The Walking Dead6×16 Last Day On Earth

A differenza dei precedenti season finale, Last Day On Earth è un episodio estremamente convenzionale e fallisce nel tentativo di mantenere alta la tensione dall'inizio alla fine, proponendo situazioni poco incisive fino all'ingresso trionfale del villain della prossima stagione.

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La sesta stagione di The Walking Dead è stata indubbiamente la stagione delle contraddizioni: l’alternanza quasi sincopata di episodi eccellenti e capitoli in tutto e per tutto evitabili ha avuto il proprio apice (negativo) nelle ultime due settimane, lasciando l’amaro in bocca proprio ad un passo dal season finale. Gli autori si sono vantati, con tanto di annuncio in pompa magna ormai mesi fa, dell’introduzione finalmente attiva di Negan nella trama principale proprio in questo episodio, tuttavia la puntata è costruita in maniera estremamente convenzionale rispetto agli episodi conclusivi delle ultime due stagioni, dando largo spazio a diverse perplessità riguardanti gran parte del minutaggio che precede l’ingresso del “nuovo” villain (davvero trionfale e ad effetto, come forse mai era capitato prima d’ora) .

the walking dead 6x16 last day on earth recensione

Last Day On Earth riprende la narrazione esattamente dove l’avevamo lasciata al termine del precedente East; nessun buco narrativo e nessun flashback, quindi: l’improvviso dolore di Maggie, che mette a rischio la propria salute e quella del proprio bambino, induce buona parte del gruppo (Rick, Carl, Eugene, Sasha e Abraham) a dirigersi ad Hilltop a bordo del camper, in cerca di cure mediche urgenti per la donna.
L’episodio ha una struttura ciclica, riproponendo costantemente e in modo ossessivo la medesima formula, accentuando la sensazione di spaesamento e disperazione che ci condurrà, lentamente ma inesorabilmente, verso il climax della puntata: i Saviors, potendo contare su una schiacciante superiorità numerica, hanno bloccato tutte le vie di accesso verso Hilltop, costringendo il gruppo a ripetuti scontri, i quali non avranno purtroppo gli esiti sperati.

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La nota dolente inizia proprio in questo frangente dell’episodio: se la ripetizione (pur con alcune varianti) di questo pattern poteva anche essere convincente in una situazione di “quiete prima della tempesta” di questo tipo, sono proprio gli scontri con i Saviors a non sortire l’effetto desiderato, fallendo nel tentativo di costruire la tensione necessaria e preparatoria per il finale. Ciò che questa ridondanza narrativa riesce ad ottenere, semmai, è un eccessivo dilatamento dei tempi (e della noia) che in un episodio come questo – dalla durata maggiore rispetto ai canonici 40 minuti – poteva essere giustificato solo in presenza di un intreccio più corposo, che qui semplicemente non c’è.

I dialoghi piatti, grande problema di quest’ultima parte di stagione di The Walking Dead tornano purtroppo a pesare come dei macigni nelle dinamiche dei singoli episodi, e in questo Last Day On Earth rappresenta la sintesi perfetta di come non far interagire i protagonisti di una serie tv.
Questo difetto si palesa sia nelle interazioni con il gruppo di antagonisti, ma in misura ancora maggiore negli scambi all’interno del gruppo; Rick, ad esempio, cerca di dipanare i dubbi di Maggie, visibilmente preoccupata delle sorti del bambino che porta in grembo con un rassicurante:

It’s always worked out for us, because it’s always been all of us. That’s how I know. Because it’s all of us, we can do anything.

La frase viene poi ripresa anche da Carl in un momento successivo, poco prima della cattura da parte di Negan; probabilmente gli autori non volevano correre il rischio che questa perla di estrema saggezza potesse passare inascoltata la prima volta. Altra menzione negativa, in tal senso, è il dialogo (didascalico e stringato) tra Abraham e Sasha sulla scelta di avere o meno un figlio – come coraggiosamente scelto da Maggie e Glenn – in un mondo come quello di The Walking Dead.

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Va un po’ meglio, fortunatamente, nella storyline parallela dedicata a Morgan e Carol, due personaggi il cui rapporto è stato estremamente travagliato fin dalle origini. La donna è ormai sull’orlo del baratro, è ferita sia emotivamente che fisicamente e solo in questo episodio rischia più volte la vita, in un ripetersi ossessivo delle medesime dinamiche – al pari di quanto accade con il gruppo di Rick. L’impressione che l’avvicinamento all’orlo del precipizio sia stato davvero troppo repentino e non accompagnato da un adeguato sviluppo del personaggio, già avanzata nella precedente recensione, si fa ancora più prepotente in Last Day On Earth: Carol rifiuta in tutti i modi possibili di farsi aiutare da Morgan, spiegando secondo una logica un po’ contorta che se non sei disposto ad uccidere (o non puoi) per le persone che ami dovresti allontanarti da loro (?).
Il controsenso vivente che è diventato il personaggio di Carol si palesa, due secondi dopo, nel momento in cui punta una pistola contro Morgan per indurlo ad andarsene. È evidente come la donna sia in estremo stato confusionale, ma l’ipotesi che si tratti di semplice scrittura dei dialoghi poco ragionata torna a prendere piede, alla luce delle scelte disastrose di quest’ultima parte di stagione.

È curioso, comunque, come i ruoli di Carol e Morgan si siano invertiti nel giro di pochi episodi: pur di salvare la vita alla donna, che sembra comunque avere tutta l’intenzione di morire avvicinandosi sempre più alla sua controparte fumettistica, il membro più zen del gruppo decide di andare contro a tutti i suoi principi, macchiandosi della sua prima uccisione umana da tantissimo tempo. Morgan è arrivato alla consapevolezza che vivere le persone è l’unica cosa che conta, e ci arriva proprio nel momento in cui Carol sembra essersi dimenticata di questo principio basilare del mondo di The Walking Dead.

Il vero fulcro di questo episodio così ridondante nelle tematiche e nella rappresentazione è, tuttavia, rappresentato dall’ingresso di Negan, il super villain la cui presenza aleggiava da tempo come una spada di Damocle sopra le teste dei nostri protagonisti.

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Il lunghissimo monologo di ingresso, interrotto solo per qualche istante dalla ribellione di Glenn, è intenso, tagliente al punto giusto e coadiuvato dall’interpretazione di Jeffrey Dean Morgan che riesce nel suo intento di infondere il carisma necessario. L’episodio riprende alla grande, negli ultimi dieci minuti finali, tutto il pathos che è venuto a mancare nei precedenti cinquanta minuti, con la minaccia che incombe su tutto il gruppo (ma in particolare su un personaggio, la cui identità non verrà svelata fino alla prossima stagione, che ha avuto modo di assaggiare per primo Lucille) che è davvero palpabile.
Rimane il dubbio che l’episodio non avesse poi così tanto da raccontare, perlomeno non tanto da giustificare la durata extra, e la scelta di concludere con un cliffhanger così netto è quantomai discutibile. The Walking Dead ha sempre cercato la conclusione ad effetto, in questo caso però l’episodio nel suo complesso si rivela a malapena sufficiente, e viene risollevato solo nelle battute finali.

Per questo motivo, Last Day On Earth non riesce ad andare oltre i tre PorcaMiseria su cinque, fallendo nel tentativo di mantenere le aspettative createsi nel corso della stagione e uniformandosi al trend non proprio esaltante dell’ultima parte di stagione.

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