È il confronto generazionale il tema su cui ruota il secondo appuntamento col nuovo Will&Grace, dopo il già confortante e promettente inizio di settimana scorsa.
Will e Jack si trovano a confrontarsi con la nuova generazione di ragazzi gay, innescando così tutta una serie di meccanismi che sono in fin dei conti uno specchio – pur sempre messo in scena con leggerezza e ironia – di quel divario generazionale che trasversalmente tocca tutti, gay e non.
Will è inizialmente lusingato dalle attenzioni ricevute dal giovane Blake – interpretato da Ben Platt, visto in Voices e The Picth Perfect 2 -, anche se le sue aspettative si dissolvono in una bolla di sapone non appena la conoscenza si fa un filo più profonda. Le differenze sono infatti enormi e per nulla limitate ad un diverso rapporto con la tecnologia o ai diversi miti musicali – Madonna è ormai fuori moda, quasi una bestemmia.
Blake: Isn’t Madonna kinda tired?
La generazione dei millennials sembra quasi non doversi necessariamente struggere interiormente in quel percorso di consapevolezza di sé che porta al liberatorio momento del coming out e dà anzi quasi per scontata la libertà di poter esprimere il proprio orientamento sessuale in assoluta tranquillità, dimenticando i sacrifici di un movimento che per anni ha lottato perché ciò avvenisse.
Blake: Yeah, Will, I know all about Stonehenge.
Will: Do you mean Stonewall?
Blake: I’m actually not quite sure what either one is.
L’appuntamento di Will diventa dunque un pretesto affinché la memoria storica non vada perduta nel tempo, affinché non ci si dimentichi mai delle varie lotte perpetrate negli anni.
Will: I mean, how’s it supposed to get better if it was always fine?
Un segmento che, pur senza mutare i toni o il taglio leggero e ironico della comedy, riesce a far riflettere e allo stesso tempo rivendicare il ruolo e l’impatto per nulla marginali di Will&Grace nella società americana in tema di diritti civili. Qualcuno potrebbe anche pensare che l’eccessiva posizione privilegiata della giovane conquista di Will possa essere pericolosa nel sottovalutare i problemi delle generazioni odierne, che in altre parti del mondo non sono ancora così libere nel vivere la propria vita secondo la loro natura; noi pensiamo che questa demarcazione così netta sia stata invece del tutto funzionale alla narrazione e al tema dell’episodio.
Jack entra invece in crisi quando viene chiamato con l’appellativo daddy in un locale. Come per molti uomini della sua età, cercherà di correre ai ripari ricorrendo ai prodigi dell’industria estetica moderna: armato di scro-tox, strani magneti per irrigidire il collo e un corpetto di titanio fornitigli da Karen – a quanto pare queste sono nuove addiction da aggiungersi ai sempiterni alcool e farmaci – cercherà di ritornare sulla cresta dell’onda con risultati assolutamente esilaranti e rovinosi. Sean Hayes fa davvero un superlavoro in questo episodio, regalandoci un Jack McFarland degno degli anni d’oro. D’altronde, è pur vero che
Everybody knows Twinkies never expire.
Il terzo segmento narrativo è affidato a Grace e Karen e ruota intorno alla richiesta di aumento da parte di quest’ultima. Al rifiuto di Grace, motivato dall’apparente inutilità della sua storica assistente, le due iniziano a litigare e il successivo confronto si sposta nella doccia di ultima generazione di Karen dotata di comandi vocali, ove puntualmente rimangono intrappolate con l’acqua alla gola, letteralmente, con ovvi risvolti tutti da ridere.
Da segnalare, in seno a questo segmento, anche il ritorno offscreen di Rosario che invia al cospetto di Karen una delle cameriere, Bridget – probabile recurring role? – per rivendicare i diritti della servitù ad un meritato aumento, ed è incredibile come anche per interposta persona si possa rivivere lo stesso clima di guerra e amore che caratterizzava tutti gli scambi tra Rosario e la sua arcigna padrona:
Bridget: Rosario said, “Don’t leave until the woman pays us what we’re worth.”
Karen: Did she call me the A-word, the B-word, or the C-word?
Bridget: Yes, Mum.
Abbandonati i temi politici, Will&Grace ritorna nelle sue vesti abituali e centra pienamente l’obiettivo: far ridere a crepapelle pur concedendosi anche il lusso di offrire una chiave di lettura un po’ più seria che vada oltre il consueto buonismo da fine episodio, tipico delle comedy di stampo classico. E i suoi successori farebbero bene a star lì a prendere appunti.
Questa nuova stagione di #WillAndGrace, almeno per ora, fa più ridere delle ultime di 2bg, Brooklyn99 e Unbreakable Kimmy Schmidt insieme.
— Pantalaimon (@Pantalaimon83) October 6, 2017
Mi serve la gif di Ben Platt che dice "i was born in '94" perché la potrei usare sempre. #WillAndGrace
— Diego 🌈 (@CeredaDiego) October 6, 2017
Porcamiseria
-
Storia - 8.5/108.5/10
-
Tecnica - 9/109/10
-
Emozione - 9/109/10
In Breve
Will&Grace dimostra ancora una volta di non essere tornato in virtù di una banale operazione nostalgia e di essere più competitivo nel panorama delle comedy, riuscendo nell’obiettivo principale per un prodotto di questo tipo: far ridere a crepapelle. E tra una risata e l’altra, tra i consueti riferimenti alla società e alla cultura americane, si concede anche il lusso di offrire una chiave di lettura un po’ più seria che vada oltre il consueto buonismo da fine episodio, tipico delle comedy di stampo classico.
User Review
( votes)Porcamiseria
Will&Grace dimostra ancora una volta di non essere tornato in virtù di una banale operazione nostalgia e di essere più competitivo nel panorama delle comedy, riuscendo nell'obiettivo principale per un prodotto di questo tipo: far ridere a crepapelle. E tra una risata e l'altra, tra i consueti riferimenti alla società e alla cultura americane, si concede anche il lusso di offrire una chiave di lettura un po' più seria che vada oltre il consueto buonismo da fine episodio, tipico delle comedy di stampo classico.
Storia 8.5 Tecnica 9 Emozione 9Ti è piaciuto l'episodio?
