I grandi temi etici tornano a far capolino a The Good Wife, e il tutto non poteva non vedere Diane Lockhart al centro della scena, da sempre baluardo di quei temi sociali tanto cari ai Democratici. Aborto, diritti gay, lotta alla caccia, eutanasia: in questi anni Diane si è sempre battuta su questi argomenti, anche quando, volente o nolente, si è trovata a dover fare gli interessi della parte avversa, come in Loser Edit durante la scorsa stagione.
Devil’s Advocate
Reese Dipple e la compagine repubblicana, che avevano assoldato Diane al fine di testare la robustezza delle loro “cause sociali” da poter usare come precedenti legali su più ampia scala, tornano alla carica con un delicato caso di eutanasia, riguardante una giovane ragazza ammalata da tempo di una grave forma di tumore al cervello. Sui banchi in aula, i genitori della ragazza contro i medici che l’avevano assistita, Diane contro Canning.
La Lockhart, inusualmente dall’altra parte della barricata, si trova dunque a combattere una crociata contro quelle stesse posizioni che in genere difende a spada tratta, marcata da Ethan Carver, figura ancora poco cristallina – intrepretata da Peter Gallagher (The O.C.) – e consulente di Dipple. Districandosi abilmente tra le sue ingerenze e le solite tecniche di disturbo di Canning, Diane riesce con la sua professionalità a svolgere un lavoro egregio, salvo poi perdere la causa per via di una prova schiacciante che esonera i medici da ogni responsabilità.
Una delicata causa combattuta sul piano legale tra limiti giurisdizionali, consenso informato, libero arbitrio, coscienza medica ma che è capace di estendere i suoi tentacoli anche al piano della politica. Carver sfrutta infatti la connessione della Agos/Lockhart con Alicia per arrivare al Governatore, in modo da poter ottenere il suo veto su una legge pro-eutanasia su cui sarebbe stato chiamato ad esprimersi di lì a poco.
Se da un lato Alicia rifiuta un’inaspettata proposta di Cary – il ritorno allo studio in cambio del veto di Peter – Eli coglie al volo l’occasione e sfrutta la questione eutanasia per mettere i bastoni tra le ruote a Ruth Eastman, manipolando opportunamente Jackie Florrick e Grace, così da farle scontrare sul piano etico nell’ufficio di un impotente Peter, e screditare così la nuova campaign manager, incapace di gestire la situazione. Purtroppo per Eli il piano non funziona perchè Ruth – la sempre meravigliosa Margo Martindale – riesce a intortare nonna e nipote e far rientrare l’emergenza.
Questo Taxed è un esempio del migliore The Good Wife, quello capace di costruire delle trame verticali ben strutturate, avvincenti, mai banali e con sprazzi di ironia: il caso di Diane è uno dei classici esempi in cui la serie riesce ad affrontare temi importanti e/o di scottante attualità in maniera trasversale, capace cioè di spaziare dal diritto alla politica, passando ovviamente per la coscienza personale del singolo spettatore.
Un applauso a Mary Beth Peil, interprete di Jackie Florrick, mai forse sufficientemene elogiata, anche su queste pagine.
Caring Alicia
Nella Bond Court, Alicia si trova alle prese con un banale caso di taccheggiamento che però sembra avere tutti i presupposti per una class action di natura razziale, non fosse appunto che è comunque tenuta ad osservare le regole non scritte della Bond Court.
Questa storyline serve soprattutto a mettere in risalto l’inadeguatezza della nostra buona moglie per questo tipo di avvocatura, troppo veloce, troppo superficiale, che non entra mai nel merito, vittima forse di un sistema giudiziario troppo lento e inadeguato – hello, it’s Italy, I was wondering if you ever saw our courts – in cui i bar attorney competono su chi “macina” più chili in termini di peso degli assistiti.
Alicia è un avvocato che prende invece a cuore gli interessi dei suoi clienti, forse troppo, e che non molla l’osso così facilmente. Un’occasione dunque per rivedere sulle scene Jeffrey Dean Morgan e il suo Jason Crouse, di cui emerge qualche dettaglio tumultuoso sul suo passato: ex-avvocato, radiato dall’albo per aver colpito un giudice.
Alicia: Do I need to worry about you?
Jason: Yeah.
Alicia: Seriously, now.
Jason: Why do you think you got me so cheap?
Sul fine della puntata vediamo finalmente una chiara direzione per il destino di Alicia e per il ruolo giocato da Lucca nella storia: un po’ come lo scorso season finale, l’episodio si conclude con una proposta di partnership, stavolta da parte di Alicia nei confronti della sua frenemy. Probabilmente vedremo presto il ritorno di Mrs. Florrick in un’aula di tribunale (speriamo), per interagire molto più attivamene col resto del cast, ricucendo quella spaccatura narrativa iniziata nella scorsa stagione e che la vede ancora isolata agli altri.
È curioso come sia bastato accantonare per un momento le poco convincenti dinamiche interne alla Agos/Lockhart, ridare la giusta visibilità a Christine Baranski e ad una Diane finalmente in-character, e trattare un caso di spessore per far letteralmente alzare il livello di un episodio. D’altronde, con The Good Wife e il suo cast di prim’ordine, basta davvero poco a raggiungere vette altissime.
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Casi sempre più complessi, intrighi che meritano forti aspettative, attori di alto livello, tutti ben assortiti questo è : #TheGoodWife
— StefaniaJoy Archivio (@stefaniarchivio) October 27, 2015
No vabbè Jeffrey Dean Morgan è esageratamente figo, non ce la faccio 😳😱 ogni volta che appare mi agito 😳😂 #TheGoodWife
— comme les éléphants 🏳️🌈 (@zitellacongatti) October 27, 2015
https://twitter.com/ChiaS88/status/658737431483654144