The Good Doctor1×05 Point Three Percent

Mentre cerca di comprendere le dinamiche sociali e i princìpi etici del mondo che lo circonda, lo specializzando Shaun Murphy si trova davanti ad un caso che metterà a dura prova la sua emotività e il distacco professionale che gli è richiesto, in un episodio che coniuga emozione e riflessione.

8.5

Con il quinto episodio, The Good Doctor continua la propria ascesa nell’ambito delle serie medical, assumendo sempre di più i connotati caratteristici di questo genere televisivo e inserendo allo stesso tempo elementi di novità che rendono il prodotto ancora più appetitoso. Puntata dopo puntata, abbiamo la possibilità di conoscere e cercare di comprendere sempre meglio le peculiarità del protagonista – i suoi punti di forza e le immancabili debolezze – che riesce a sorprenderci a mani basse e non perde occasione per strapparci un sorriso o, più spesso, qualche lacrima.

Durante la visione di Point Three Percent sono presenti nello spettatore – anche se con peso diverso – entrambe le reazioni: il sarcasmo inaspettato di Shaun e le relative chiose del protagonista, a tutti gli effetti interpretabili come un tentativo di andare forse per la prima volta egli stesso incontro alle persone che lo circondano, come a voler sfidare le difficoltà dovute all’autismo, si vanno a inserire come una sorta di comic relief in una trama verticale molto potente. Non bastano i momenti di leggerezza a sdrammatizzare ciò cui assistiamo, e chi guarda è costretto a fare i conti con quanto sta accadendo senza via d’uscita, mentre vive quasi in prima persona il susseguirsi di emozioni contrastanti cui sono sottoposti i personaggi.

Figura centrale all’interno dell’episodio è il paziente della settimana, il piccolo Evan, finito in ospedale per una banale frattura che, tuttavia, nasconde delle cause assai più drammatiche. A catalizzare l’attenzione su di lui è, sin da subito, il suo volto: si tratta infatti del sosia di Steve, il fratello di Shaun morto prematuramente. L’essenzialità di questo personaggio – che pure compare soltanto nei flashback – nella vita dello specializzando è palese sin dal primo episodio e ha continuato a emergere ogni volta che il suo passato veniva esplorato, mostrandoci quanto l’affetto e i consigli del piccolo Steve siano stati decisivi per la crescita, purtroppo in solitudine, del fratello. Della sua caratterizzazione, in realtà, non sappiamo granché e il personaggio continua ad essere avvolto da un’aura mistica di idealizzazione nella memoria del protagonista; quello che abbiamo modo di conoscere da vicino, invece, è proprio Ethan, un ragazzino irriverente e sarcastico che fa subito centro nel cuore dello spettatore con la sua sfrenata parlantina e la sua contagiosa simpatia.

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Shaun non tarderà a rintracciare in questa grande espansività e nelle capacità relazionali di Evan un’eco degli insegnamenti su come stare al mondo di suo fratello, arrivando al punto di considerarlo – involontariamente e con una certa dose di infantile ingenuità – una sorta di reincarnazione, come dimostra la commovente scena in cui gli legge le ultime pagine de “Il buio oltre la siepe“, dal momento che il povero Steve non era riuscito a portare a termine la lettura del romanzo. Il caso, insomma, è destinato a far breccia nella corazza del dottor Murphy, il quale non ha che da imparare dai consigli e dalle riflessioni di Evan, che dimostrano una maturità difficilmente accostabile alla sua età anagrafica e che hanno costituito, probabilmente, un momento di svolta nell’apertura alle relazioni interpersonali in cui Shaun si sta piano piano impegnando.

Dal forte e prevedibile coinvolgimento emotivo dello specializzando nel caso del giovanissimo paziente, mai auspicabile per un medico, The Good Doctor trae l’occasione per parlare, ancora una volta, di questioni etiche inerenti il mondo della medicina. Con un giudizio compromesso dal legame instauratosi con Evan, Shaun si incaponisce sulla teoria – con probabilità di conferma prossime allo zero – che la diagnosi oncologica ricevuta in precedenza dal bambino e i suoi genitori sia errata, nonostante il dottor Melendez lo abbia severamente ammonito di non dare false speranze a quella famiglia, ormai rassegnatasi all’imminente morte del figlio. Il problema, però, è che Shaun non sa mentire e si lascerà presto scappare la sua ipotesi, dando spazio ad una domanda alla quale né lui né il dottor Glassman, sanno dare una risposta: è meglio dare ai pazienti una speranza cui aggrapparsi, seppur con minime possibilità di riuscita, o lasciare che essi si aspettino il peggio?

SHAUN: Mi sono sbagliato. I tuoi genitori mi odiano. Ti ho dato una falsa speranza.

EVAN: Già, ma per un momento è stato davvero fantastico.

A prendere posizione e rispondere alla domanda è proprio Evan, che ancora una volta si impone come un personaggio passeggero ben riuscito. Queste parole, accompagnate dalla bugia candidamente raccontata ai suoi genitori sulla convinzione di andare in Paradiso, che dimostrano l’effettiva forza del ragazzino, non riescono però giustamente a edulcorare la trama verticale dell’episodio: essa si rovescia, grazie al suo estremo e triste realismo, come una secchiata d’acqua gelida sullo spettatore, lasciandogli addosso un senso di amarezza e angoscia per il futuro segnato del paziente.

Molto più marginale e meno d’impatto appare il caso con cui ha a che fare il dottor Kalu, ossia quello di un paziente che si ritrova con una colonia di parassiti in diverse parti del corpo, compreso il cervello. Il contesto del padre malato con il figlio che si sente in colpa per un rapporto che non è mai stato particolarmente stretto è qualcosa di visto e rivisto, anche nel contesto medical, e non riesce a suscitare il giusto interesse, anche a causa di un ovvio confronto con l’altra storyline dell’episodio. Il merito di queste scene, dunque, si limita all’aver delineato meglio i contorni di alcuni personaggi finora rimasti secondari.

È ciò che accade con Kalu, il quale, dopo essere rimasto piuttosto in disparte a inizio stagione, ha cominciato ad acquisire credibilità e spessore nello scorso episodio, o con Glassman, che vediamo finalmente esercitare il suo ruolo di acclamato neurochirurgo, oltre a quello di mentore 24/7 per il protagonista. Se ciò fa ben sperare per un ulteriore approfondimento di questi personaggi nei prossimi episodi, per il momento siamo ancora lontani dall’avere chiare le rispettive caratterizzazioni.

Porcamiseria
  • 8.5/10
    Storia - 8.5/10
  • 7.5/10
    Tecnica - 7.5/10
  • 9.5/10
    Emozione - 9.5/10
8.5/10

In Breve

Ancora una volta, The Good Doctor si sofferma sui dibattiti di argomento etico che potrebbero sorgere tra le corsie di un ospedale, a partire da un paziente con cui entriamo subito in sintonia e nel cui caso ci sentiamo immediatamente coinvolti. Il risultato è un episodio dal sapore amaro, che con grande realismo e la sapiente gestione della trama verticale riesce allo stesso tempo a commuovere e far riflettere.

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Porcamiseria

8.5

Ancora una volta, The Good Doctor si sofferma sui dibattiti di argomento etico che potrebbero sorgere tra le corsie di un ospedale, a partire da un paziente con cui entriamo subito in sintonia e nel cui caso ci sentiamo immediatamente coinvolti. Il risultato è un episodio dal sapore amaro, che con grande realismo e la sapiente gestione della trama verticale riesce allo stesso tempo a commuovere e far riflettere.

Storia 8.5 Tecnica 7.5 Emozione 9.5
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