Game Of Thrones6×03 Oathbreaker

In questo episodio di Game of Thrones tutti i personaggi domano i propri conflitti interni, siano essi tra le loro mura o con il loro passato. Diversi volti noti tornano sullo schermo e arricchiscono le vicende di Westeros ed Essos, ma si ha la sensazione che in diversi punti della trama gli sceneggiatori avrebbero potuto impegnarsi un po' di più.

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Al terzo episodio di questa stagione di Game of Thrones – Il Trono di Spade si delinea un denominatore comune per tutti i personaggi principali, ancora lontani da nuove guerre ma sempre più vicini all’implacabile Inverno: tutti sono impegnati a risolvere conflitti interni, siano essi tra le mura dei loro castelli o con il proprio passato. La pentola bolle senza ancora scoppiare, e vengono gettate le premesse di importanti avvenimenti futuri.

My Watch Is Ended

Dalla tanto agognata resurrezione di Jon Snow, che tanto ha fatto discutere i fan di Game of Thrones negli scorsi mesi, forse ci aspettavamo di più. Lo scrivo brutalmente e senza giri di parole non tanto perché non ci sia stato pragmatismo nei gesti del Lord Commander – volete mettere la soddisfazione di vedere appesi Ser Alliser Thorne, ma soprattutto Olly? – quanto per la sbrigatività con cui la questione del suo ritorno è passata in secondo piano, senza alcun tipo di shock se non nei primi minuti dell’episodio.

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Melisandre prova ad abbozzare un dialogo interessante sull’aldilà, ottenendo risposte cariche di angoscia, ma appena riusciamo a percepire un barlume di tridimensionalità nella narrazione di questa storyline, Ser Davos ci porta sulla terraferma e ci fa storcere il naso. È d’obbligo essere pratici e prendere decisioni, ma due minuti in più a discutere e a dare spazio alle sensazioni post-rinascita di Jon Snow avrebbero aiutato a percepire la sequenza alla Barriera un po’ meno abbozzata.

Ora, la drastica decisione finale di Jon – alla fine era morto, e a rigor di logica nessuno potrebbe opporsi al suo abbandono – gli permetterà di concentrarsi verso sud alla guida dei wildlings. Mai come nel suo caso la partita è apertissima, e le possibilità sono le più disparate.

Visioni e Nuove Alleanze

Bran continua il suo trip col Three-Eyed Crow, ripercorrendo un passaggio fondamentale della storia di Westeros. Siamo nelle montagne del Dorne, ai piedi della Tower of Joy sul finire della guerra di conquista di Robert Baratheon,“The Usurper”. Un giovane Eddard Stark insieme a Howland Reed (il padre di Meera e Jojen) e altri celebri cavalieri di altre casate arrivano alla torre per salvare Lyanna Stark, trovandovi davanti la resistenza di tre membri della Guardia Reale del “Mad King“. A capo del gruppo Ser Arthur Dayne, storicamente il migliore spadaccino di Westeros, che dà il via alla battaglia e sbaraglia uno dopo l’altro i suoi avversari in un 1 contro 4, finendo tuttavia per essere accoltellato alle spalle da Reed, unico sopravvissuto assieme a Eddard.

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Nella storia di A Song of Ice and Fire siamo a un punto cardine, sappiamo ufficialmente che Lyanna è “in un lago di sangue” all’interno alla torre, ma siamo anche nel punto sul quale si concentrano le più importanti teorie dei fan della saga e riguardanti Jon Snow e la sua reale genealogia – tra cui la più famosa, R + L = J. Bran protesta, non vorrebbe andarsene subito, deve prima sapere tutti i segreti della storia di Westeros – e come biasimarlo? Vogliamo saperli anche noi.

A Winterfell l’insediamento di Ramsay porta grandi novità. Le più importanti famiglie del Nord passano sotto la sua guida, dopo l’eliminazione dell’indesiderato Roose Bolton, compresi gli Umber, custodi dello Stark minore Rickon Stark. Il ragazzo viene prontamente consegnato a Ramsay assieme a Osha, e la cosa secondo noi è alquanto sospetta, vista la storica fedeltà degli Umber agli Stark e l’interazione priva di inchini e formalità tra le due parti; persino la testa del povero Shaggydog sembra un po’ troppo piccola per appartenere a un metalupo adulto. Qualche complotto bolle in pentola? Possibile che gli strascichi del Red Wedding finiscano laddove finisca la vita di colui che ha ideato il complotto con Tywin Lannister? Noi lo speriamo, in vista dell’ormai evidente scontro dei Bolton contro l’esercito di wildlings di Jon Snow. Melisandre ci aveva visto giusto?

