La parola Murder in inglese ha due significati: il più comune è “uccisione”, mentre il meno noto sta a indicare uno stormo di corvi – incidentalmente servi di Odino, e in American Gods ne vediamo girare parecchi. Se nello scorso episodio abbiamo appreso che gli dèi possono morire, se vengono dimenticati, in A Murder Of Gods scopriamo che possono persino essere uccisi.
Di sicuro qualcuno lo aveva pensato: ma le divinità odierne, dove sono finite? Odino soffre perché non lo prega nessuno, ma Dio e Allah continuano ad avere un nutrita schiera di adoratori. Nei primi minuti dell’episodio assistiamo quindi all’apparizione di Gesù Cristo, o per essere più precisi di Jesus: come già accennato da Mr. Wednesday in A Head Full Of Snow, ogni popolo si porta dietro la propria versione di Gesù, e nel momento in cui degli immigrati messicani attraversano illegalmente la frontiera americana, ecco comparire il figlio di Dio nella loro personale varietà. La caricatura è dissacrante, e tocca il suo apice nel momento in cui Jesus viene colpito dai colpi dei fucili americani; sebbene sia un interessante cappello introduttivo sul potere simbolico delle armi da fuoco, la sequenza cade nel grottesco affiancando la tragica morte del gruppo di immigrati con la comica “morte” del Cristo sudamericano.
Il ritorno di una divinità dopo la sua morte terrena è un tema ambiguo. Jesus forse può ritornare – del resto la resurrezione è uno dei suoi poteri – e può stare tranquillo grazie al fatto di avere molti sudamericani che lo pregano, ma per divinità come Odino, che stanno lentamente scomparendo dimenticate dalla maggior parte dei credenti, l’appiglio terreno è sicuramente più precario. In A Murder Of Gods scopriamo che Mr. World e Media sono riusciti a convincere Vulcano (Corbin Bernsen), la divinità che un tempo forgiava i fulmini di Giove, a passare dalla loro parte. Ora è il direttore di una fabbrica d’armi, ogni proiettile una preghiera che porta il suo nome, ogni morte un sacrificio che lo nutre e lo rende potente, ricco, spavaldo.
Mr. Wednesday: I’d take a little cover if I was you.
Il vecchio amico di Mr. Wednesday se la passa benissimo, immerso nel profondo sud degli Stati Uniti di ferrea estrazione repubblicana, dove le armi si venerano e tutti ne possiedono una, persino i bambini. Ogni colpo, ogni pallottola sparata con fervore in cielo, ogni piccolo fuoco nutre Vulcano. È una nuova linfa per il dio fabbro, che tuttavia non lo rende invincibile all’ira di Odino. Il sacrificio è alla base dell’esistenza divina, e dal dialogo tra le due vecchie divinità si capisce perfino che un dio può sacrificare se stesso per acquisire potere: la morte e rinascita è del resto un tema ricorrente in molte religioni, a partire dal nostro amico Jesus, toccando l’Antico Egitto e il buddismo. L’esecuzione del dio da parte di un altro dio, per mezzo della spada appena forgiata, e la maledizione finale sono l’apice di questo episodio di American Gods, grazie all’incredibile resa di Ian McShane.
L’altra metà dell’episodio è occupata da Laura, in viaggio in automobile insieme a Mad Weeney, deciso ad aiutarla pur di ricevere indietro la sua moneta, e Salim, il tassista incontrato in A Head Full Of Snow, che cerca il suo Jinn. Tra le battutine omofobe del Leprecauno e le annoiate sigarette di Laura, questa è la parte di American Gods che convince di meno: dopo l’episodio monografico Git Gone Laura è sempre più annoiata, e noi con lei. L’altro punto debole è Shadow, protagonista che pare sempre più un ottuso spettatore, costantemente messo in ombra da un Mr. Wednesday glaciale e magnifico, vero protagonista dell’episodio. Ricky Whittle, duole dirlo, convince sempre meno nel ruolo che gli è stato conferito, e sembra sempre più unidimensionale nella resa del suo personaggio.
Mentre la storia principale si fa sempre più torbida e interessante, American Gods deve riuscire ad andare oltre al suo eccesso di zelo stilistico: la fotografia impeccabile sicuramente è un punto a favore, ma alla lunga rischia di non apportare più un significativo valore aggiunto. Se parte dei personaggi manca di gravitas e se anche la critica sociale fa un mezzo buco nell’acqua, l’ineccepibile tecnica di Bryan Fuller e colleghi potrebbe non bastare a creare un prodotto televisivo memorabile.
#AmericanGods Mi rendo conto che in 2 puntate non risolveranno un cazzo.
La porteranno per le lunghe e faccio prima a leggere il libro— LoRne Osbourne (@LoRneOsbourne) June 9, 2017
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