Twin Peaks3×09 The Return, Part 9 – 3×10 The Return, Part 10

Twin Peaks ci fa prendere un po' di respiro dopo il surreale ottavo episodio. Alcuni dettagli sul cuore mitologico della serie vengono rivelati, ma viene anche dedicato parecchio, forse troppo spazio a diverse storyline secondarie.

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Gli ultimi due episodi di Twin Peaks parlano su due piani quasi completamente separati. Nel nono episodio, a compensazione dell’intenso viaggio onirico oltre la nostra dimensione, numerosi dettagli ci vengono rivelati in maniera piuttosto didascalica e procedurale; nel decimo, la virata di Lynch è prepotente verso l’utilizzo di sottotesti e suggestioni, in uno stile più marcatamente attribuibile al creatore.

The Return, Part 9

“The Return, Part 9” ha una narrazione per certi versi simile alla settima parte di stagione: la suggestione e il non detto lasciano gradualmente spazio a uno stile procedurale con un minimo alone di mistero. La scoperta del messaggio di Garland Briggs è il suo elemento centrale, fatto apposta per essere ritrovato dal figlio più di venticinque anni dopo, e da lui aperto e interpretato nel modo corretto – poiché nessun altro poteva avere la giusta chiave di lettura.

Metaforicamente, noi siamo Hawk e Truman: incapaci di venire a capo dell’indizio poiché relativamente radicati al metodo convenzionale, ci manca l’intuito che scaturisce dalle sensazioni, nonostante Twin Peaks segua tradizionalmente quel sentiero, e non riusciamo sempre a cogliere la giusta prospettiva degli eventi.

Quando tuttavia la sceneggiatura fa quasi tutto il lavoro, snocciolando connessioni e deduzioni logiche davanti a noi, è come se parte del divertimento ci venisse tolto. Questa nona parte ha questo enorme difetto, non presente in The Return, Part 7 a dispetto delle similarità: siccome c’è tanto da dire, tanto ci viene detto senza troppo cerimoniale, senza lasciarci il gusto della scoperta e procedendo dritti senza concederci riflessioni. Non ci siamo abituati, di solito ci arrovelliamo su teorie e supposizioni sulla puntata appena trascorsa, mentre questa volta rimaniamo senza quel brivido legato alla nostra visione del mistero di Twin Peaks. E non ci piace.

I veri momenti brillanti dell’episodio sono sostanzialmente due, in cui percepiamo le vibrazioni lynchiane sulla giusta lunghezza d’onda: il racconto della signora Betty Briggs, delineato con una dovizia di particolari da far venire i brividi, e Dale Cooper che per un momento riacquista presenza, grazie a un paio di scarpette rosse che ricordano tanto Audrey Horne.

Per una volta tutto in Twin Peaks procede senza troppe stranezze, ma lo fa in modo così sbrigativo da risultare fuori posto, nonostante le novità inquietanti sul caso Hastings ci facciano accapponare la pelle. A ben vedere, forse, fa più accapponare la pelle la risata polifonica dei tre investigatori a Las Vegas, stranamente sincopata e straniante, in uno di quegli elementi utili a creare l’atmosfera tipica della serie, che tuttavia in questo episodio ha trovato troppa poca visibilità.
3 Porcamiseria su 5.

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The Return, Part 10

Nel decimo episodio, Twin Peaks ci parla di illusorietà, di come perdersi in dettagli ci impedisca di passare dal particolare al generale, di quanto sia tutto una questione di prospettiva, dove l’omissione o l’inserimento di elementi narrativi può cambiare radicalmente il significato di ciò che osserviamo sullo schermo.

