Episodio Nove
Abbandoniamo il claustrofobico ambiente del Vaticano per seguire le vicissitudini del cardinale Gutierrez a New York. Intento a scoprire i reconditi e perversi segreti di Kourtwell, Gutierrez si trascina in un vortice di autocommiserazione e distruzione. Nel caos della propria casa, nella confusione intellettiva dovuta a quell’alcol che è per lui l’unico balsamo dello spirito, Gutierrez vaga per le strade di New York cercando prove e possibili testimoni. Invano, rientra la sera e guarda in modo attonito quella parete piena di giornali tipica o dei serial killer o dei giornalisti dediti alla causa e alla ricerca della verità. Con un ritmo narrativo molto lento, il caso Kourtwell raggiunge la sua più giusta conclusione.
La scoperta della verità da parte di Gutierrez è scandita da una serie di dialoghi portanti, il cui valore è amplificato da una componente musicale mirabilmente scelta. Infatti, tutto l’episodio, sia durante lo scenario di New York sia quello di Roma, si colora di un’atmosfera magica e surreale, in cui il plot intrinsecamente narrativo diviene solo un semplice sfondo di questo spettacolo estetico e sentimentale. Ad ogni dialogo – di Gutierrez con Kourtwell, prima al bar e poi in sede ufficiale, e di Gutierrez con il figlio illegittimo del cardinale – seguono intermezzi visionari e musicalmente profondi, che amplificano la portata emotiva delle scene. Senza questi elementi e senza questa particolare costruzione scenica, l’intero episodio si mostrerebbe eccessivamente lento. In questo modo invece, il rinvio e la dilazione dello sviluppo narrativo vengono compensati con la suggestione delle parole e delle immagini, che raggiunge il vertice più alto nelle scene in cui Lenny è protagonista.
Nel nono episodio Lenny si mostra, come mai prima d’ora, in modo vulnerabile e dotato di un’empatia straordinaria, che affascina e commuove. Nel suo “Vi voglio bene” allo staff, nel suo dolce commiato a quel padre spirituale che è Spencer, nella sua massima “Il mondo è sempre pronto per l’amore”, la sua nobiltà d’animo e la sua intelligenza emotiva trovano la migliore rappresentazione. Facendo cadere la maschera rigida del conservatorismo, le sue lacrime e le sue parole toccano il cuore di tutti noi. Nel giro di pochi minuti passa da essere un Papa sui generis, rinchiuso in una torre d’avorio castrante, ad un abile conoscitore della dialettica dell’amore. Le minacce di Kourtwell si minimizzano di fronte allo spettacolo della Grande Bellezza del suo Io che, in modo fine e leggiadro, senza finzione e senza retorica, parla a tutti noi, facendo emergere sogni alternati alle emozioni più profonde. Come un faro che illumina la notte, Lenny mostra di avere la capacità di definire quel coacervo di sensazioni che alcuni di noi non sanno nemmeno di provare. Dà loro un nome, le identifica e ci permette così di conoscere noi stessi. In un gioco di specchi riflessi, cogliamo il sublime nel nostro inconscio e restiamo lì, ammaliati dalla sue parole, a farci guidare in questo bellissimo viaggio.
Cos’è più bello,amore mio, l’amore perso o l’amore trovato? Non ridere di me amore, sono goffo e ingenuo quando si parla d’amore. Faccio domande, che sembrano uscite da una canzonetta. Questo dubbio mi travolge e mi corrode, amore mio. Trovare o perdere?…Tu mi dicesti su quella spiaggia deserta della California puoi accarezzarmi le gambe, ma io non lo feci. Eccolo, amore mio, l’amore mancato. Per questa ragione, da quel momento non ho mai smesso di chiedermi dove sei stata. E dove sei adesso? E tu, bagliore della mia gioventù fallita,tu hai perso o hai trovato?…Alla fine amore mio non abbiamo scelta, dobbiamo trovare.
