Mettetevi il cuore in pace: di recap qui ce ne sarà ben poco, ancora meno del solito, perché se da un lato è giusto giudicare questa doppietta di episodi di How to Get Away with Murder di per sé, dall’altro è giusto anche fare un buon bilancio di stagione che ruoti attorno alla notte dell’incendio della villa di Annalise.
Partiamo dal nocciolo della questione: Wes ha fatto una fine indegna. Nonostante sia sempre stato un personaggio detestabile, la scena della sua morte è una dolorosa pugnalata; il coltello è rigirato nella piaga quando scopriamo che nemmeno post mortem il suo personaggio troverà redenzione, essendosi addossato tutte le colpe per la morte di Sam e Rebecca. Annalise ha provato fino all’ultimo a salvarlo, anche dopo la sua morte, facendo cancellare il telefono da Oliver e innescando nella seconda metà di stagione tutta una serie di fraintendimenti, reciproche accuse e arringhe per la sua cauzione. Paradossalmente tutto il percorso di Annalise nella terza stagione, fino alla sua elaborazione del lutto negli ultimi strazianti minuti di Wes, è stato molto più illuminante sul suo legame col ragazzo di tutto il ciclo a lui dedicato nella seconda stagione.
Gli elementi di disappunto non mancano, perlopiù riguardanti l’esecutore e il mandante del delitto: la scelta di far ricadere tutto totalmente all’esterno del cast di How to Get Away with Murder, neanche tra i recurrent, è la classica ricerca di un punto di appiglio per giustificare tutto l’apparato narrativo dell’ultima metà di stagione. C’era il sospetto che non fosse nessuno dei “Keatings”, ma avremmo visto meglio personaggi almeno apparsi quest’anno tra gli accusabili; tutto torna nelle mani della famiglia di Laurel, ma ancora il movente è incerto.
In secondo luogo, seppur marginalmente rispetto alla grande rivelazione, il fatto che Wes sia bollato come responsabile anche della morte di Rebecca fa storcere il naso: ricordiamo quanto era maniacalmente fissato sul suo ritrovamento e sulla ricerca di un eventuale responsabile della sua morte – a lui taciuta fino al casino nella villa Hapstall – e ora arriva la sua confessione. Fare tabula rasa farà bene allo show, il prezzo da pagare è una spolverata di incoerenza.
Il problema è che How to Get Away with Murder non è nuovo alle incoerenze, in primis quella su cui posa tutto il coinvolgimento di Laurel in tutti gli avvenimenti. Abbiamo visto i piccioncini assieme per massimo un quarto d’ora, giusto il tempo di fecondare l’ovulo, e Laurel è distrutta, in lacrime e devastata per ogni parola che inizia con “W”, wh- questions comprese. Questo rende ancora più palese la differenza tra chi conosce veramente Wes, cioè Annalise, e chi pensa di conoscerlo e ha comportamenti più out of character del procuratore Denver.
Non dimentichiamoci di lui, Denver, che ha nascosto la vena persecutoria nei confronti di Annalise fino all’ultimo fatale sbugiardamento, primo momento di genuino shock in questa doppietta di episodi. Il suo segmento out of character è tutto sommato perdonabile, altrimenti non sarebbe stata una sorpresa, tanto eravamo occupati della Atwood, povera stella; al massimo è tutto un po’ caricaturale, come un qualunque villain in incognito che appena viene scoperto cambia faccia in un perenne ghigno malvagio. In aggiunta, la prigionia di Connor appare semplicemente come un riempitivo, visto che scoperta la chiavetta si scopre anche il messaggio di Wes e la chiave poco dignitosa per salvare baracca e burattini alle spese del morto.
Fino a qui pare che si stiano buttando quintali di letame su questo season finale, che tutto sommato ha aspetti più che dignitosi, a tratti eccellenti. Eccellente è la performance di Viola Davis, premio Oscar mica per caso, che contagia chi le sta attorno col suo talento – Jack Falahee finalmente ci dice qualcosa di più di un bel visino con tanto potenziale ma poco sfruttato -, come eccellente è l’intenzione di chiudere alcuni segmenti della serie lasciati a marcire da troppo tempo, a prescindere dai mezzi opinabili utilizzati.
Interessante è la scelta di spostare il focus su Laurel, sperando non ci resti secca per associazione di sfighe con il morto della stagione, come interessante è il twist sulla reale genealogia di Wes. Charles Mahoney porta benissimo i suoi quaranta e rotti anni, evidentemente (fun fact: Alfred Enoch e Wilson Bethel si passano a malapena 5 anni).
Le implicazioni delle vicende trattate sulla vita reale sono buoni spunti di riflessione, con il possibile aborto di Laurel – ammesso Nowalk non decida di arricchire il cast con un neonato, ipotesi di difficile inserimento nelle dinamiche tra i personaggi – e la facile corruttibilità del sistema giudiziario americano, su cui oltreoceano abbiamo poca cognizione per commentare. Ai fini della credibilità della trama, tuttavia, si spera che l’espediente dei potenti ma corrotti non venga utilizzato ad libitum per giustificare incongruenze nella trama – che vengono comunque a galla, come si è visto.
How to Get Away with Murder è bravo, ma non si applica, sia nel microcosmo osservato in questo finale, sia nel macrocosmo di questa terza stagione, godibile ma non esente da difetti. Se il finale merita 3 Porcamiseria su 5, nella sua interezza la stagione ha fornito globalmente più soddisfazioni, risvegliando la capacità di questo show di mantenerci sulle spine senza che l’effetto shock sia l’unico pretesto per proseguire nella visione degli episodi, e merita 3.5 Porcamiseria su 5.
Voto episodi 3×14 – 3×15:
Voto terza stagione:
Laurel che per tutto l'episodio "Wes lo conoscevo veramnete io, era tutto per me lo amo" quando son stati insieme circa 3 settimane #HTGAWM pic.twitter.com/rhLi8BQXWx
— Nadia (@N89Quenn) February 26, 2017
Se non siete crollati con l'interpretazione di Viola Davis negli ultimi secondi della 3×15 non siete umani. #HTGAWM #WhoKilledWes
— Tina Cipollari con un asciugamano in testa (@nicomonogatari) February 24, 2017
https://twitter.com/dreaminhogwarts/status/835172605208444929