The ResidentThe Resident: l’altra faccia del medical drama

The Resident è il nuovo medical drama in onda su FoxLife. Con Matt Czuchry e Emily Irene VanCamp, la serie si concentra sul lato oscuro della medicina: la buona reputazione dell'ospedale va salvaguardata e il bilancio dev'essere fatto quadrare, anche a discapito della cura del paziente.

7.7

Una nuova serie tv ambientata in un ospedale di Atlanta ha preso il via poche settimane fa. Tra gli attori protagonisti i volti noti sono Matt Czuchry, che in molti ricorderanno come il bel Logan di Una Mamma per Amica o l’avvocato Cary Agos di The Good Wife, e Emily Irene VanCamp, fattasi conoscere come Amy Abbott di Everwood, passando per Brothers & Sisters fino ad arrivare al più recente Revenge. Due giovani attori, quindi, ma con alle spalle già un buon bagaglio di esperienza, interpretano rispettivamente lo specializzando Conrad Hawkins e l’infermiera Nicolette Nevin, detta Nic.

Fin dalle prime scene si capisce bene come questo format non sia una copia di uno dei medical drama visti finora, o almeno, si propone di non esserlo. I riflettori sono puntati su entrambi i lati della medaglia: non si tratta solo di salvare vite, i medici sono corrotti e il bilancio aziendale…ah no, ospedaliero scusate, va salvaguardato in ogni modo. La serie gioca molto su questa dualità di fondo, infatti se da un lato troviamo medici giovani e brillanti, fedeli al giuramento prestato il giorno della loro laurea e che credono nel loro mestiere, dall’altro ci sono uomini d’affari più che chirurghi, che riservano le cure migliori solo alle persone che contano. È il caso, ad esempio, di un cuore da trapiantare rubato a un insegnante per essere destinato a un facoltoso membro del Congresso.

Paladino della giustizia e principale esponente del “buoni” è lui, Conrad Hawkins, medico talentuoso che effettua interventi d’urgenza, burbero con i colleghi, ma rassicurante con i pazienti. Sfoggiando un sorriso rispolverato dai tempi di Logan huntzberger e un capello un po’ meno biondo, flirta con l’infermiera Nic sin dalle prime scene del pilot e capiamo fin da subito che la loro storia ci accompagnerà per tutta la prima stagione e forse non solo. Si sente il più bravo, e lo è, tanto che a fine turno, tolto il camice da medico (che non indossa mai, a dirla tutta), si mette i panni del giustiziere della notte con la convinzione di poter decidere chi debba vivere e chi debba morire. È Nic, più volte, a riportarlo con i piedi per terra. “Tu non sei Dio”, gli ricorda l’infermiera.

Ad affiancarlo troviamo lo specializzando di primo anno Devon Pravesh, interpretato da Manish Dayal, a cui deve insegnare l’arte del primo soccorso. Il ragazzo è inizialmente scocciato dalla presenza di Conrad, che in effetti, almeno nel primo episodio, lo strapazza un po’ umiliandolo davanti a pazienti e colleghi. Nella cerchia dei “buoni” mettiamo infine il chirurgo Mina Okafor, col volto di Shaunette Renée Wilson, una giovane donna di poche parole, distaccata con i pazienti, ma dotata di un talento incredibile, stile Cristina Yang per intenderci (lo so, di Yang ce n’è una sola, era solo per capirci).

Se finora i personaggi sono sembrati gli ingredienti perfetti per un medical drama copia di Grey’s Anatomy, la presenza dei “cattivi” ribalta le carte in tavola. Il vero antagonista della serie è il primario dell’ospedale, interpretato da Bruce Greenwood, vecchia gloria del mondo della medicina conosciuto in ogni dove e la cui fama lo precede al punto che i pazienti richiedono la sua presenza in sala operatoria: peccato però che tra i suoi medici sia conosciuto come il “Dottor Morte”. Tutti sanno che semina morte, nessuno lo denuncia per paura di essere licenziato, e a suon di minacce tiene in pugno i suoi chirurghi che un po’ lo temono e un po’ tentano di ribellarsi, senza successo per ora.

A questo punto il confronto con gli illustri predecessori in ambiente medical è inevitabile: ce ne sono stati tanti che, seppur differenti tra loro, hanno influenzato il panorama televisivo e continuano a farlo da più di 20 anni, partendo da ER (non fatemi andare più indietro, abbiate pietà) fino ad arrivare al più recente Grey’s Anatomy, passando, tra gli altri, dal misterioso e affascinante Dr House. Ora, prendete ER, con tutti quei salvataggi d’urgenza in pronto soccorso e un tira e molla tra medico e infermiera, (sì, proprio come Doug Ross e Carol di qualche anno fa), aggiungeteci Grey’s Anatomy, con qualche bacio bollente nello stanzino, un reduce di guerra in Afghanistan ed un bar a fine episodio che ricorda tanto quello di Joe, ed avrete un’idea di quello che vi attende con The Resident, non fosse per i medici corrotti. Proprio qui sta la novità. È esattamente questo il bullone che riesce a far girare l’ingranaggio.

La serie potrà anche non piacere e non è forse al livello dei suoi illustri predecessori, però ci propone una prospettiva nuova sulla medicina e lo spettatore viene destabilizzato da un medico che non vuole salvare la vita ad un paziente. Se siamo abituati a protagonisti portatori di una morale discutibile, per cui alla fine siamo portati a simpatizzare e che difendiamo anche, pensiamo ad Annalise Keating o al pluriomicida Dexter, i medici che non ci curano di certo non ci vanno giù. Se proprio loro che dovrebbero salvarci, a prescindere dal cognome che abbiamo e dal nostro conto in banca, con un sorriso ipocrita ci dicono che il trapianto che aspettavamo da anni non è più effettuabile, allora di chi possiamo fidarci?

Porcamiseria
  • 8/10
    Storia - 8/10
  • 7.5/10
    Tecnica - 7.5/10
  • 7.5/10
    Emozione - 7.5/10
7.7/10

Riassunto

Un 8 di incoraggiamento alla storia, che si propone di farci vedere i medical drama da una prospettiva inedita. Il numero di puntate è ancora troppo ridotto per potersi affezionare ad una serie.

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8/10 (3 votes)

Porcamiseria

7.7

Un 8 di incoraggiamento alla storia, che si propone di farci vedere i medical drama da una prospettiva inedita. Il numero di puntate è ancora troppo ridotto per potersi affezionare ad una serie.

Storia 8 Tecnica 7.5 Emozione 7.5
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