Il campanello d’allarme che suona e ci fa esaminare – e riesaminare – tutto “The Return, Part 10” da un diverso punto di vista è Chad, il poliziotto colluso con Richard Horne che cerca di intercettare il messaggio diretto a Truman. Lucy scatta improvvisamente sull’attenti, ma non sapremo mai se è riuscita a scorgere l’agente mentre nasconde la lettera, complice la regia. Da quel momento tutti i double entendre narrativi appaiono evidenti: Janey-E improvvisamente non è più preoccupata della salute di Dougie/Cooper, annebbiata dalla forma fisica del marito tanto quanto il medico che lo visita; similmente, Candie è talmente assorta nella caccia alla mosca da non accorgersi di aver colpito in faccia Rodney Mitchum; gli stessi fratelli Mitchum osservano per un minuto buono Candie parlare con Sinclair, non sapendo cosa realmente gli stia dicendo.

Il gioco di Twin Peaks è ora spostato su un altro piano, quello della suggestione non più surreale e onirica, ma su quello della manipolazione del contenuto, in modo tale che lo spettatore giunga autonomamente ad una conclusione completando il quadro con i suoi personali meccanismi deduttivi. Qualcuno penserà che Lucy ha visto Chad intascare la lettera, come qualcuno penserà che Candie avrà detto qualcosa a Sinclair che potrebbero non essere le condizioni climatiche di Las Vegas. In maniera forse non vitale per il tema portante della serie, una parte di noi avrà ragione, mentre chi resta farà la figura di Janey-E, tratta in inganno dagli addominali del marito.

La realtà oggettiva dei fatti quindi perde di significato, ma i mezzi utilizzati per comunicare questo messaggio risultano in parte inadeguati, spostando il focus per troppo tempo su storyline lontane dal cuore delle vicende di Twin Peaks; il colpo di grazia in tal senso è inferto dal segmento dedicato a Jacoby e Nadine – tra tende silenziose e pale dorate – di cui fatichiamo ancora a trovare una collocazione.  I tasselli della storia comunque si muovono, nonostante il ritmo non convinca del tutto, rivelando anche la genealogia del nuovo membro della famiglia Horne, ora presumibilmente dato alla luce da Audrey durante il suo coma – speculiamo, concepito assieme a Dark Cooper durante la sua visita all’ospedale -, e ricordandoci solo alla fine di non perdere il fil rouge della trama.

Log Lady: Hawk, electricity is humming. You hear it in the mountains and rivers. You see it dance among the seas and stars and glowing around the moon. But in these days, the glow is dying. What will be in the darkness that remains? The Truman brothers are both true men. They are your brothers. And the others, the good ones who have been with you. Now the circle is almost complete. Watch and listen to the dream of time and space. It all comes out now, flowing like a river, that which is and is not. Hawk, Laura is the one.

Lo sfarfallio durante l’arrivo di Gordon Cole all’hotel ci risveglia infatti dal torpore, e i minuti finali ci rimettono sui giusti binari, ricordandoci grazie alla Log Lady il vero fulcro della storia. Ci è stato suggerito per tutti i suoi cinquanta e più minuti, ma “The Return, Part 10” lo rende chiaro solo alla fine: non fatevi distrarre, e ricordatevi che al centro di tutto c’è sempre e inevitabilmente Laura Palmer.
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Alcune Osservazioni

  • “The Return, Part 9” fa un uso assiduo di terzetti, siano essi i tre investigatori di Las Vegas, o Hawk, Briggs e Truman, o ancora Gordon, Albert e una tra Diane e Tamara.
  • Sempre nel nono episodio appare nelle battute finali Sky Ferreira, una delle tante personalità musicali prestate brevemente al piccolo schermo – senza tuttavia lo stesso clamore suscitato da Ed Sheeran in Game of Thrones.

  • In “The Return, Part 10” torna prepotentemente il tema dell’abuso psicologico e sessuale, centrale nell’incipit della serie con Laura e Leland. Si passa da Richard Horne e il modo in cui si congeda dalla nonna, passando per la figlia di Shelley aggredita dal fidanzato, finendo con Candie e il suo rapporto con Mitchum, che sa tanto di relazione abusiva.
  • La chiusura musicale della decima parte di Twin Peaks è riservata a Rebekah del Rio, già ospite nel film Mulholland Drive. Il suo vestito ricorda curiosamente il pavimento della Red Room.

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