Vikings4×16 Crossing

A Kattegat, Lagertha cerca a modo suo di affrontare il dolore per la morte di Ragnar e il timore della vendetta dei suoi figli, ma non sarà certo facile accollarsi il peso di tutto ciò. Bjorn, Rollo e tutto il seguito sbarcano su una nuova terra, abitata da persone di una religione a loro sconosciuta. Floki ed Helga cercheranno di ritrovare se stessi e il proprio posto nel mondo.

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Lo shock provocato dalla morte di Ragnar aleggia denso e stagnante per tutti i quaranta minuti dell’ episodio. L’uomo è morto, ma la leggenda è pronta a prendere il suo posto anche e soprattutto attraverso la progenie del grande re. Questo però non impedisce alla narrazione di proseguire verso altri lidi, dirigendosi verso nuove terre di conquista che richiamano a sè lo spirito vichingo come una calamita al ferro.

A Kattegat la situazione è quanto mai instabile, come se il destino stesse trattenendo il respiro prima di fare il grande balzo negli eventi successivi che, inesorabili, si sarebbero verificati in conseguenza ai fatti accaduti solo poco tempo prima. Lagertha, in quanto nuova sovrana di Kattegat e in virtù dello spirito guerriero che sempre l’ha contraddistinta, dà prova della propria audacia vestendo l’abito di regina nobile e fiera, distinguendosi per la risolutezza e per le sue iniziative avanguardiste.

Avendo assunto il comando della città che è ormai investita del ruolo di più grande snodo commerciale di tutta la Norvegia, Lagertha pronuncia d’innanzi al suo popolo un intrepido discorso forte ed ispirante per fare in modo che tutti si adoperino nella costruzione di palizzate e fortificazioni volte a difendere Kattegat da futuri attacchi militari.

Lagertha però è maestra nel nascondere i suoi veri sentimenti: anche i guerrieri più forti si smarriscono nei loro pensieri e nelle loro paure, quelle che ti divorano dentro e che riesci ad accantonare solo per un breve periodo. Nel suo privato la regina piange, piange tutte quelle lacrime che non le era permesso versare davanti ai suoi sudditi, quando il peso della corona gravava come un giogo sulla sua testa. Piange per la morte di Ragnar, l’unico vero grande amore della sua vita, l’amore che non ha mai dimenticato e al quale non ha mai smesso segretamente di dare tutto il suo cuore.

Lì, nel talamo in cui un tempo giaceva con l’amato compagno, si perde nel suo ricordo, così fresco e vivido nella sua mente da manifestarsi a lei concretamente davanti ai suoi occhi vigili e svegli.

L’angoscia di Lagertha è dovuta tuttavia anche alla paura della vendetta. Vendetta che teme sia perpetrata dai figli di Ragnar, furiosi con lei per aver ucciso la madre Aslaug.

Colui che più di tutti incute timore è lo storpio di cui nessuno sembra curarsi, Ivarr, che sfoga in più di un’occasione tutta la su furia e il suo dolore, urlando, strepitando e piangendo in solitaria, facendo trasparire una pena così viscerale e palpabile che un plauso all’attore è senza dubbio d’obbligo. In queste scene così squisitamente forti e d’impatto, esprime in maniera limpida e cristallina quella “rabbia” di cui tanto parlava Ragnar, quella furia cieca che lo rende più grande e unico rispetto ai fratelli, e che lo eleverà in alto fino a dove nessun’altro dei suoi consanguinei potrà mai ambire ad arrivare.

Questa paura sembra che purtroppo si tramuterà in realtà , perchè il saggio indovino non sembra dare scampo alla nostra regina.

Facendo un balzo molto molto lontano da Kattegat, ritroviamo finalmente, dopo due episodi, Bjorn, Rollo e tutto il loro seguito, partiti dalle coste della Francia verso la conquista del Mediterraneo.

