La scelta di estendere la durata di questo episodio di Game of Thrones oltre i canonici sessanta minuti, a valle di avvenimenti passati risolti alla velocità della luce, appare come una manna dal cielo. Gli sceneggiatori, inizialmente, si divertono di più a far dialogare sia i membri della spedizione oltre alla Barriera, sia la regina di Dragonstone e Tyrion, un po’ per riflettere sul passato, un po’ per meditare sul presente. Il season finale sarà peraltro ancora più lungo di “Beyond the Wall”, quindi prepariamoci psicologicamente a superare nuovamente il record di minutaggio da parte della serie.
È una lotta a due velocità: la prima contro Cersei, giunta ad una battuta di arresto sulla quale Daenerys è portata a riflettere senza riuscirci – la sua inesperienza su come girano le cose a Westeros la fa risultare come una versione in miniatura di Aerys, preferendo di arrostire i propri nemici invece di fare prigionieri con spirito strategico; la seconda oltre la Barriera, in cui sette eroi più qualche comparsa servita come carne da macello cercano le prove della minaccia incombente.
È anche il primo episodio di Game of Thrones in cui appare evidente la trasformazione della sceneggiatura di Benioff e Weiss da adattamento a show televisivo. C’è l’eroismo della missione suicida, che tuttavia verrà portata a termine lasciando in vita quasi tutti i personaggi più importanti della storia. C’è la spettacolarità fotografica, le riprese aeree e le scene d’azione da capogiro, condite da una buona dose di pericolo imminente. Ci sono anche i dialoghi da show di bassa lega che lasciano il tempo che trovano, con Clegane che ripete le sue solite battute che non fanno più ridere, Beric Dondarrion senza spessore, e Gendry non pervenuto.
Anche il discorso tra Jon e Jorah non porta da nessuna parte, come a voler suggellare un’onorevole amicizia nata intorno ad una spada. Longclaw però è importantissima per una grande rivelazione: una volta colpito uno dei generali del Night King alcuni white walkers si “spengono”, come se fossero collegati ad un unico hub. Questa inaspettata sorpresa potrà quindi essere utile nell’imminente battaglia contro l’esercito dei non-morti.
In chiusura abbiamo una vittima celebre e l’apparente rivalsa del nemico, con un drago non-morto tra le fila del Night King che preannuncia disastri. Non si capisce benissimo però quale dei due figli minori di Daenerys ci abbia lasciato le scaglie – forse Viserion? – cosa che un buon sceneggiatore con amore per i dettagli importanti non dimenticherebbe di evidenziare.
L’enorme nota dolente di questa trasformazione in show televisivo, ancora più dei dialoghi insipidi e della poca cura nei dettagli, è l’utilizzo massiccio e fastidioso di espedienti narrativi, che ci fa storcere il naso e ci riporta con la mente a quando Game of Thrones era più di un fan service con Jon e Daenerys destinati ad amoreggiare – incestuosamente, visto che sono zia e nipote: in ordine di gravità abbiamo corvi e draghi supersonici in grado di coprire distanze impensabili in meno di tre giorni, l’incredibile capacità di tutti i personaggi di ritrovare la strada percorsa in mezzo alla neve senza perdersi, l’arrivo di Benjen Stark che urla deus ex machina da ogni frame, e l’incredibile sincronizzazione degli eventi con Dany che giunge come la cavalleria all’ultimo momento, un po’ come già visto con “Battle of the Bastards”. Si perde il senso di quello che si vede sullo schermo, e si va oltre la sospensione dell’incredulità ammissibile persino per una serie tv con draghi e non-morti.
I brividi “old school” dell’episodio ce li danno Arya e Sansa, con sequenze più inclini all’intrigo politico. In seguito all’imbeccata di Littlefinger Sansa sta effettivamente pensando ad ogni scenario possibile, compreso quello in cui è lei sola ad essere Lady of Winterfell, senza Jon tra i piedi. Arya lo sa, glielo legge letteralmente in faccia perché è stata allenata a farlo, e non nasconde a Sansa la possibilità di farla fuori, facendo però lo stesso gioco di Baelish.
Ci viene però il sospetto che la sorellina possa essere un passo avanti allo stesso Littlefinger, fornendo a Sansa quel pugnale in modo da spingerla ad eseguire la condanna che il cospiratore merita, per aver contribuito all’esecuzione di papà Eddard. Del resto, anche Arya sta giocando al Game of Faces con la sorella. Quanto sta accadendo agli Stark è meno spettacolare, ma sicuramente più intrigante e più coeso, suscitando in noi la sana tensione dell’imprevedibilità.
“Beyond The Wall” è oggettivamente un episodio da brividi, in cui si percepisce in tutto e per tutto la minaccia dei white walkers premere contro il mondo degli umani – almeno a vedere quanto poco ci ha messo Gendry ad arrivare alla Barriera. Il contenuto emozionale fa tuttavia a pugni con una sceneggiatura carente e in più parti inverosimile, che rasenta la fan fiction spudorata – la ciliegina sulla torta è lo sguardo contrariato di Daenerys quando apprende che Jon non è pronto ad accogliere le sue avances. È un episodio di Game of Thrones da cui ci aspettavamo tanto, ma che fallisce in uno degli aspetti più importanti della buona televisione, privilegiando gli effetti speciali ad una narrazione ben costruita. 3 Porcamiseria su 5.
Di diverso c'è la neve e manca la canzoncina, sennò sono loro. Uguali proprio. #GameOfThrones #TronoDiSpade #IlTronoDiSpade pic.twitter.com/xjE7QjjVkS
— Elisa (@elisarago87) August 21, 2017
Spettro come tutti i Nintendogs lasciati morire dal 2008 #GameOfThrones
— veronica is loki’d (@redcalvm) August 21, 2017
COSA CAZZO HO VISTO #GameOfThrones pic.twitter.com/xzepnpXGV9
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