Questa sì che è nna puntata come si deve! Il primo commento a caldo sull’ultimo episodio di The Vampire Diaries – tornato dopo la solita pausa che mette in ginocchio gli affezionati – non può che essere questo. Finalmente un ottimo mix di regia, recitazione e, soprattutto, approfondimento psicologico dei personaggi, che ultimamente era venuto abbastanza a mancare.
La settima stagione conferma il trend già sperimentato più o meno dalla prima stagione; è sempre stato chiaro e lampante che Ian Somerhalder e il suo personaggio Damon Salvatore sono il cuore pulsante di questo show, senza il quale gli avvenimenti risulterebbero piuttosto banali e senza guizzi.
Gli sceneggiatori non ne fanno certo un mistero, è risaputo, della preferenza verso il maggiore dei due fratelli; benché il protagonista annunciato sia sempre stato Stefan – quello buono, quello eroico e dalla ferrea morale – Damon ha saputo conquistare il pubblico e il suo spazio sulla scena grazie a un dettaglio che, benché Stefan se ne sia sempre fregiato, non ha mai valorizzato: la sua umanità, nel bene e nel male.
Secoli passati senza emozioni, vivendo alla giornata, dissanguando vittime e uccidendo senza criterio chiunque non gli andasse a genio, hanno trasformato Damon Salvatore in un vampiro redento, colui che ha vissuto le sfrenatezze che l’immortalità concede ma che, proprio per questo, ha detto basta. Ha sempre dato sfogo ai suoi istinti, senza trattenersi, contrariamente a Stefan che ha soffocato il suo istinto predatorio da vampiro fino a esplodere in sfoghi di rara brutalità. Se lo chiamano Lo Squartatore ci sarà pur un motivo, come le precedenti sei stagioni hanno confermato.
Questo episodio, totalmente Damon-centrico, aggiunge altri tasselli all’ottimo lavoro di caratterizzazione che hanno fatto con il suo personaggio, regalandoci quaranta minuti del suo personalissimo Inferno.
Avevamo lasciato entrambi i fratelli Salvatore stesi a terra, pugnalati da Julian e Nora con la spada-risucchia-spiriti; le anime di Damon e Stefan sono intrappolate nella Pietra della Fenice e ognuno sta vivendo a modo suo la punizione che quella pietra ha deciso di infliggergli.
Tutta la puntata è dedicata a un singolo episodio della vita di Damon: quell’estate del 1863, durante la Guerra Civile Americana, in cui l’innocenza dell’allora ragazzo viene strappata via da un avvenimento a dir poco cruento – un incidente con alcuni disertori – dopo il quale nulla è stato più come prima.
Il massacro di una famiglia, nella fattoria che ospitava un paio di soldati confederati disertori, è stato il primo episodio in cui il giovane Salvatore si è sporcato le mani di sangue e, in comune accordo con il commilitone che l’ha accompagnato in quell’impresa, ha insabbiato ciò che era successo, non raccontandolo mai a nessuno.
Lo scorrere degli eventi è quasi alienante; Damon non ci mette molto a capire che tutto ciò che sta succedendo – in un loop continuo che si ripete come una sorta di libro-game, in cui si può sempre tornare indietro e ricominciare cambiando scelte – non è reale. E, in perfetta coerenza con il suo personaggio, agisce invece che accettare il dolore. Lo combatte strenuamente, cercando una soluzione pratica a tutto ciò che gli succede e tentando in ogni modo di non uccidere i disertori.
Ma l’Inferno, in quanto per i vampiri non è morte ma punizione, non fa sconti a nessuno: per quanto duramente ci provi, va sempre a finire male.
Damon è pragmatico, e questo The Vampire Diaries ce l’ha insegnato fin troppo bene; quando c’è un problema, soprattutto se doloroso, preferisce affrontarlo di petto finché non l’ha risolto, rifiutando di accettare la sofferenza e senza crogiolarsi nel dolore, comportamento di cui – per contro – Stefan è un grande esperto.
