Vinyl1×09 Rock and Roll Queen

Ormai siamo agli sgoccioli, ma con una seconda stagione già confermata, Vinyl sperimenta con la comedy, e fa bene. Richie esce di galera, ma potrebbe ritornarci in fretta, mentre la sua azienda viene occupata dai mafiosi. Anche se ha smesso di pippare come un formichiere non sembra avere riacquistato il buon senso, ma alcuni di quelli che lavorano con lui sì.

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Alla penultima puntata, ho finalmente capito che cosa c’è che non va in Vinyl. Portatemi i produttori, devo assolutamente illuminarli e dopo, se mi daranno retta, il successo sarà una strada in discesa. Quello che nessuno ha ancora capito di questa serie è che si tratta di una bellissima serie comica. I registri della commedia sono sempre i momenti più alti dello show. E allora perché, dico io, se gli attori hanno dei tempi comici perfetti, se gli autori volevano palesemente scrivere una serie comica, se i dialoghi sono esilaranti, per quale stramaledetto motivo ci si ostina a infilare queste brutte caricature di rockstar tormentate e mafiosi d’accatto fra le scene divertenti?

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Un esempio lampante: la scena di questa puntata in cui Richie, ispirato da un saggio consiglio di Julie, decide di andare a riprendersi Tredici-di-House, si trattasse anche di riportarla a casa per i capelli. Perché quando uno è una botte di testosterone e si chiama Finestra non può permettere che la madre dei suoi figli se ne vada in giro come una poco di buono qualsiasi. Richie si presenta alla porta, bussa con maschia determinazione, gli apre un tizio muscoloso a torso nudo, Richie non lo guarda neanche in faccia e chiama urlando, in direzione dell’interno dell’appartamento, intimando a Devon di presentarsi immediatamente. Il tipo, impassibile, gli comunica che ha bussato alla porta sbagliata e gli indica quella giusta. Lui si scusa, con la sua migliore faccia alla Warren Beatty, e se ne va.

Alla seconda porta non bussa, perché gli sketch con quello che bussa alla porta erano finiti, ma la trova aperta ed entra. Si sente una voce maschile che grugnisce in modo inequivocabile. Arrivato in camera da letto, Richie si trova davanti a Billie McVicar (il fotografo della puntata precedente, quello fine col mullet) che, armato di una racchetta da badminton, cerca di ammazzare un pipistrello. McVicar non gli pone domande ovvie tipo “tu chi sei e come sei entrato”, semplicemente lo arruola nella crociata contro il pipistrello. Richie si impadronisce della racchetta e comincia a fendere colpi all’indirizzo della povera bestia, mancandola e colpendo l’altra povera bestia in faccia. Quando finalmente riesce ad abbattere il mammifero con le ali, si trova di fronte l’altro mammifero presente nella stanza, si rende conto di avergli causato una brutta ferita su un sopracciglio e si appresta a scusarsi e, in quel momento, entrambi realizzano che la loro interazione non dovrebbe svolgersi nel modo in cui si sta svolgendo. E lì, semplicemente, McVicar se ne va, senza dire una parola. Questa scena è un capolavoro comico. Tutte le scene della serie dovrebbero essere così. E non lo sono.

Cominciamo dall’inizio. Richie ci resta poco in cella, anche se la galera è tutt’altro che un’ipotesi remota. Come nella migliore tradizione cinematografica americana, ai poliziotti zelanti che hanno arrestato l’assassino ne subentrano altri due (i poliziotti sono sempre in numero pari, se no porta male) che propongono all’indagato un’alternativa. Nel caso del nostro protagonista l’alternativa è semplice: farsi almeno trent’anni per omicidio oppure informare la polizia sulle attività di Corrado Galasso, che da quando ha prestato all’American Century Records il capitale per restare a galla, ne condivide gli uffici. La scelta quindi è fra morire molto male per mano di un manipolo di mafiosi che strangolano la gente con le corde di pianoforte o diventare il giocattolo di un’orda di galeotti arrapati per tre decadi. Ha tutta la puntata per pensarci (SPOILER: deciderà di accettare, perché alla fine l’attaccamento alla vita è da codardi).

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Tornato in ufficio, Richie scopre che i nuovi “coinquilini” sono parecchio ingombranti, non solo perché occupano spazio in senso fisico, ma perché Maury Gold (Paul Ben-Victor) prende parte alle riunioni e detta legge sulle prossime uscite dell’etichetta, di fatto imponendo una compilation di grandi successi degli anni ’50 perché è un prodotto che vende. L’ottica di Gold è quella di chi vuole recuperare un investimento fatto, l’ottica di tutti gli altri era quella di un totale rinnovamento. Non è difficile scorgere un conflitto in arrivo.

