The InnocentsSeason 1 Recap – un crescendo inaspettato

Season Recap Una storia d'amore e fiducia tra due adolescenti in fuga da famiglie oppressive, rapitori, poteri paranormali, loschi dottori e un pilot indecente.

7.0

Dopo la visione del primo episodio di The Innocents, purtroppo le aspettative su questa serie erano crollate a livelli abissali e la speranza era che i restanti sette episodi scorressero via meglio di quanto non avesse fatto questo pilot caotico e confusionario, e che magari la storia migliorasse un poco.

Sarà per queste aspettative estremamente ridimensionate, o sarà perché dopo il primo episodio i problemi precedentemente evidenziati scompaiono e al loro posto, poco a poco, otteniamo una storia che prende ritmo e potenza col passare del tempo, ma alla fine di questi otto episodi ci si ritrova emozionati, coinvolti dalla storia e a chiederci se ci sarà o meno una seconda stagione.
Un enorme successo, vista la partenza a dir poco stentata.

La storia che si dipana in questi otto episodi è quella di June McDaniel, sedicenne inglese che vive un’esistenza abbastanza soffocante sotto il rigido controllo del padre John: un’infinità di regole da rispettare, pochissimi contatti con i coetanei, una casa abbastanza isolata rispetto alla città dove vivono, un fratello con una menomazione fisica che vive in un edificio contiguo alla casa, con una porta protetta da un codice elettronico e una finestrella per passargli il cibo.
La prima impressione che ne abbiamo è di un qualcosa di profondamente sbagliato sotto ogni punto di vista, un misto tra il comportamento dei membri di qualche strana setta e la follia di un padre abbandonato dalla moglie che tiene i figli reclusi per evitare che lo abbandonino.
Ma quando il padre decide che la città è troppo pericolosa e progetta di trasferirsi su una remota isoletta scozzese, June decide di fuggire di casa. Aiutata dal fratello Ryan, scapperà di casa assieme al suo amato Harry Polk, uno studente della sua stessa scuola che ha conosciuto durante l’orario scolastico.

Anche Harry non ha una vita facile, per quanto sia più comprensibile rispetto a quella di June: tutto il suo tempo libero è occupato dal padre, che vive da anni in stato vegetativo. Quanto accaduto al padre, che scopriamo essere accaduto anche a un altro paio di persone quella stessa sera, è costato anche la carriera alla madre di Harry: era un brillante poliziotto, in rampa di lancio e pronta per una promozione, ma ora passa buona parte del tempo ad accudire il marito, incollata al suo posto attuale dalla testardaggine con cui ha continuato a cercare una causa agli eventi inspiegabili di quella sera.

Quando June si spaventa e tocca qualcuno, diventa questa persona. E solo Harry è in grado di riportarla indietro, al suo vero io

Harry e June fuggono a Londra, lontano dalle loro famiglie e braccati stretti dal misterioso Steinar, un norvegese che cerca di rapire June per portarla al Sanctum, dove pare che sua madre l’aspetti.
Un individuo che non si ferma davanti a niente e a nessuno, un segugio instancabile e con un intuito spaventoso, in grado di continuare a trovare i due ragazzi malgrado quanto questi si sforzino di cancellare le loro tracce.
Il motivo di questa fissazione per June è il suo potere, l’abilità di trasformarsi nelle persone che tocca (e che cadono temporaneamente in coma, mentre lei ne indossa l’aspetto). Un potere spaventoso, scatenato dalla sua paura e che non sa come controllare.
L’unica sua ancora di salvezza è rappresentata da Harry, sempre presente al suo fianco, fedele e innamorato, in grado di tranquillizzarla, di calmarla, di ricordarle chi lei sia e di riportarla indietro prima che si perda nei nuovi corpi.

Alle spalle dell’infaticabile Steinar abbiamo il suo mentore, la persona che lo ha salvato dal precipizio dell’autodistruzione e che gli ha dato un nuovo scopo, una ragione di vita. Il dottor Ben Halvorson, uno psichiatra che anni addietro era incappato incidentalmente in un’altra mutaformaRuna Gundersen.
Aveva deciso di aiutarla a controllare il suo potere, aveva creato un rifugio in una baia isolata della Norvegia, e col tempo si era innamorato di questa donna. La prima mutaforma che avesse trovato, la prima che avesse finalmente curato. Curato dal cadere in crisi scatenando il proprio potere, ovviamente, non curata dalla sua stessa essenza.

