This is Us1×16 Memphis

In un viaggio emotivo in auto verso Memphis, William e Randall ci guidano attraverso uno degli episodi più struggenti della stagione: procuratevi dei fazzoletti, la lacrima è assicurata.

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Se state leggendo quest’articolo, è evidente che anche voi fate parte (come me) di quella folta schiera di masochisti che – dopo essersi disperati durante i 42 estenuanti (ma meravigliosi) minuti dell’ultimo capitolo di This Is Us – vogliono ripercorrere, leggendo la recensione, lo straziante cammino che ci ha condotti fino a Memphis. Dunque, per citare William, abbassiamo i finestrini, alziamo il volume della musica (le ballate struggenti di Adele pare siano state inventate apposta per questi momenti) e, cercando di non affogare nelle nostre stesse lacrime, e iniziamo il viaggio attraverso l’ultimo episodio di quella che ormai (si può dire!) è una delle nostre serie preferite.

Non ci sono “grandi rivelazioni”, i personaggi tendono a essere semplicemente loro stessi, nella forma più pura di onestà

La puntata è completamente incentrata su Randall e William e su un viaggio che decidono di compiere fino a Memphis, città natale che l’anziano uomo, ormai allo stremo delle forze, desidera ardentemente mostrare al figlio. Va da sé che la scelta di focalizzare l’attenzione solo su questi due personaggi è didascalica per uno spettatore allenato che fin dal principio comprende che ad attenderlo non ci sarà un lieto fine, bensì l’epilogo inevitabile di una linea narrativa. Ma si sa, quello che conta è il viaggio e non la destinazione, perciò per un attimo mettiamo da parte il ricordo straziante dell’ultimo saluto e concentriamoci su come siamo giunti fino a quel punto.

Di per sé l’espediente narrativo non è particolarmente originale: la metafora del viaggio, di un ciclo di nascita e morte, è alla base di quasi ogni testo narrativo. Quello che è interessante è la pacata compostezza con cui gli sceneggiatori presentano la serie di avvenimenti: non ci sono “grandi rivelazioni”, i personaggi tendono a essere semplicemente loro stessi, nella forma più pura di onestà. Perciò ci viene mostrato Randall che in maniera quasi ossessiva si occupa di rassettare il proprio letto in albergo, o William stralunato e sognatore, come sempre a suonare il pianoforte in compagnia di amici ritrovati.

L’episodio è utile per fornire allo spettatore un quadro a tutto tondo del personaggio dal quale sa che dovrà separarsi a breve. I flashback sono dedicati a lui, alla sua infanzia, alle canzoni e ai ricordi che l’hanno reso l’uomo che è. Per la prima volta scopriamo la vera storia del padre biologico di Randall che diventa un simbolo: William, che forse fra tutti aveva sempre incarnato una certa spensieratezza nei confronti della vita, è l’emblema di un’anima divisa a metà. All’apparenza libero, stralunato, in realtà non è mai riuscito a vivere e ad essere chi voleva veramente, incastrato nel ruolo di figlio devoto e in una paternità svanita per timore di non esserne all’altezza.

In questo alternarsi di presente e passato, la cornice musicale ci accompagna con dolcezza: you’re my sunshine, my only sunshine, sono le parole canticchiate dalla madre al figlio ancora in grembo. La morte prematura del padre segna in maniera decisiva il rapporto dei due che, rimasti soli, si legano a doppio filo. È alla madre che William dedica la prima canzone scritta di suo pugno, il testo che avrebbe dovuto consacrare il suo successo come musicista. È alla madre, gravemente malata, che deciderà di dedicarsi con anima e corpo, mandando in fumo il proprio sogno.

Nel percorso verso Memphis, vediamo come la storia sia un corpo fluido, che tende a riproporsi in qualche modo: ora è lui il genitore malato e Randall il figlio dedito ad accudirlo e rassicurarlo. La presenza di Randall nell’episodio è discreta, talvolta comica, ma accompagna in maniera non invadente il viaggio che, in fondo in fondo, appartiene a William. Anche per lui si tratta di una scoperta, per entrambi è una sorta di rinascita: i ruoli si invertono di continuo, padre e figlio, adulto e bambino, non c’è una distinzione netta. Una rassegna di luoghi, aneddoti ed emozioni, che sono in qualche modo parte della storia di entrambi.

Nel ritrovare le proprie radici, il pensiero fin da subito però è dedicato a Jack: il discorso di William davanti all’albero preferito del capostipite della famiglia Pearson è delicato e coinvolgente.

GRAZIE PER ESSERE STATO UN OTTIMO PADRE PER MIO FIGLIO.

Gli occhi già erano umidi, il climax ascendente di emozioni ci conduce fino all’ultima notte di William e Randall, a quando il figlio diventa ufficialmente padre. Le lacrime ci sono, ma mostrano serenità, appagamento di due persone che hanno saputo ritrovarsi. Con un episodio semplice, This Is Us riesce a tirare fuori emozioni e sentimenti repressi che solo Grey’s Anatomy dei tempi d’oro aveva saputo regalarci, meritandosi di diritto 5 porcamiseria su 5.

 

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Piccole soddisfazioni:

Inconvenienti tecnici:

Anche Milo Ventimiglia capisce il nostro dolore e ci prepara una giustificazione per assentarci da scuola/lavoro. Per la morte di Jack è prevista una settimana di ferie per tutti?

https://twitter.com/FallonTonight/status/834272526989684737

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