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Potere Temporale

A King’s Landing i Lannister mostrano le due facce della stessa famiglia. Da una parte Cersei e Jaime – che fanno poker con Gregor Clegane e Qyburn – tentano di ristabilire il loro dominio, ricreando la fitta rete di spie che in passato era stata in mano a Varys – sorprendentemente, dei bambini – e provando a insediarsi al tavolo dello Small Council. L’ingresso non è esattamente trionfale, vista la freddissima accoglienza riservata loro da Kevan Lannister, l’immortale Pycelle, e Mace e Olenna Tyrell, nonché con abbondanza di insinuazioni e recriminazioni da ogni parte – il terrore negli occhi di Pycelle verso Clegane è impagabile, nella sua involontaria comicità.

Stona la mancanza di senso della famiglia da parte di Kevan, un Lannister che, anteponendo a tutto il suo cognome, dovrebbe pensare a come gestire la questione dell’assassinio di sua nipote Myrcella, ma in pratica accantona il tutto, non si sa se per pragmatismo o per un fastidioso inciampo degli sceneggiatori. Cersei esce nuovamente delegittimata (ormai è la prassi in Game of Thrones) ma almeno ha un nuovo elemento strategico da poter usare a suo vantaggio contro l’egemonia dell’High Sparrow.

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Tommen invece rimane manipolabile: ne abbiamo avuto prova più volte e davvero non potevamo aspettarci diversamente nemmeno stavolta. Le parole e le prediche dell’High Sparrow sono ipnotiche e mirate: viene a crearsi un parallelo con l’abilità retorica di Tywin Lannister, mentre il prelato sfrutta l’amore del re per la madre come leva emotiva per ammorbidirlo. Lateralmente, ci viene confermato che la penitenza per Cersei non è conclusa, manca ancora il processo davanti ai Septon, che ne definirà inequivocabilmente l’esito.

Oltre Il Narrow Sea

Partiamo da nord, con Arya e il suo allenamento intensivo nella Stanza dello Spirito e del Tempo House of Black and White. La sua è la storyline più enigmatica e interessante, in questo episodio, soprattutto perché non si tratta di un mero allenamento à la Karate Kid. Si torna a parlare della sua famiglia nel Game of Faces con Waif, ma anche della sua ormai ridottissima lista. Tre nomi rimangono ad Arya, forse quelli che dovrà uccidere per poter finalmente essere a tutti gli effetti un Faceless Man? Il cambiamento è tangibile durante lo scambio di battute con il suo allenatore:

Waif: That can’t be everyone you want to kill. Are you sure you’re not forgetting someone?
Arya: Which name would you like a girl to speak?

È uno scambio che non solo mette l’accento sulla perdita di identità di Arya, ma rimanda al primo incontro tra lei e Jaqen, nella lontana seconda stagione di Game of Thrones, in cui la piccola Stark dovette fare esattamente tre nomi di tre persone da uccidere, per poter fuggire da Harrenhal.

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Mentre a Vaes Dothrak Daenerys viene spogliata di ogni suo avere, in attesa di giudizio da parte del khal e sciorinando tutta la lista di titoli di cui non frega più niente a nessuno (che noia, basta), a Meereen Varys fa la parte del leone, riuscendo abilmente ad acquisire preziose informazioni sulle Arpie. È un peccato che la regina sia assente, perché adesso avrebbe finalmente al suo fianco dei preziosi consiglieri, in grado finalmente di contrastare con intelligenza l’avanzata dei suoi detrattori, invece di due tizi abili solo a menare le mani – ecco, chissà Jorah e Daario come se la staranno passando.

Varys: Men can be fickle, but birds I always trust.

Tyrion non partecipa alle strategie, ma fornisce svago e momenti di imbarazzo a Missandei e Grey Worm, nell’impagabile momento di comic relief dell’episodio, tanto utile a spezzare la tensione e la serietà delle altre storyline.

Altrove in mezzo al mare, nel versante ovest di Westeros, Samwell e Gilly sono ancora in viaggio verso la loro prossima destinazione. Non si approderà direttamente a Oldtown, poiché l’accesso alla Citadel non è consentito alle donne, ma si passerà prima per Horn Hill, roccaforte dei Tarly, in modo da lasciare la compagna di Samwell e suo figlio in buone mani.

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All’alba del terzo episodio, si può affermare che buona parte delle aspettative su questa stagione di Game of Thrones – Il Trono di Spade non siano state disattese. Resta tuttavia la fastidiosa sensazione che gli sceneggiatori badino poco all’introspezione e al profilo psicologico dei personaggi, o ci pensino a intermittenza a seconda del personaggio coinvolto. Forse è frutto della mancanza di George R. R. Martin al timone della nave di Game of Thrones, ma non si può nemmeno dire che Benjoff e Weiss non siano capaci di dare il giusto taglio alla loro storia. In definitiva abbiamo davanti il più classico dei cliché durante una qualunque riunione genitori-insegnanti: cari sceneggiatori, siete bravissimi, 4 porcamiseria su 5, ma dovete applicarvi un pochino di più per arrivare all’eccellenza.

4

 

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