Oh,essere giovani e sentire il morso pungente dell’amore…
Episodio Dieci
Il mondo si è fermato. Si è fermato a parlare d’amore. Questa era la più naturale, ma allo stesso tempo straordinaria conseguenza della pubblicazione delle struggenti lettere d’amore di Lenny. Quelle lettere che sono al centro di un accorato dialogo tra Gutierrez e Lenny e che muta, sin dalle prime battute, in uno splendido monologo sull’amore, in tutte le sue declinazioni. Tale esplicita dialettica dell’amore che si pone come leitmotiv di questo season finale, risulta la cornice pragmatica perfetta per le future decisioni ed evoluzioni di Lenny. Il suo visionario viaggio a Venezia, il suo immaginifico esserCi in quella famiglia così agognata, diviene realtà, concludendo così il suo percorso di formazione. Lenny è cambiato, ha portato a termine un processo di riconciliazione con se stesso e con il mondo. Serafico ammette le proprie debolezze e le ristrettezze delle proprie vedute, parlando con Gutierrez.
Crescendo, annullando quel Papa-bambino rancoroso e vendicativo del pilot , ritrova in Suor Mary una mamma, premiandola e regalandole il suo universo di infanzia e sorrisi. Il Lenny di oggi mostra pietà e benevolenza anche per Voiello, che si spoglia dei panni dell’Andreotti del Vaticano e si mostra puro e innamorato e con un interrogativo rivoluzionario e potente: perché non è possibile amare una donna e contemporaneamente anche Dio?
Lenny decide di agire, di non nascondersi più. Decide di cercare i suoi genitori, non più nei sogni, ma nella realtà. E a Venezia, nella magnifica piazza San Marco, ci regala il suo ultimo discorso. Da abile oratore, ormai l’abbiamo imparato, cristallizza l’attenzione del pubblico e in una struttura ad anello contraddittoria ma allo stesso tempo parallela, annulla il ricordo nefasto del primo discorso, annulla il suo delirio iniziale, annulla l’ammutinamento della folla del suo esordio, per tramutarlo in sorrisi e applausi. Il messaggio di Lenny, oggi, è d’amore. Non c’è odio, nessun conflitto irrisolto. Ma nell’intravedere la forza dei suoi genitori nel ripudiarlo, il loro coraggio nell’abbandonarlo, crolla sotto il peso del suo cuore, lasciandoci con il fiato sospeso.
Crolla per quell’emozione così forte e sublime il bambino che è dentro Lenny, e che connota ora ogni sua azione e ogni sua parola. Quel figlio che non hai mai potuto essere figlio trasporta Lenny nell’abisso della verità. Quel bambino che è rimasto lì, chiuso, nel cantuccio della sua anima, che è rimasto piccolo anche quando Lenny ingrossava e arrugginiva la voce, anche quando nell’età più matura era occupato a litigare e a perorare le proprie idee. Quel bambino, alla visione dell’idea della propria famiglia, arriva alla verità, in modo intuitivo e irrazionale, guardando con stupore, con aurorale meraviglia. Le ultime parole di Lenny sono il fil rouge di una scena corale che permette di salutare, con un leggero tocco, tutti i personaggi di questo viaggio. In questa immagine poliedrica, in cui tutti i personaggi si impongono sulla scena in modo suggestivo, la componente emotiva degli ultimi minuti di The Young Pope si amplifica e trova la sua Spannung nel momento in cui Lenny soccombe a quell’altalena di amore e sofferenza, su cui è in sospeso da molto tempo. E poi ad un tratto l’Amore scoppiò dappertutto, diceva De André.
Ed è così che salutiamo Lenny Belardo che avevamo conosciuto in modo così stravagante e rancoroso, pronto a ripudiare madre e padre spirituale, a vendicarsi delle minime offese, a lanciare messaggi di odio e provocatori ai fedeli. Abile conoscitore dell’animo umano, struggente scrittore d’Amore, intelligente e caritatevole, emotivo e critico, mai banale. Ed infatti Lenny, ci hai sorpreso anche stavolta. Grazie per averci mostrato il lato migliore di te.
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Ho in testa un #mashup tra #Westworld e #TheYoungPope: mi aspetto che #Voiello tiri fuori la pistola o che #Dolores si voglia fare suora.
— Felixo (@Oxilef) November 23, 2016
https://twitter.com/Belushivive/status/801574423413354496
#TheYoungPope bellissimo, bravi tutti, ma che fine ha fatto Tonino Pettola? @SkyAtlanticHD pic.twitter.com/evr5ioHhFI
— Grazia Pacileo (@bisgrazzia) November 24, 2016
"Alla fine non abbiamo scelta, dobbiamo trovare" . Lenny ❤️🇻🇦#TheYoungPope pic.twitter.com/rY2fgGoJyQ
— Alessandro Grazioli (@Ale__1989) November 24, 2016
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