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Le cose si mettono male su tutti i fronti per Richie Finestra. Devon si adatta alla sua nuova vita da artista. Lester Grimes offre ai Nasty Bits una lezione di storia del rock'n'roll.

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Riassunto delle puntate precedenti: c’era una volta una produzione ad alto budget che, non contenta di avere approvato uno script con seri problemi di ritmo narrativo, decise di buttarci dentro un imitatore imbarazzante ogni due o tre episodi. Sarebbe molto facile dire che il problema di questa puntata di Vinyl è il tizio che scimmiotta Bob Marley o l’imitatore di John Lennon e l’imitatrice di quella che tutti pensano essere Yoko Ono e invece è May Pang. A voler essere onesti, nessuno di questi doppioni riesce ad arrivare all’orrore ineffabile di Bowie in drag. No, il problema non sono i brutti imitatori, il problema è che la serie non riesce a tenere il passo con se stessa e le diverse linee narrative sono cucite insieme con la grazia e l’armonia delle parti del corpo nella creatura di Frankenstein.

Il secondo problema è che si continuano a fare riferimenti a Bowie a proposito di Gary (Douglas Smith). Ve lo ricordate il ragazzino bianco con il faccino da chihuahua che faceva finta di cantare la (brutta) cover di Trey Songz di Life on Mars? Lui. A quanto pare la carriera musicale di Jagger Junior non è la sola che questa serie intende lanciare.

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Ma cominciamo dalla fine: ho perso la scommessa fatta in occasione del quinto episodio con alcuni scettici spettatori della serie. A registrare le conversazioni nell’ufficio di Richie non è stato il padre, ma direttamente la polizia, che gli ha piazzato delle cimici nella stanza. La strategia dei due tutori dell’ordine più schizofrenici della storia, alla fine, ha pagato: Joe Corso ha avuto la bella idea di andare a fare una chiacchierata con il suo amico Finestra a proposito dell’omicidio di Buck Rogers e ha detto abbastanza da fare arrestare Richie. C’è da scommettere che, nella prossima puntata, il nostro eroe avrà modo di gioire per il fatto che una banca rispettabile gli abbia negato il prestito di cui aveva bisogno per tenere a galla l’etichetta. Questo lo ha costretto a rivolgersi alla mafia per ottenere il denaro, e quasi sicuramente i suoi amici dai cognomi italiani lo tireranno fuori, se non altro per far fruttare l’investimento. A volte fa comodo conoscere gente come Corrado Galasso (Armen Garo).

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In questa puntata fa la sua ricomparsa Tredici-di-House, che si è lanciata alla ricerca del suo perduto spirito artistico andando a vivere con Ingrid e soprattutto con la prole al Chelsea Hotel. I deliziosi frugoletti, che sono simpatici come tutti i figli di miliardari, rallegrano la permanenza degli altri ospiti gettando i loro animali domestici dalla tromba delle scale “per vedere se è vero che i gatti hanno nove vite”. Quanto a intelligenza, evidentemente, hanno preso dalla mamma. La stabilità mentale, invece, è proprio quella del papà. Fedele al suo ruolo di accessorio di moda con le gambe, Devon tira su un mese di affitto strappando una foto a John Lennon grazie a una serie di simpatiche moine e accoppiandosi con Billy McVicar (Richard Short), un fotografo che arriva ad avere quasi la classe di Richie Finestra. Si capisce che le piacciono gli uomini raffinati.

Il momento più alto della serie è raggiunto – non per la prima volta – da Lester Grimes. Mentre i Nasty Bits, in studio, faticano a tirare fuori un pezzo decente e si torturano neanche stessero cercando di dare alla luce l’Eroica, Grimes agguanta una chitarra e ci regala una lezione di storia del rock. Usando solo la combinazione Mi-La-Si (E.A.B. nel titolo), suona uno splendido medley di classici del rock e del blues, da Chuck Berry ai Creedence Clearwater Revival, mentre Kip Stevens lo fissa con una delle sue espressioni più intelligenti. Stiamo parlando di un uomo che, letteralmente, non chiude mai la bocca. Nemmeno quando sta zitto.

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La linea comica, in questo episodio, è fornita dal direttore del marketing Hal Underwood (Jay Klaitz), il quale viene licenziato da Andy Zito (Annie Parisse) dopo aver prodotto risultati deludenti nella progettazione del logo della neonata Alibi Records .

A dick, two dicks, the map of Italy, and the actual logo for Volkswagen.

Hal la prende bene e, quando capisce che non sarà riassunto, reagisce con calma, dignità e classe mettendosi a piangere ed estraendo un pentacolo con il quale lancia una maledizione satanica sull’intero staff dell’etichetta. Viene il dubbio che Richie Finestra sia quello sano di mente, in ufficio. Il vero colpo di genio sta nel fatto che questa scena demenziale sia resa ancora più surreale dalla scelta della colonna sonora: Take Me Home Country Roads di John Denver, che non c’entra assolutamente niente e per questo è perfetta.

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Piccola nota a margine sulla colonna sonora: l’episodio si apre con Here Comes The Sun dei Beatles. L’originale, non una cover. E a questo punto la domanda è: caro music supervisor, se Vinyl aveva il budget per usare un pezzo originale dei Beatles, perché hai usato quell’ignobile porcheria quando si è trattato di Bowie? Ti odio, sappilo.

2.5

 

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