Pio XIII incontra la responsabile del marketing del Vaticano, laureata ad Harvard, Sofia Dubois. Un sottofondo musicale giambico rende la scena suggestiva, memorabile ed estremamente accattivante. L’invisibile fil rouge che Lenny crea tra Salinger, Kubrick, i Daft Punk e Mina affascina e disorienta lo spettatore, ampliando l’orizzonte cognitivo del dialogo, non più una mera strategia economica, ma un complesso confronto dialettico. Nessun piatto con il suo volto, nessun bicchiere, nessun accendino, nessun gadget. Solo l’invisibilità può creare curiosità e generare il successo, la fama. Attraverso un’iperbole rovesciata, il Papa si presenta come una rock star irraggiungibile, rendendo acuto l’assurdo. Nella prima parte di questo episodio, ciò che risulta evidente è la sicurezza di Lenny. Il suo potere. La sua superiorità. Ogni sua parola, ogni sua interazione diviene uno spettacolo sublime di retorica e logica. Si presenta come un oratore così abile da far confessare un cardinale di essere omosessuale, senza il minimo sforzo, senza nessuna coercizione, solo sfruttando il ritmo suadente di interrogative retoriche celate.
Eppure, così potente e così fragile. Seguendo la linea di un climax discendente, scopriamo che il suo potere rivela insicurezza, il suo fascino fragilità, la sua retorica nasconde un conflitto interiore irrisolto e comune. Lenny è alla ricerca, come ogni orfano, della propria famiglia. Vuole conoscere la sua storia. Nel momento in cui il suo ruolo diviene pubblico e potente, il suo sguardo è rivolto ad un passato che lo tormenta. L’unico legame che ha con la sua infanzia è Suor Mary, che allontana e avvicina a sé, come in un’altalena di amore e odio, tenerezze e risse. Nel momento in cui deve presentarsi al mondo, l’altero Pio XIII cerca umilmente il sostegno di un’altra sua guida: il suo mentore Spencer. Ma lasciato solo nell’oscurità dei propri fantasmi, non volendo cedere a nessun principio di diplomazia, Lenny pronuncia un discorso nefasto.
Lui, il principe della retorica, fallisce miseramente la prima e più importante delle prove. Prigioniero nella torre d’avorio del conservatorismo, incapace a confrontarsi con l’altro, recide ogni ponte con la comunità dei fedeli. Diviene così, in pochi minuti, il Papa che presenzia nelle stanze del potere e rifiuta la piazza. Ma questa alterità non nasconde un demagogo assuefatto al potere, bensì un bambino che non ha ricevuto le carezze della mamma. Banale? Forse, ma profondamente vero. Il profilo di Lenny Belardo mostra una grande verità: l’infanzia non come età dell’oro, idillio gioioso, ma incubatrice dei drammi futuri. La sua personalità appare, così, perennemente sdoppiata tra il bambino e l’uomo. Come può essere il padre di tutti, senza la sua famiglia? E dal momento che Lenny ha una personalità complessa e un’introspezione acuta, sa di essere una contraddizione. Come risolverà questo ossimoro? Non lo sappiamo ancora. Per ora, abbiamo solo visto un uomo, sconfitto dai propri drammi, abbandonare la scena, delirante come un affascinante personaggio shaekspeariano.
Il cardinale Dussolier, alter ego di Lenny,riassume con una frase emblematica il diverso percorso da lui intrapreso.
Questo posto profuma di incenso e di morte, io preferisco il profumo della merda e della vita.
Entrambi bambini venuti al mondo, nell’accezione di Margaret Mazzantini, Dussolier ha scelto la merda e la vita. Ha rifiutato ogni protocollo per vivere veramente e non nascondersi dietro a rigidi schemi, alla retorica, alle regole – quello che invece ha fatto Lenny. Ma la sua complessità deriva proprio dal fatto di aver scelto le regole come scudo contro il mondo, salvo poi beffeggiarsene in varie occasioni. Un ossimoro vivente. Una contraddizione in termini che cela la sua risoluzione in un passato indefinito.
Ogni personaggio, in The Young Pope, presenta una complessità che ci impedisce di riassumerlo in un profilo preciso. Voiello, l’Andreotti del Vaticano, colui che tesse le fila del potere, colui che è avvezzo alla dietrologia e alla corruzione, rivela una nobiltà d’animo sorprendente che gli ispira un discorso esemplare. Vediamo Suor Mary ora rispettare rigidi protocolli, ora con una maglietta “I’m a virgin, but this is an old t-shirt” e i capelli a vento.
Suore che giocano a calcio, cardinali che dopo l’aerosol fumano: tutto, in questo mondo di incenso e morte, vive di contraddizioni. E forse è proprio questo ciò che ci affascina, perché l’uomo è bidimensionale. Se fosse solo Ragione, sarebbe un Santo. Se fosse solo istinto, sarebbe un animale. È proprio la bidiminsionalità, questa contraddizione insita in noi a darci la possibilità di scegliere, a darci la libertà di oscillare tra le movenze sinuose della nostra coscienza. È questo ciò che ci insegna Lenny, irrimediabilmente scisso tra un bisogno di autenticità, il cui simbolo è Gutierrez, e il più rigido spirito conservatore. Il chiaroscuro visivo, presente in tutto l’episodio, diviene così il correlativo estetico di questo ossimoro. L’episodio merita 5 porcamiseria, per essere una meravigliosa e originale commistione di logica e amore, retorica e crolli emotivi, in un precario e sottile equilibrio, in cui tutti i personaggi perdono e trovano se stessi in una stessa immagine, in uno stesso istante.
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