Twin Peaks3×15 The Return, Part 15 – 3×16 The Return, Part 16

In Twin Peaks siamo pronti a oltrepassare il punto di non ritorno, con due protagonisti che cercano di ritornare nella realtà. David Lynch ci racconta tutto lo spettro dei sentimenti umani, mietendo vittime nei modi più disparati, ma raccontando anche l'amore nelle sue diverse forme.

0.0

Negli ultimi due episodi di Twin Peaks siamo prima sulla soglia del punto di non ritorno, come Audrey alla soglia di casa e Cooper alla soglia della propria coscienza, e successivamente la superiamo con un balzo, pronti a viaggiare fino alla fine dell’opera di David Lynch, non senza incredibili rivelazioni e importanti danni collaterali.

The Return, Part 15

Twin Peaks, oltre ad essere una storia ricca di dettagli di altri mondi, di stranezze sovrannaturali e non, di comicità involontaria poiché umana, percorre tutto lo spettro del sentimento umano attraverso i suoi personaggi, col suo particolarissimo ritmo. È un’opera unica soprattutto in un panorama televisivo in cui la pressione dello svolgersi degli eventi ne determina e ne forza il ritmo, laddove questa serie si prende invece i suoi lunghi tempi, per svolgere la matassa della sua narrazione.

Emblematiche sono le storyline di Cooper e di Audrey, costantemente sulla soglia ma mai pronti ad oltrepassarla. Se tuttavia il risveglio dell’agente dell’FBI si svolge secondo schemi piuttosto canonici, un trigger dopo l’altro fino alla scossa finale, la lotta interna di Audrey è senza capo né coda e ha più le sembianze di una battaglia inconscia; quando in Twin Peaks le cose sembrano strane, probabilmente lo sono, e tutte le scene viste finora potrebbero essere semplicemente una proiezione del suo subconscio verso il risveglio dentro al Roadhouse.

Dark Cooper continua il suo viaggio, arrivando al convenience store per incontrare Phillip Jeffries – o quello che ne rimane, a causa della morte di David Bowie nel 2016 – in una sequenza straniante, che ci porta più domande che risposte. È un’altra soglia che viene oltrepassata, un passo decisivo fino alle coordinate del luogo della reunion finale.

Agli estremi, meno legati agli eventi centrali dell’episodio, abbiamo i tocchi più malinconici di “The Return: Part 15”, suggellati da Ed e Norma finalmente tornati assieme – a cui fa da contraltare il suicidio di Steven, con entrambe le sequenze che chiudono verso il cielo terso di Twin Peaks – e Chantal e Hutch, che si godono la loro vita dopo aver messo fuori gioco Duncan Todd.

Margaret: You know about death, that it’s just a change, not an end.

In chiusura, l’addio a Margaret Lanterman rende questo episodio di Twin Peaks l’ennesimo gioiello di stagione, ci fa venire gli occhi lucidi grazie ad un dialogo misurato, con pause intense tanto quanto le ultime parole della Log Lady, la cui casa nel bosco si spegne quella stessa notte. Nei titoli di coda si dedica “The Return, Part 15” proprio a lei, al personaggio, tanto quanto la premiere era dedicata a Catherine E. Coulson. È un doppio omaggio dato sia all’interprete che all’interpretazione, talmente vivida e fondamentale da meritare un’esistenza propria e altrettanto meritevole di commemorazione.

4.5

The Return, Part 16

Prima di arrivare al cuore centrale dell’episodio, il grande ritorno di Dale Cooper, Twin Peaks si prende il suo tempo per fare qualche vittima illustre, non senza la dovuta intensità emozionale. Il grosso del lavoro lo fa Diane, o per meglio dire il suo tulpa: il messaggio di Dark Cooper, mandato a valle della più sbrigativa morte di Richard Horne“Richard and Linda, two birds with a stone” – fa scattare qualcosa nei residui di memoria umana rimasti all’ex agente; quell’emoticon le ricorda il momento della disfatta della sua esistenza, il sorriso di colui che l’ha portata nel convenience store per fabbricare una sua copia.

