I due episodi che precedono il gran finale di questa quarta stagione di Arrow danno sicuramente un bello scossone alla trama orizzontale – preparando il terreno per lo scontro finale – ma al tempo stesso ne sottolineano gli ormai enormi difetti. Senza apparente soluzione di continuità tra i due episodi, il Team Arrow si trova a fronteggiare le deliranti manovre di Damien Darhk, i cui intenti sono potenzialmente devastanti: per la prima volta Green Arrow e soci sono chiamati a salvare il mondo, facendone de facto più che semplici vigilanti. In ballo quindi, non più il destino di Star City – che rimane comunque centro dell’azione – ma quello dell’intera razza umana.
Genesis
La fantomatica operazione Genesis messa a punto dall’H.I.V.E. e Darhk è presto svelata ed è quanto di più pretenzioso possa essere concepito da una mente criminale, nonostante non rappresenti certo una novità nel genere. Attraverso il Rubicon e il potenziale accesso agli arsenali nucleari dei maggiori eserciti mondiali, Darhk ha intenzione di spazzare via l’intero genere umano allo scopo di ricostituire la razza umana ex novo, attraverso uomini e donne selezionati, pronti a ricominciare una nuova vita a Tevat Noah, la finta cittadina – dal nome leggermente allusivo – in cui è intrappolata Thea. Il contrattacco del Team Arrow deve dunque necessariamente giocarsi su due fronti: il disarmo di Rubicon e il salvataggio di Thea e gli altri abitanti di Tevat Noah.
Per annullare il remote control di un numero imprecisato di testate nucleari non bastano chiaramente le doti di Felicity che deve giocoforza far squadra col padre Calculator e – ma solo in Lost In The Flood – con Curtis. Inutile dire che il pericolo viene scongiurato ma – per una volta – non senza vittime: a farne le spese infatti una piccola cittadina verso cui viene dirottato uno dei primi missili. Tralasciando il focus sulle dinamiche padre-figlia di cui tratteremo dopo, parte importante dello screentime dedicato a Overwatch, i due episodi ci mostrano molte esagerazioni pseudo-scientifiche fatte di superprocessori, algoritmi improbabili e schermi che esplodono a causa di virus informatici, ma di ben poca profondità nel trattare con la morte. È vero, ci viene mostrata una Felicity senza dubbio scossa per le povere vittime del suo mezzo fallimento, ma tutto sembra passare una volta mandato giù il groppo in gola, quasi come se ci si fosse assuefatti alla morte.
A Tevat Noah, intanto, Thea viene fatta prigioniera dall’H.I.V.E. e Malcolm Merlyn.
In Monument Point, la vediamo dapprima cercare di sfuggire alle grinfie dei suoi carcerieri ma è costretta a tornare sui suoi passi per fronteggiare Anarky/Lonnie Machin, intrufolatosi nella cupola allo scopo di farla pagare a Darhk, mettendo al tempo stesso in pericolo gli altri innocenti presenti nell’Arca. Purtroppo, nello scontro il povero Alex avrà la peggio.
In Lost In The Flood, Oliver e John accorrono in aiuto di Thea – nel frattempo, nuovamente soggiogata al volere del padre – dando vita finalmente ad una scena ricca di azione come non se ne vedevano da tempo, in un inseguimento frenetico ed emozionante per le vie della cittadina perfetta di Darhk. Fondamentale, in questo secondo campo di battaglia, il ruolo di Lonnie Machin, una piacevole variante, una mina vagante che darà sul finale un colpo durissimo a Damien Darhk. Distrugge, infatti, definitivamente la cupola sotto cui risiedeva Tevat Noah, in un’esplosione che dissesta ulteriormente il compromesso paesaggio di Star City e tra le cui macerie giace anche il corpo esanime di Ruvé Darhk, personaggio non troppo esplorato e che in Lost In The Flood viene fuori con più efficacia nonché molta perfidia. Troppo tardi purtroppo.
