GypsySeason 1 Recap: Nella Tana del Coniglio

Gypsy è la storia di Jean Holloway, psicologa con una famiglia a cui pensare e la strana tendenza a entrare nelle vite dei suoi pazienti. L'incontro con Sidney, l'ex di un suo paziente, sdoppierà la sua vita e ne amplificherà le sensazioni, tra appuntamenti segreti e una seconda identità.

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Nuova al mondo delle serie tv, Naomi Watts quest’anno ha saputo ritagliarsi uno spazio già di per sé rilevante col ritorno di Twin Peaks sugli schermi. Con Gypsy, thriller psicologico di quelli che potrebbero blandamente ricordare Attrazione Fatale, con tanto di famigliola del Mulino Bianco e una vita segreta da domare, è il suo turno di tuffarsi appieno nel mondo già saturo degli show televisivi. Il risultato, sebbene l’attrice protagonista faccia la sua parte nel volerci rendere la storia interessante, manca di solide fondamenta e di un driver narrativo che sia più profondo di un “perché sì”.

La storia, in due parole, è quella della psicologa comportamentale Jean Holloway e della sua famiglia, Michael e Dolly, marito avvocato e figlia di nove anni che la aspettano a casa; il suo problema, le cui ragioni non appaiono mai giustificate, è il desiderio di intromissione nella vita dei suoi pazienti, fino al lesbo-drama con Sidney, barista in una caffetteria – Rabbit Hole, partiamo subito con i riferimenti – ed ex fidanzata di uno dei suoi pazienti. Questa è solo una delle tante azioni deontologicamente inappropriate di Jean, che porta tuttavia con sé le conseguenze di una relazione clandestina senza riguardo per un marito che, tutto sommato, ha sempre mostrato il dovuto autocontrollo nei riguardi della sua segretaria Alexis.

Spinti dalla curiosità di capire perché una persona dovrebbe, sebbene sotto falsa identità – Diane Hart è il nome della sua seconda vita -, mettere a repentaglio la sua vita personale e professionale, ci siamo avventurati fino alla fine del viaggio in cerca di risposte, sfumature, passati torbidi. Quello che ne ricaviamo è un bagaglio di situazioni passate e problemi a mettere su famiglia già nel passato di Jean, una tendenza al controllo che ha le sfumature del narcisismo patologico, ma anche una povera costruzione narrativa delle basi che dovrebbero giustificare sia il cambio anagrafico che la ricerca spasmodica di tanta, troppa avventura.

Il versante amoroso, tutto sommato digeribile in assenza di contatto fisico tra Jean/Diane e Sidney, diventa nauseante una volta che questo contatto alla fine avviene, dopo una serie interminabile di tira e molla umorali dopo i quali anche il più ostico di noi avrebbe gettato la spugna: l’alchimia tra le due viene azzerata nel momento in cui si toccano, soffriamo nel vedere baci saffici poco convinti ma che dovrebbero esserlo, quasi quanto soffriamo della totale stupidità di chi circonda la protagonista.

Tutti notano qualcosa di strano, ma i dialoghi a supporto sono piatti, ciclici e banali, fino al sempiterno “Non sei più te stessa ultimamente”. È un gatto che gioca col topo troppo a lungo per risultare anche lontanamente credibile, finendo per farci crollare la soglia di attenzione attorno al sesto episodio. Perché la sensazione di essere in un thriller psicologico non può essere veicolata in modo così spudorato e privo di sfumature, deve avere più zone grigie, più sguardi circospetti, più persone che, messe davanti alle stranezze altrui, cercano risposte. Jean Holloway la fa sempre franca, salvo nelle battute finali che ridanno un minimo di vita alla narrazione, quando però è troppo tardi per noi per provare ancora coinvolgimento.

Gypsy, alla fine, è un susseguirsi di eventi che potrebbe, grazie a Naomi Watts, tenervi discretamente impegnati davanti allo schermo. I momenti di blanda tensione ci sono, ma mancando delle fondamenta solide a tutta la storia di Jean Holloway, è tutto più un drama fine a se stesso che una storia con un capo e una coda. Dovendo salvare qualcosa, oltre alle capacità di Naomi Watts, non è da buttare via l’aspetto più propriamente psicanalitico, l’universalità delle bugie che raccontiamo a noi stessi e agli altri, anche in terapia, e quell’accenno di gaslighting verso una Sidney che nelle battute finali della stagione iniziamo quasi a compatire. 2 Porcamiseria su 5.

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