Algeciris, Spagna, questa la nuova cornice in cui l’orda vichinga ci viene presentata. Bjorn e il suo seguito necessitano di acqua e provviste per proseguire il loro viaggio, quindi perchè non prendere due piccioni con una fava e fare una veloce e rapida razzia anche sulle coste spagnole? Con la complicità di Harald e la sua armata, Bjorn guida il massacro nel mercato locale in cui i vichinghi si ritrovano, uccidendo e depredando tutto quello che incontrano sul loro cammino. Quasi nessuno viene risparmiato, spesso nemmeno le donne.

Il godere di questi momenti di puro delirio è proprio insito nel loro spirito, e questo è più che mai evidente nei fugaci momenti in cui l’inquadratura si sposta sul volto di Rollo: lontano per anni da quello che era il suo habitat naturale, ci dona una serie di espressioni di gioia e spensieratezza, quasi una rinascita vera e propria per lui, ora tornato finalmente nell’ambiente che gli si confà alla perfezione, che gli calza come una seconda pelle.

La vera notizia degna di nota tuttavia, è il ritorno in superficie anche del nostro caro Floki, staticamente inabissato all’ombra di tutti gli altri protagonisti da un po’ di tempo a questa parte.

Floki si ama o si odia: lui stesso è un personaggio sempre votato all’estremo in questo senso, perchè ama (Ragnar) o odia (Athelstan) alla follia in maniera ardente e passionale. Proprio per questo gli abbiamo sempre attribuito una connotazione ben specifica, una caratterizzazione quanto mai chiara e precisa.

Devozione quasi viscerale verso gli dei e una brillante genialità accostata a una sottile (ma mica tanto sottile) vena di follia: non a caso, solo una lettera del nome lo separa dall’omonimia con il leggendario dio norreno tanto brillante quanto pazzoide.

Ma da quando la distanza da Ragnar si è accumulata negli anni è come se il suo fuoco si fosse affievolito, come se lo scopo della sua vita gli sfuggisse di mano. Ed è lui stesso a renderci partecipi di tali turbamenti, proprio nel momento in cui la nave si accinge a sbarcare sulla costa spagnola. Si sente privo di uno scopo, privo persino di una propria identità e bisognoso di qualcosa che riempia quel vuoto che si è creato nella sua vita.

Helga è tutt’una con i suoi pensieri ma, a differenza del compagno, è ben conscia e consapevole di ciò che riuscirà a sanare quel vuoto, e cioè un bambino. Le loro idee divergono profondamente, ma entrambi sembrano aver trovato in questa nuova e sconosciuta terra, quel qualcosa a cui aggrapparsi per ridare un senso alla loro esistenza.

Helga ripone le sue speranze di maternità – ormai svanite dopo la morte della figlia – in una ragazzina rimasta orfana dalla madre, uccisa poco prima dal conte Harald. Floki dal canto suo, rimane folgorato dall’assoluta e incontrastata devozione religiosa dei credenti musulmani.

Per lui che è sempre stato un fervente credente fino alla punta dei capelli, vedere una passione e una concentrazione tali nel culto della preghiera, è come una sferzata di vitalità, un qualcosa di una bellezza così profonda e coinvolgente che sembra quasi riaccendere nei suoi occhi ormai spenti quella passione che l’ha sempre caratterizzato.

Passano gli episodi ma Vikings non perde colpi. La serie ha l’eccellente capacità di stupire e rinnovarsi allo stesso tempo, riproponendo il medesimo spirito della prima stagione ma facendolo mano a mano evolvere in qualcosa di nuovo e fresco. Le interpretazioni sono come sempre magistrali e coinvolgenti, in particolar modo quella del giovane Alex Hogh, una vera promessa per il futuro. Il misterioso fascino del misticismo non ci abbandona nemmeno in questo caso, donandoci la bellissima scena del “presagio condiviso” dei figli di Ragnar i quali, tramite una manifestazione che a tratti sembrava quanto mai reale in carne ed ossa, percepiscono il doloroso trapasso del padre, divenendo così preda dell’angoscia e dello sconforto. Quattro porca miseria per questo sedicesimo episodio.

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