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Cosa ha reso Twin Peaks una pietra miliare delle serie tv, e come mai a distanza di 25 anni non è ancora finita nel dimenticatoio?

É di questi giorni la notizia dell’imminente ritorno di Twin Peaks, la serie storica prodotta da David Lynch che, nel lontano 1991, fece letteralmente impazzire milioni di telespettatori in tutto il mondo. Grandi e piccini (di nascosto dai genitori) rimanevano settimana dopo settimana incollati al televisore, nella speranza di trovare finalmente risposta al dubbio che li assaliva: “Chi ha ucciso Laura Palmer?”.
Tutto questo, perlomeno, avvenne fino alla brusca cancellazione della serie alla fine seconda stagione, a seguito della prematura rivelazione dell’assassino su pressione della ABC (li maledirò per sempre per questo), che portò all’improvviso cambiamento del punto focale della trama e ad un inevitabile calo di ascolti.

La serie è (manco a dirlo) ambientata nella tranquilla cittadina di Twin Peaks, che sembra avere tutti i requisiti della località ideale in cui passare la vecchiaia, e morire di noia: è un posticino tranquillo in cui non succede niente, lo sceriffo è di fatto un disoccupato che archivia scartoffie e il resto degli abitanti sembra avere più o meno tutte le rotelle al loro posto.
Ben presto però, l’omicidio di Laura Palmer (la classica reginetta della scuola acqua e sapone che però, sotto sotto, se la sente un po’ calda) e il conseguente ritrovamento, sulle sponde del fiume che attraversa la cittadina, del suo cadavere “wrapped in plastic” – letteralmente, infagottata a mò di piadina in un sacco di plastica – porterà a galla i segreti di Twin Peaks e dei suoi abitanti.
A partire dalla stessa Laura.

Le indagini per l’omicidio ad opera dell’Agente Speciale Dale Cooper (un fantastico Kyle MacLachlan agli esordi televisivi), protagonista indiscusso della serie insieme al cadavere di Laura Palmer, riveleranno pian piano tutti gli scheletri nell’armadio della bella biondina, che viveva, all’oscuro di tutti, una doppia vita a base di droga, tradimenti, prostituzione, stupri, violenza, e qualunque altra cosa da ragazza cattivella vi possa venire in mente.

 Twin Peaks fu l’emblema di un nuovo modo di fare televisione, caratterizzato da una cura nella trama, nella caratterizzazione dei personaggi e nella regia che prima di allora non era mai nemmeno stata presa in considerazione.
Fin qui, direte voi, nulla di strano. Anzi, le premesse sembrano tutt’altro che originali. Cosa ha reso quindi Twin Peaks una pietra miliare delle serie tv, e soprattutto, come mai a distanza di 25 anni non è ancora finita nel dimenticatoio?

Una delle motivazioni è che la serie di David Lynch rappresentò, all’epoca, l’emblema di un nuovo modo di fare televisione, caratterizzato da una cura nella trama, nella caratterizzazione dei personaggi e nella regia che prima di allora non era mai nemmeno stata presa in considerazione. In breve, quello che veniva trasmesso era un prodotto televisivo con una trama vera, corposa, senza episodi stand-alone o filler, e non l’ennesima replica di MacGuyver o Love Boat.
Inoltre, il surrealismo e la costante sensazione di “quiete prima della tempesta” rende Twin Peaks radicalmente differente non solo rispetto a quanto prodotto dalla televisione fino ad allora, ma anche rispetto a qualunque altra serie avrete mai modo di vedere.

Sebbene la trama vada ad attingere a piene mani dal più banale dei generi investigativo e -udite udite- soap-opera (davvero, non esiste un singolo personaggio che non sia coinvolto in qualche liaison/complotto/controcomplotto/reato da sedia elettrica), a fare davvero la differenza è la combinazione unica di humour grottesco e situazioni al limite del thriller e dell’horror, che contribuiscono a creare nello spettatore un senso di estraniamento che non ha davvero eguali.