Laura Dern ci ipnotizza davanti allo schermo con la resa impeccabile del breakdown di Diane, dimostrazione che esistono diversi tipi di tulpa, alcuni senza memoria della loro reale esistenza – come Dougie – altri che, avendo riconosciuto il pericolo, conservano frammenti di memoria passata anche dopo la loro creazione. Gordon, Albert e Tammy anticipano le mosse di Diane, rimandandola nella Red Room, e fa particolarmente sorridere la reazione della nuova leva della squadra alla vista della sparizione del tulpa.

Altra fine ingloriosa è riservata a Chantal e Hutch, crivellati a colpi di uzi nientemeno che da un pazzo a cui semplicemente non è stato fatto spazio per parcheggiare. Quella di Lynch è l’ennesima critica alla detenzione di armi da fuoco, un messaggio veicolato nella casualità dell’incontro con un folle dotato di mitragliatrice. I fratelli Mitchum danno alla sequenza quel giusto quantitativo di comedic relief da rendere la scena cruenta e contemporaneamente tragicomica, con la posa di Hutch, ridotto a un colabrodo ma ancora aggrappato al minivan, a suggellare la fine degli ultimi sicari di Dark Cooper.

Dale Cooper: I am the FBI.

L’atteso risveglio di Dale Cooper avviene dopo uno strano suono, lo stesso suono che Benjamin Horne e Beverly sentono nel Great Northern. Da quel momento in avanti è lui a prendere le redini della storia con rapidità e affabilità, ma con dialoghi ricchi di sentimento verso la famiglia che per quindici episodi lo ha adottato. Diamo addio a Dougie e a tutti i suoi conoscenti e colleghi, ma riconosciamo anche quanto Cooper sia sempre stato con loro nonostante l’elettroencefalogramma piatto, risvegliato solo sporadicamente grazie ai brevi input dal suo passato.

Cooper arriva a prendere coscienza di sé comunque prima di tutti gli sforzi esterni volti al suo ritrovamento, complice un ritratto dell’FBI che è sia di grande lucidità – tramite la squadra di Gordon – sia di incredibile stupidità – tramite gli incapaci agenti di Las Vegas; è una trasposizione impietosa ma realistica che fa a pugni con l’immaginario collettivo fatto di agenti senza macchia e senza paura, con un QI superiore alla media, laddove la realtà è invece difettosa per sua natura. In tutto questo, il theme di Twin Peaks ritorna prepotente proprio nel momento del risveglio di Cooper, quasi come se l’iconica creazione di Badalamenti fosse sì un cappello per tutti gli eventi della serie, ma anche e soprattutto la colonna sonora del protagonista.

La chiusura con Audrey e il Roadhouse danno lo slancio finale a un episodio di Twin Peaks già di per sé eccellente, con la sua danza a ipnotizzarci ora come venticinque anni fa. La regia e il montaggio contribuiscono a rendere unica e incomparabile l’esperienza, fino all’arrivo della rottura e allo squarcio del velo nel subconscio di Audrey: il sospetto che qualcosa non fosse a posto ce lo avevano dato anche le sequenze precedenti con Charlie, in aggiunta alle crisi di identità di Diane, molto simili alle sue.

Non sappiamo dove sia rinchiusa, né quanto del Roadhouse sia vero e quanto frutto dell’inconscio di Audrey. Sentiamo solo direttamente Charlie, con ogni probabilità nel ruolo del suo subconscio che prova a guidarla, e tutte le interazioni esterne con personaggi mai visti potrebbero essere elaborazioni della sua mente di persone andate a visitarla durante il coma, dovunque sia ricoverata.

I titoli di coda ci mostrano il Roadhouse suonare al contrario, mentre una tenda rossa appare dietro la band, lasciandoci a bocca aperta e scatenando mille domande sul ruolo di questo posto nella storia, sul destino di Audrey e su come i pezzi andranno tutti al loro posto nel doppio finale di lunedì prossimo. Il sogno di David Lynch è quasi compiuto, ma ne vorremmo ancora.

5

 

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