Sempre in ufficio si svolgono due dei momenti più esaltanti della serie, fino a questo momento. Il primo me l’ha regalato Andy, proprio a me personalmente, portandomi la rivincita femminista che auspicavo dal primo episodio, sotto forma di una tirata feroce contro la generalizzata stupidità delle donne. E prima che mi piovano addosso le accuse di misoginia interiorizzata che sento ronzare intorno a me, vi invito a fermarvi un attimo a considerare il fatto che l’universo di riferimento di Andy Zito sono le donne di questa serie. E provate a dirmi che a metterle insieme tutte, una sull’altra, si fanno duecento grammi di cervello. Fra Tredici che millanta di avere fotografato Jimi Hendrix con addosso la sua biancheria, Ingrid che prende in prestito i figli dell’amica per giocare con le bambole, CeCe che è rimasta incinta di Hannibal (ve lo ricordate Hannibal? Il cantante funky che voleva fare il trenino dell’amore con Tredici?) e l’esercito di cosce chilometriche con battute da tre secondi, una donna intelligente in questo contesto deve sentirsi più sola di un norcino ad un raduno vegano.

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La seconda scena veramente epocale è quella in cui Zak realizza, mettendo ordine fra i ricordi fumosi della sua nottata a Las Vegas, che a perdere tutti i soldi dell’etichetta è stato Richie. Una volta raggiunta questa consapevolezza, senza dire una parola, lo segue in ascensore e lo pesta come un tino d’uva sulle note di The Windmills of Your Mind di Dusty Springfild (il secondo abbinamento musicale più bello e alienante di tutta la serie, insieme a Take Me Home Country Roads nella puntata precedente).

La reazione di Richie, va detto, è sensata. Finestra si prende la sua meritatissima scarica di legnate e poi va dritto dalla moglie a confessare l’omicidio, con un effetto decisamente liberatorio. Lei lo guarda con una faccia che si può definire solo degna di James Jagger e lui gira i tacchi con la coscienza più leggera.

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Visto che stiamo parlando di Jaggerino, passiamo al titolo della puntata: chi è la “Rock and Roll Queen”? La risposta è: quella banalissima cretina di Jamie. Perché questa donna è stupida, comunque la si metta. Lungimirante quanto un pechinese e con più o meno le stesse corde vocali. Sbattuta fuori di casa, riccioli d’oro si autoinvita a casa di Kip Stevens, con l’intenzione di restare. D’altra parte, quando si conosce una figura così emotivamente e psicologicamente stabile, come non approfittarne in un momento di necessità? In una scena che ha dell’imbarazzante, a James Jagger è stato chiesto di recitare davvero per circa quattro secondi, ovvero di non urlare, berciare, grugnire o mugugnare stupidaggini pseudo-ribelli, ma di consolare Jamie in lacrime nella sua cucina. Signore e signori: vi presento un uomo che non è in grado di dire “andrà tutto bene” in modo credibile.

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Ma perché la biondina spacciatrice dovrebbe essere la regina del rock’n’roll? Semplice, perché, da groupie quale è, dopo il cantante ha adocchiato anche il chitarrista della band e, siccome siamo tutti molto g-g-g-giovani e trasgressivi e drogati ci scappa un arditissimo triangolo, perché i punkrockers dell’amore libero non stanno lì a perdere tempo con cose borghesi come la gelosia e sono perfettamente in grado di accoppiarsi con la stessa ragazza contemporaneamente. È il XX secolo, bellezza.

Caso ha voluto che, pochi giorni fa, io abbia recuperato la puntata di House of Cards nella quale Frank Underwood e sua moglie coinvolgono una guardia del corpo in un estemporaneo triangolo. Un interno arredato in modo conservatore e tre persone di mezza età vestite di tutto punto riescono a dare vita a una scena infinitamente più erotica, accattivante e carica di torbidi sottintesi di quanto non riescano a fare tre persone giovani, che mostrano una gran quantità di pelle e si rotolano su un letto con aria lasciva in un appartamento bohémien da manuale. Ok, lo ammetto, è un paragone ingiusto: una delle due scene ha attori clamorosi, una regia impeccabile e una scrittura degna di Hollywood, mentre Vinyl ha James Jagger.

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