Nel giro di un nanosecondo si può infatti passare tranquillamente da una come Nadine Hurley, con la sua benda da pirata a coprire l’occhio sinistro e i suoi goffi tentativi di fare soldi brevettando un meccanismo ultra-silenzioso per spostare le tende, alla manifestazione improvvisa e apparentemente inspiegabile di uno dei personaggi più inquietanti mai visti in una serie tv americana: Killer BOB, un simpatico demone possessore che si manifesta nei luoghi e nelle situazioni più improbabili. Ecco una diapositiva del fidato BOB:

bob

Ammetto che la prima volta in cui la madre di Laura, in una visione, se l’è ritrovato zitto zitto accucciato e immobile ai piedi del letto mi si è davvero accapponata la pelle. E pensare che l’interprete Frank De Silva, che lavorava sul set come scenografo, è stato inserito nel cast solo perchè, per sbaglio, il suo riflesso in uno specchio è finito in una delle scene girate. Quando lo hanno fatto notare a David Lynch lui, invece di rigirare la scena da capo come avrebbe fatto qualunque persona normale, ha esclamato qualcosa del tipo:

“PERFETTO, assolutamente PERFETTO. Lasciamola così, tanto poi un modo per inserire questo poveraccio nella trama lo troviamo”.

E BOOM, ha introdotto così, dal nulla, l’elemento sovrannaturale che diventerà poi uno dei punti di forza della serie. Un casting fortuito, ma azzeccatissimo.

Le apparizioni di BOB, seppur presenti solo per una manciata di minuti in tutto il telefilm, si insidiarono, all’epoca, negli incubi di chiunque; e direi anche a ragione (ATTENZIONE: LA SCENA E’ INQUIETANTE E UN PO’ SPOILER, ma solo un po’. Cioè, io vi avverto, ma potete comunque guardarvela anche una seconda, terza, o quarta volta al buio in camera vostra a schermo intero, e un pochino ve la farete sotto comunque):

Man mano che ci si avvicinerà alla risoluzione del mistero fondamentale della serie, la componente sovrannaturale si farà sempre più preponderante: allo stesso Agente Cooper appariranno in sogno gli abitanti della “Loggia Nera”, un luogo misterioso non soggetto alle comuni convenzioni dello spazio-tempo e abitato da spiriti immortali (tra cui BOB e un altro paio di tipetti simpatici dalle stature più improbabili) il cui scopo ultimo è recuperare energia dal dolore e dalla paura dei comuni mortali.
Inizialmente queste presenze (non saprei nemmeno trovare un sostantivo più specifico per definirle) sembreranno essere d’aiuto all’agente Cooper attraverso indizi, un pocriptici, legati alla risoluzione del caso Palmer. Vi assicuro però che verso il finale della serie, la spirale di paura e delirio in cui verrete trascinati vi terrà davvero con il fiato sospeso. Il binge watching è praticamente assicurato.

L’interruzione della serie alla seconda stagione fu, purtroppo, davvero prematura, e non permise a Lynch di esprimere appieno le potenzialità di una serie che combinava personaggi praticamente perfetti, una trama estremamente solida e un finale di stagione (anzi, di serie….sigh) davvero da brivido, anche se non completamente conclusivo.

Del resto, la rivelazione precoce (e davvero, ma davvero, agghiacciante) dell’identità dell’omicida di Laura Palmer, voluta da ABC ma non da Lynch che desiderava tenere questo mistero irrisolto fino alla fine della serie e forse anche oltre, convinse milioni di telespettatori ad interrompere la visione a metà della seconda stagione, convinti del fatto che Twin Peaks non avesse più nulla da offrire.

Niente di più sbagliato. La seconda metà di stagione soffre, effettivamente, di un certo calo nella tensione narrativa, ma è evidente come il ritmo della serie (fino a quel momento serratissimo) si sia allentato proprio a causa della perdita di interesse da parte degli autori, e della fretta di dare una conclusione ad una serie che aveva ancora tanti misteri da svelare e tante questioni da risolvere.

Per fortuna la terza stagione, in onda nel 2016 su Showtime 25 anni esatti dalla fine della seconda stagione, con 9 episodi inediti diretti interamente da Lynch e ambientati ai giorni nostri, potrà porre rimedio a questa sfortunata situazione. E’ di questi giorni la notizia che Sheryl Lee (Laura Palmer/Maddy Ferguson), Sherilyn Fenn (Audrey Horne) e Kyle McLachlan (Dale Cooper) torneranno nei loro ruoli originali, a distanza di un quarto di secolo.

Per quanto mi riguarda, il livello di PORCAMISERIA è alle stelle. Del resto, la stessa Laura Palmer lo aveva promesso a Dale Cooper in sogno: “I’ll see you again in 25 years”.

laura

Certo che questa è una che le promesse, anche da morta, le mantiene sul serio, eh.

voto-5