Il Sanctum, molto più che la casa in cui è cresciuta June, ricorda le sette religiose che vivono in isolamento, con un santone attorniato da uno stuolo di fedeli adoranti di sesso femminile cui ha fatto il lavaggio del cervello. E quindi da subito proviamo quantomeno diffidenza nei suoi confronti.

Ora il rifugio che ha costruito si è ingrandito.
Il Sanctum è una sorta di comune autosufficiente o quasi, nessun estraneo vi può mettere piede e i rapporti con l’esterno sono tenuti da Ben e Steinar.
Oltre a loro ci sono tre donne: Runa, ormai non più paziente ma sua compagna; Sigrid, una paziente ormai guarita e che è pronta a tornare nel mondo reale, e Elena, la madre di June.

Sembrerebbe tutto bello e idilliaco, ma le terapie del dottore hanno un che di preoccupante così come il suo comportamento.
Fin dai primi episodi lo spettatore viene lasciato nel dubbio se il dottore e la sua cura siano elementi positivi o negativi: è chiaro che queste donne abbiano un grosso problema, è chiaro che debbano imparare a controllarsi, è chiaro che l’isolamento le può aiutare così come l’aiuto professionale del dottore.
Ma il divieto di toccarsi? L’isolamento completo da tutto e tutti? Il tagliare i ponti col passato, la comunità chiusa che gravita intorno a Ben? La decisione di far rapire June, il suo interesse verso di lei, paiono quantomeno sospetti.

I punti  di forza di questa serie sono due.
Il primo è che le reazioni di June e Harry, per quanto a volte possano risultare fastidiose agli occhi dello spettatore, sono realistiche. È normale che Harry possa spazientirsi con June, è normale che June voglia fuggire da sé stessa, o non si senta realmente capita dal ragazzo. È normale che cerchi aiuto altrove, e che possa essere in disaccordo con Harry. Sono ragazzi, sono in fuga e sono alle prese con qualcosa di incomprensibile. È ovvio che possano scontrarsi.
Ed è tremendamente realistico il comportamento di John, il motivo per cui la famiglia vive nel modo assurdo in cui vive, la radice dei problemi psicologici di Ryan (che comunque li affronta con coraggio per amore della sorella).
Così come è realistica la reazione di Christine alla fuga del figlio prima e alla scoperta del ruolo di Elena negli eventi di tre anni prima poi: è un poliziotto, è una madre e ha perso suo marito senza neanche averlo davvero perso.
Un realismo tangibile, evidente, che contribuisce a generare inquietudine: come si risolverà la vicenda?

Il pilot era fatto male, caotico, confusionario. Incredibilmente, tutto questo migliora di episodio in episodio, regalandoci due ottime puntate finali impensabili durante la visione del pilot

E poi abbiamo il ritmo. La storia. La velocità della narrazione.
Tutto ciò che era impantanato e che non funzionava nel pilot, si sblocca.
Poco a poco, episodio dopo episodio, la serie prende velocità, prende consistenza. Gli eventi si susseguono e danno credibilità alla vicenda, spessore ai personaggi. Ce li fanno sentire, ce li avvicinano.
Non possiamo non soffrire vedendo June nei panni dell’infermiera, o intenerirci quando Harry ogni volta riesce a riportarla indietro. Non possiamo non aver paura di quale sarà la prossima mossa di Steinar, o di cosa accadrà in Norvegia dal dottore.
Fino ad arrivare ai due episodi finali che sono esplosivi, adrenalici, pieni zeppi di rivelazioni e di colpi di scena, di eroismo e di follia.

Un finale che è perfetto, che va benissimo sia nel caso la serie si concluda con quest’unica stagione, sia per collegarla invece a una seconda stagione che, grazie a queste scene finali, sarebbe praticamente già scritta per metà.
Tanto brutto l’inizio, quanto emozionante e bello il finale.

Porcamiseria
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 8/10
    Emozione - 8/10
7/10

In breve

Questa serie comincia malissimo, con un pilot sbagliato sotto tutti i punti di vista, ma si riprende alla grande migliorando episodio dopo episodio fino ad arrivare ai due ottime puntate finali.

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7/10 (1 vote)

Porcamiseria

7

Questa serie comincia malissimo, con un pilot sbagliato sotto tutti i punti di vista, ma si riprende alla grande migliorando episodio dopo episodio fino ad arrivare ai due ottime puntate finali.

Storia 7 Tecnica 6 Emozione 8
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