Westworld1×05 Contrapasso

Al Westworld si intrecciano storyline, si svelano segreti e nascono nuovi interrogativi, in quello che sicuramente è l’episodio più intenso finora.

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Westworld, fin dal pilot, ha fatto capire il suo target in maniera chiara. Non si è mai proposta come una serie “per tutti”, anzi: dietro la facciata di un parco divertimenti per ricconi, ha messo in piedi un viaggio nell’animo umano, un’allegoria del rapporto uomo-Dio, un racconto sulla scoperta di sé e sull’autodeterminazione. La complessità del sottotesto ha dato alla messa in scena un ritmo lento e cadenzato, i cui dialoghi intensi rendevano talvolta difficile districarsi in questo nuovo, immenso e labirintico mondo che abbiamo appena iniziato a scoprire. Tutto ciò, però, si ribalta in questo quinto episodio: Westworld arriva a metà strada e gioca le sue carte vincenti, tutte insieme, ad un ritmo decisamente più sostenuto del solito, per tenerci incollati allo schermo anche questa settimana.

Uno e Trino

Tantissime sono le storyline che convergono in Contrapasso: storie che finiscono, storie che continuano e storie che invece cominciano solo ora, a testimonianza di quanto il mondo di Westworld, fatto di loop e di sceneggiature, di eventi casuali e di azioni programmate, sia di una complessità senza precedenti. Uno, però, è il filo conduttore, il mastro burattinaio, l’uomo dietro le quinte: Robert Ford – interpretato da un Anthony Hopkins che tira finalmente fuori quell’ambiguità inquietante che ne ha decretato la fortuna come attore – si rende protagonista di ben tre segmenti dell’episodio, tre dialoghi che, se possibile, rimescolano ulteriormente le carte in tavola dandoci poche certezze e tantissimi nuovi dubbi.

Il dialogo iniziale di Ford con l’amico robot tradisce da subito il tema portante dell’episodio, ossia la ricerca di uno scopo: l’aneddoto raccontato dal deus ex machina del Westworld ci fa mettere in discussione ciò che pensavamo di lui e delle sue motivazioni, dipingendocelo come un uomo deluso dalla vita alla disperata ricerca di un obiettivo.

E a quanto pare, uno scopo il dottor Ford l’ha trovato: il dialogo finale con l’Uomo in Nero – uno scontro che non ci aspettavamo così presto – dimostra che Ford è un calcolatore, un uomo con un piano ben preciso, un fine ultimo che ancora non conosciamo ma che, di sicuro, coinvolge il passato (nella figura dell’ex-collega Arnold), il presente dello stesso Uomo in Nero e il futuro del Westworld. Menzione d’onore al già citato Hopkins e a Ed Harris per questa scena da brividi: gli attori giusti al posto giusto, in una serie come questa, continuano a fare la differenza.

A fare da intermezzo, c’è il dialogo con Dolores, l’altra grande protagonista dell’episodio, l’altro grande personaggio alla ricerca del proprio scopo, del proprio Io, del proprio posto nel mondo. Dolores è sempre più sull’orlo dell’abisso, sempre più divisa tra il seguire la strada scritta per lei – il loop – e il prendere le redini della propria esistenza, smettendo di essere la damigella in pericolo e vestendo finalmente i panni dell’eroina. O chissà, magari del villain. L’incontro tra lei e Ford, avvenuto dopo un breakout dell’androide, alimenta tutte le incertezze che ci accompagnano ormai da cinque episodi: quanto c’è di vero nella sua lenta presa di coscienza e quanto invece rientra nel misterioso disegno di Ford? I robot che iniziano a prendere coscienza, come Maeve in uno dei cliffhanger più riusciti finora, sono davvero schegge impazzite o c’è uno schema, un pattern? E quanto di questo disegno è imputabile al defunto Arnold, con cui Dolores sembra parlare e che la porta a mentire ai suoi creatori, e quanto invece allo stesso Ford? Le risposte tarderanno ad arrivare, ma siamo letteralmente sconvolti dalla magnificenza del quadro complessivo: ogni dettaglio è progettato alla perfezione per accompagnare lo spettatore ma allo stesso tempo farlo perdere nei meandri del Westworld, per farlo sentire parte del gioco, un po’ come William.

Level Two

Se l’Uomo in Nero e le personalità multiple di Dolores, messi in relazione con Ford, sono le chiavi di volta per la comprensione (poca, per ora) di tutta la vicenda, il percorso di William è invece ciò in cui lo spettatore di Westworld può identificarsi. Inizialmente smarrito, ammaliato e allo stesso tempo intimorito dall’immensità del parco e dalla complessità delle sue infinite storyline, ora William inizia a sporcarsi le mani, ad abbandonare i preconcetti, ad uccidere e a stringere alleanze fino a poco prima del tutto improbabili. La separazione da Logan e il legame con una Dolores sempre più in bilico tra autocoscienza e follia danno il via libera alla maturazione del personaggio, che siamo pronti a scommettere avrà un ruolo chiave nella ricerca del misterioso Labirinto. Peraltro, proprio la città di Pariah che fa da sfondo a tutta la sequenza rappresenta anche l’unico neo in un episodio altrimenti perfetto, con scene di nudo e depravazione che appaiono un po’ pointless e che poco aggiungono allo scorrere degli eventi.

Come William, che ha finalmente oltrepassato il limite morale che si era prefissato entrando in una sorta di “secondo livello” del gioco, anche noi dopo questo Contrapasso siamo pronti ad andare oltre e ad immergerci sempre di più nel cuore del Westworld e dei suoi misteri. E ora che spunta anche l’ombra dell’insider trading, dopo la rivelazione che qualcuno sta segretamente rubando dati dal parco, i misteri si fanno sempre più fitti.

Se Westworld fosse un puzzle, questo quinto episodio sarebbe l’amico stronzo che con una mano ci mette un paio di tasselli al giusto posto, mentre con l’altra ce ne lancia tanti altri alla rinfusa sul tavolo. Il disegno complessivo c’è, si vede, è palpabile, ma ancora non si è palesato ai nostri occhi. Di sicuro non bastano i nudi eccessivi a far cadere l’episodio dal piedistallo dei cinque porcamiseria: quello che è certo è che il giro di boa rappresentato da Contrapasso ha dato una netta accelerata agli eventi, continuando a tessere quella tela che ci sta avvolgendo sempre di più e dalla quale, come mosche in trappola, non riusciamo a staccarci.

5

 

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