The Walking Dead8×03 Monsters

L'idea di lasciare in panchina molti dei protagonisti comincia ad appensatire una scrittura già di per sé non originale e spesso stiracchiata come quella di The Walking Dead. A farne le spese è il pubblico, che scopre nuovi metodi di resurrezione della noia.

2.0

Continuano gli eventi del piano messo in atto nella première di questa ottava stagione di The Walking Dead, così come continua l’annacquamento di tematiche già discusse e si fa sempre più spazio una confusione generale su dove la serie voglia andare a parare quest’anno.

Chi sono i mostri del titolo?

È questo che sembra smaccatamente suggerire l’intera serie stagione puntata, spiattellando, a volte eccessivamente, il confronto tra savior e gli uomini di Rick, del Re e della vedova. Sì, perché sul fatto che gli zombie in questo non show non siano i reali antagonisti ci eravamo già messi l’anima in pace da diverse stagioni (e per un po’ di tempo è comunque andato bene così). Poi sono subentrate le tematiche che ogni post-apocalisse porta con sé, su cui inizialmente The Walking Dead ha dato una lettura non originale ma comunque piacevole. Quegli stessi temi, alla bellezza di otto stagioni e con più di cento episodi all’attivo, trattati sempre alla medesima maniera e ormai scandagliati fin nel più superficiale dei risvolti, fanno pensare che la serie non abbia più niente da dire, quanto qualcosa di spicciolo da dare. Le scene d’azione, ad esempio, che da tre puntate predominano in minutaggio, sono sciatte e prive di tensione, ridotte a una sequenza di spari da una parte e dall’altra. Resiste, nonostante la semplicità, anche quel senso di confusione che non permette di capire (complice un pessimo montaggio) chi è che spara a chi.

Non aiuta, in questo senso, neanche la scelta di tenere lontani alcuni protagonisti dal campo di battaglia. Di Carl, Michonne, Rosita e Eugene si sono perse le tracce, relegati fuori dalla sceneggiatura (ai cui margini troviamo Maggie, che almeno non perde occasione per dimostrare una buona personalità). Morales non fa in tempo a festeggiare la sua presenza in un altro episodio che prontamente viene freddato dal pragmatismo di Daryl, cosa che, soprattutto sul finale, sembra cominciare a creare qualche attrito tra lui e Rick. Lo sceriffo, infatti, esce piuttosto confuso dal confronto con Morales, in cui rivede il proprio passato e la comunanza di percorsi che ha portato entrambi a lottare per la sopravvivenza, ma su due fronti opposti. È un evidente continuo della scena dello specchio nella scorsa puntata, cosa che rende questo episodio più che un capitolo a sé, la terza parte di un discorso non ancora chiuso e non sempre lineare.

Lo scontro tra Jesus e Morgan contribuisce a dare questa sensazione di netta dipendenza dallo scorso episodio, assumendo toni immotivatamente violenti che danno di Morgan l’idea di un uomo non troppo in sé, pur essendo dalla parte della ragione. Il pietismo di Jesus e la sua illusione di una pacifica convivenza coi savior dopo che tutto sarà finito trovano in Maggie un appoggio autorevole, che cozza un po’ con le intenzioni non proprio pacifiche del gruppo non più di due episodi fa. Intanto i Salvatori non stanno certo ad aspettare e a farne le spese è il gruppo di Carol ed Ezekiel, un altro personaggio sacrificato sull’altare dell’immotivato ottimismo, costretto ad aprire gli occhi ancora una volta. La morte di Eric, per quanto passaggio interessante, soprattutto nel pendant finale con l’arrivo di Gracie, nell’ennesimo clichè morte/vita (ciao Lori, non ci manchi), non è comunque un fatto rilevante, dato che colpisce un personaggio che definire secondario è fare un torto alla tigre Shiva. Non pervenuto Negan, altro grande assente insieme a Dwight, mancanza che penalizza di molto la tensione di questi episodi.

Porcamiseria
  • 2/10
    Storia - 2/10
  • 2/10
    Tecnica - 2/10
  • 2/10
    Emozione - 2/10
2/10

In Breve

Un episodio che è più una terza parte che non un capitolo a sé, con tutti i limiti della dipendenza dalle puntate precedenti. Ancora una volta si affronta il parallelismo tra savior e gruppo di Rick, affidandosi però a meccanismi e dialoghi abusati e tediosi, che mostrano la corda dopo otto stagioni. Comincia a pesare anche, nell’economia e nella tensione delle puntate, la rilevante assenza di molti personaggi primari (Negan per primo).

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Porcamiseria

2

Un episodio che è più una terza parte che non un capitolo a sé, con tutti i limiti della dipendenza dalle puntate precedenti. Ancora una volta si affronta il parallelismo tra savior e gruppo di Rick, affidandosi però a meccanismi e dialoghi abusati e tediosi, che mostrano la corda dopo otto stagioni. Comincia a pesare anche, nell'economia e nella tensione delle puntate, la rilevante assenza di molti personaggi primari (Negan per primo).

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