American Horror Story7×07 Valerie Solanas Died for Your Sins, Scumbag!

In American Horror Story un confronto tra culti del presente e culti del passato, in questa retrospettiva su Valerie Solanas. Una rivisitazione così fantasiosa avrà il suo spazio anche ai giorni nostri, influenzando il gruppo di Kai e la sua improvvisa fama su scala nazionale.

3.3

Se pensavate che 11/9 fosse l’episodio più assurdamente sconclusionato di American Horror Story: Cult, il settimo episodio di questa annata non esattamente idilliaca tocca nuove vette di insopportabile bruttezza, persino al netto di una presenza ingombrante come quella di Lena Dunham. Nel ruolo di Valerie Solanas, con un femminismo oltre i canoni della razionalità umana – pertanto non definibile femminismo – Lena Dunham porta ironicamente all’eccesso ciò che fu la sua croce, quell’eccesso di zelo nel denigrare l’uomo che a suo tempo fece discutere.

Tutta l’impalcatura tirata su da Ryan Murphy per Valerie Solanas… si regge su fondamenta pressoché inesistenti, quasi come se si volesse fare di tutto per giustificare la presenza di una guest star, tanto da partire diversi decenni prima per integrare nell’economia della serie nuove situazioni e potenziali stravolgimenti del piano di Kai Anderson. L’idea è a malapena decente sulla carta, e una volta eseguita diventa un pasticcio senza criterio.

Un discorso organico di solito è preferibile per sviscerare la questione ma, visto che l’orrore è sotto gli occhi di tutti, la soluzione più immediata diventa un banale elenco puntato di bestialità a cui siamo stati costretti ad assistere:

  • Evan Peters nel ruolo di Andy Warhol, bel tentativo ma non ci sei arrivato.
  • Lena Dunham sempre meno psicopatica e sempre più pescivendola.
  • Il famoso Zodiac Killer, assimilato al gruppo di Valerie Solanas – in Hotel era un’entità autonoma, durante la cena della Devil’s Night – superando ogni surreale fantasia.
  • Il fatto che tutto questo ci venga propinato come se noi dovessimo crederci senza battere ciglio.
  • La pressoché inesistente connessione tra la storia raccontata e il presente, per cui fondamentalmente basta che Winter legga S.C.U.M. per mettere in allerta le compagne e uccidere Harrison.
  • La velocità con cui Beverly, dopo essersi fatta fregare da Kai, si fa fregare in un battito di ciglia da Bebe Babbitt (grazie comunque a Frances Conroy, sempre piacevole da vedere, unico faro di luce in questo buio insopportabile)

Dovendo essere clementi, l’unica cosa che si salva dalla stroncatura globale di questo episodio di American Horror Story è il plot twist finale, il rimescolamento delle carte dopo l’iniziale vittoria di Kai mentre, a livello di suggestione, la white supremacy che pervade la sua casa è il tocco atmosferico che più risulta interessante, sebbene non riesca a risollevare le sorti di un episodio inqualificabile.

Sembrava che dopo Mid-Western Assassin ci potesse essere spazio per uno sviluppo della trama organico e sensato. Come da tradizione, conoscendo Ryan Murphy, abbiamo capito che al peggio non c’è mai fine, e dovremmo avvicinarci ad ogni episodio non con i brividi per quello che potrebbe succedere, ma con la suspense di chi non sa se si troverà davanti a quarantacinque minuti di sceneggiatura interessante o davanti a un abominio senza né capo né coda.

Porcamiseria
  • 4/10
    Storia - 4/10
  • 5/10
    Tecnica - 5/10
  • 1/10
    Emozione - 1/10
3.3/10

In Breve

Tra rivisitazioni storiche improbabili e storyline create apposta per inserire la guest star di turno, American Horror Story: Cult tocca il punto più basso immaginabile nella sua settima stagione, almeno per il momento.

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Porcamiseria

3.3

Tra rivisitazioni storiche improbabili e storyline create apposta per inserire la guest star di turno, American Horror Story: Cult tocca il punto più basso immaginabile nella sua settima stagione, almeno per il momento.

Storia 4 Tecnica 5 Emozione 1
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