprezzo di Cersei verso la città che l’ha umiliata cresce, di fronte alla dura verità, e la brama di vendetta è palpabile nello sguardo di Lena Headey: quale sarà la sua prossima mossa? Ha forse a che fare con l’allontanamento del fratello?

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Olenna d’altra parte ha tutto il diritto di sfogarsi, costretta ad abbandonare il centro del potere di King’s Landing per lasciarlo in mano a dei pericolosi invasati. Abbiamo avuto la conferma che la conversione di Margaery è totalmente falsa, e ora la giovane regina dovrà gestire l’inganno da sola, rischiando grosso. La strategia di negarsi a Tommen e interrompere i doveri coniugali risulta efficace, e ormai l’unico volatile di cui la giovane Tyrell sentirà parlare nell’immediato futuro sarà solamente l’Alto Passero.

La Diplomazia degli Stark

Jon, Sansa e Ser Davos sono alla disperata ricerca di appoggio militare. La sceneggiatura tiene conto della vastità del territorio mandandoli in missione in due luoghi relativamente vicini, a nord-est di Winterfell: l’isola di Bear Island, dove i tre riescono a convincere una cazzutissima e giovanissima Lady Mormont ad allearsi con gli Stark – a vincere è la fiducia che ebbe Jeor Mormont nei confronti di Jon – e Deepwood Motte, dove però Lord Glover rifiuta l’alleanza, un po’ ancora per la storia del Red Wedding, ma soprattutto per paura dei Bolton. Sono pochi gli uomini del nord che hanno appoggiato la causa degli Stark, e la maggior parte sono Wildlings, convinti grazie all’appoggio di Tormund e del gigante Wun Weg Wun Dar Wun, per gli amici Wun-Wun. Senza Ser Davos sarebbero ancora meno, grazie alle doti diplomatiche imparate servendo l’intransigente Stannis Baratheon. L’esito di questa campagna militare per gli Stark è più che mai incerto.

Il messaggio sottinteso di queste spedizioni, fin dagli albori del recente risveglio degli Stark, è quanto il nome di una famiglia, per quanto così importante, conti poco davanti alla precarietà della causa sollevata. Le famiglie del nord non dimenticano, ma temono di riporre nuovamente fiducia e lealtà in battaglie che sembrano senza capo né coda, come quelle del compianto Robb Stark. Sansa, sempre più simile alla madre Catelyn nel temperamento, si scontra con un muro di rassegnazione, contro il quale a poco serve l’orgoglio di sigillare le comunicazioni diplomatiche con il simbolo del metalupo.

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Non Solo Pesce

Se qualcuno aveva qualche perplessità sui gusti sessuali Yara Greyjoy, nella scena al bordello è stato chiarito che alla corsara piacciono anche le donne, come a tutti i suoi marinai. L’unico che non può gioirne è ovviamente Theon, visibilmente frustrato dalla sua condizione di eunuco. Yara si mostra a sorpresa incredibilmente comprensiva verso il fratello, nonostante le parole ruvide, e ci rivela l’intenzione di anticipare lo zio Euron, consegnando la sua flotta a Daenerys Targaryen.

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Di nuovo però la regia fa durare pochissimo un momento di incredibile dolcezza e intimità familiare: la nostra empatia verso il personaggio di Theon è sempre stata forte, e sappiamo quanto un abbraccio sia importante per lui dopo tutto quello che ha passato, specialmente se dato dalla sorella, unico membro superstite della sua famiglia. Non costerebbero nulla pochi secondi in più di affetto o qualche parola di vicinanza in più, sacrificando un paio di tette a una maggior senso di introspezione.

La Resa dei Conti

Arya è stata veramente ingenua: la sera prima va a dormire con Needle sotto il cuscino, il giorno dopo gira spavalda per il porto affittando un passaggio per Westeros, mostrando un sacco di soldi alla qualunque. Eravamo preparati a uno scontro con Waif, ma la scena sul ponte ci spiazza ugualmente: la piccola Stark viene pugnalata, senza essere uccisa sul colpo – Waif contravviene al comando di Jaqen H’Ghar di “non farla soffrire”, per inciso. La tensione sale, mentre Arya riesce a fuggire, ma gravemente ferita vaga per le vie di Braavos, tra l’indifferenza della gente. Non può morire, non siamo pronti a un evento del genere, né mai lo saremo.

Game of Thrones 6x07 The Broken Man

Questo episodio di Game of Thrones è il secondo di fila abilmente condotto per portare avanti le storie di alcuni personaggi verso le tre definitive convergenze nelle Riverlands, a Winterfell e a Meereen. Bisogna tuttavia capire come tutto convergerà, dato che l’ultima cosa che vogliamo vedere è un season finale raffazzonato dove succede di tutto senza soluzione di continuità e senza tempo per metabolizzare gli eventi. Non sentiamo la mancanza né di Bran né di Daenerys, e questo è un altro punto a favore per un episodio che guadagna un meritato 4 porcamiseria su 5.

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