Ma questo modo di fare ha alti e bassi, ovviamente: quando Damon non riesce a trovare una soluzione, invece che arrendersi e sentire tutto quanto, lui spegne le proprie emozioni. Ha sempre fatto così, secolo dopo secolo, delusione dopo delusione. La fragilità nascosta del fratello maggiore è una pennellata di rara delicatezza, in una trama che ha sempre premiato lo spirito di sacrificio (vedi Stefan, Elena, Bonnie). Damon non vuole fare il martire: è egoista e concentrato sulla propria sopravvivenza, perché senza di lui come avrebbe fatto suo fratello ad andare avanti?
Ecco qua il fulcro e conclusione della puntata: al di là dell’Inferno, Bonnie e gli altri cercano in ogni modo di recuperare l’anima di Damon dalla Pietra della Fenice, che tuttavia non lo lascia andare. Non ha ancora vissuto appieno la sua pena, in quell’Inferno tutto uguale che lui tenta di combattere; è proprio durante l’ennesimo restart che Damon decide di sparigliare le carte in tavola e non seguire il naturale corso degli eventi che gli vengono proposti. Credendo che la soluzione alle sue sofferenze sia tornare dal fratello, triste per la recente morte della madre, Damon diserta e si ritrova dall’altra parte della barricata; è lui adesso quello nascosto in cantina, mentre sopra la sua testa si svolge il massacro da parte dei soldati venuti per arrestarlo.
Stefan rappresenta la sua coscienza, colui che gli fa presente – mentre al piano di sopra uccidono la madre che ha nascosto il figlio disertore – che tutte le sue azioni dalla morale discutibile non sono giustificate dal fine che dichiara di avere. Dal male non può nascere il bene, secondo quanto gli viene detto. E nuovamente, lui si oppone.
Non ho apprezzato particolarmente il riferimento a Elena; non credo sia stata solo lei la causa del mutamento di Damon. Ha sicuramente aiutato a mitigare l’aggressività e gli ha ricordato che non è sempre un male lasciarsi andare alle emozioni, ma il cambiamento che l’ha fatto crescere ritengo sia più profondo. Del resto, è sempre stato il fratello Stefan il vero grande amore di Damon, e questo è innegabile.
Il finale è brusco; Damon riesce finalmente a chiarirsi con la madre, sputandole addosso tutto il suo odio – pienamente giustificabile – di un ragazzo abbandonato, mal voluto, maltrattato dal padre perché la madre non è stata in grado di lasciare un marito violento e abusivo; ma soprattutto, colpevole di averlo scartato per l’ennesima volta, preferendo un’altra famiglia a quella a cui ha dato la vita. In un momento di catarsi finale, Damon si scusa con la madre morente – sul campo devastato dalla Guerra Civile – prima di essere bruscamente risvegliato dal suo Inferno e catapultato di nuovo nel mondo reale. Lo stacco è talmente netto che, non capendo di essere davvero tornato, finisce per stendere tutti i presenti, compresa Bonnie – che non mi pare messa molto bene, gli altri hanno solo il collo spezzato. Il “massacro” finale, tra l’altro, rappresenta un inquietante parallelismo con lo stesso incidente avvenuto nel 1863, in quella fattoria.
Quattro porcamiseria pieni e succosi; ci voleva davvero, una soddisfazione così.
Voi che ne pensate di questa puntata stile Inception? Vi è piaciuta?
Speriamo che il resto della stagione prosegua per questa strada. Ben fatto.
Sentimento diffuso:
Dire che sono traumatizzata dalla fine della 7×10 di the vampire diaries è dire poco
— bëth🍁 (@overdyIan) January 30, 2016
Se qualcuno lo sa, ce lo spieghi!
https://twitter.com/SashaAkaCupcake/status/693442882053742592
Esattamente:
#TVD è una di quelle serie che quando mi dico "Basta mi so scocciata, non la guardo più" caccia una puntata come questa e io 😱 #TVD7x10
— Marghe- Stark 75 (@Emme_deg) January 30, 2016
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