I due episodi sono per molti versi godibilissimi nella forma e nel ritmo ma – duole dirlo -permane purtroppo quel senso di stanchezza che ormai attanaglia l’intera stagione, di allungamento del brodo nell’affrontare questo controverso filone magico. Inizia a stancare anche la figura del big villain, finora l’elemento più convincente della stagione. Anche stavolta, nonostante l’enorme potere acquisito dalle morti della strage missilistica, Darhk si limita a deliranti propositi di vendetta senza torcere nemmeno un capello ai suoi antagonisti, sebbene ci siano tutte le circostanze per farlo. Insomma, alla fine della fiera, ci ha rimesso solo la povera Laurel.
Parent Issues
Parallelamente alle vicende di cui sopra, i due episodi e i diversi filoni narrativi in cui questi si possono dividere sono accomunati da un fil rouge basato sul rapporto genitori-figli. Se il rapporto tra Thea e Malcolm si perpetua nelle consuete malsane dinamiche, Felicity viene invece rappresentata come tra due fuochi, in bilico tra un evidente bisogno di sviluppare un rapporto col padre e la diffidenza di Donna, costretta a confessare di averle mentito riguardo l’abbandono dello stesso quando era piccola. Da semplice guest star, il personaggio di Donna si è conquistato un sempre maggiore screentime, e di sicuro il suo ruolo all’interno della serie è destinato a crescere. Non escluderei al tempo stesso la possibilità di rivedere anche Calculator prossimamente su questi schermi.
Parlando di figure genitoriali, dovremmo citare anche Quentin Lance che in Monument Point mette a rischio la sua carriera per onorare il ricordo della povera Laurel – poche battute per lui ma sempre toccanti – e che in Lost In The Flood fa apparentemente una comparsata senza senso nella Arrow’s Lair per coerenza narrativa con il suo cameo nel season finale di Legends Of Tomorrow (in arrivo prestissimo sulle nostre pagine). Molto in senso lato, nel filone “genitori vs figli” è collocabile anche il rapporto tra Anarky e Thea, soprannominata da Lonnie Machin “mommy”, il cui bizarro rapporto potrebbe essere una ventata di freschezza in quel panorama di desolazione che è stata la storyline di Thea quest’anno.
Chiaramente c’è poi da accennare ai noiosissimi flashback in cui vediamo sostanzialmente Taiana sotto l’influenza nefasta dell’Idolo e una prima apertura alla prossima – ormai direi quasi certa – ambientazione dei flashback in Russia. Taiana cita infatti un dittatore di nome Kovar… forse che nella prossima stagione farà il suo ingresso nella serie Red Star?
Per concludere, il voto ai due episodi è molto vicino, attestandosi sui tre porcamiseria per Monument Point…
…e quattro porcamiseria per Lost In The Flood, che a livello di azione esegue il suo compito egregiamente facendo se non altro riemergere lo spettatore dal torpore ormai costante di questa stagione.
Quando si dice quartieri a rischio…
Vivere nelle Glades porta più rogna di Margaery Tyrell #Arrow
— Lady Snow (@LadySbatSnow) May 20, 2016
visto che ogni anno in questa città rischia la distruzione mi sorprendo che ci sia ancora gente che ci viva😳 #arrow pic.twitter.com/0cLSRLVPLo
— 🌈Vale➴ (@fel5_smoak) May 19, 2016
…e personaggi indigesti…
il momento in cui Anarky diventa il tuo personaggio preferito della puntata, il tuo eroe
PARTYYYYY 🎉🎉🎉🎉#Arrow #4×22 pic.twitter.com/oKfnIFMece— 🌈Vale➴ (@fel5_smoak) May 19, 2016
Aspetto con ansia settimana prossima per il finale di #Arrow per vedere la morte di Taiana che non si regge proprio
— Rumplena (@EleOlicity) May 19, 2016