The Good Doctor1×17 Smile – 1×18 More

Season Finale La prima stagione di The Good Doctor chiude i battenti con un episodio che non fatica ad arrivare all'emotività del pubblico, mettendo la drammatica incognita sulla sorte del dottor Glassman al centro dell'attenzione e lasciando un po' troppo in secondo piano il resto delle storyline e dei personaggi.

7.3

Se dovessimo individuare una costante che ci ha accompagnato nel corso di questa prima stagione di The Good Doctor, nonché una delle prime ragioni che hanno spinto molti spettatori a lasciarsi coinvolgere da questa serie, essa sarebbe senz’altro il forte impatto emotivo che spesso ha caratterizzato la sceneggiatura dei vari episodi, facendo in modo che anche i (rari) casi medici meno interessanti o le storyline più sottotono riuscissero a intrattenere con successo un pubblico ormai affezionatissimo ai protagonisti dello show. A darcene la conferma sono questi due episodi conclusivi, in cui il coinvolgimento emotivo sembra essere quasi l’unico obiettivo degli autori, a discapito di alcuni sviluppi che forse – seppur meno drammatici e commoventi – sarebbe stato meglio approfondire.

In Smile, ad esempio, è evidente come l’episodio rimarrebbe piuttosto lento e indigesto se non fosse per l’ennesima paziente che fa leva sulle capacità empatiche del pubblico, rendendolo partecipe della sua travagliata conquista del primo sorriso. Affetta dalla sindrome di Möbius, che le impedisce di muovere i muscoli facciali e lasciar dunque trasparire all’esterno qualunque tipo di emozione, Gretchen ci conquista sin da subito, vuoi per la sua maturità, che la porta quasi a rinunciare alla costosa operazione per non essere di peso al padre, vuoi per i parallelismi obbligati tra la sua condizione di isolamento e il comportamento di Shaun. Molto meno coinvolgente, invece, il caso di furto d’identità con cui avranno a che fare le dottoresse Browne e Reznick, in cui risulta difficile capire cosa stia succedendo e che attira l’attenzione soprattutto per l’ennesimo scontro tra le due specializzande, il cui esito non sarà diverso dai precedenti.

In questo episodio infatti, come nel successivo, l’approfondimento dei nuovi arrivati è ridotto all’osso: tanto la dottoressa Reznick quanto il dottor Park restano fermi nei loro comportamenti discutibili e, nonostante il loro ruolo quasi di “antagonisti” rispetto al team originale del dottor Melendez sia ben inserito nell’economia della serie, sarebbe stato utile sfruttare l’occasione del season finale per gettare le basi per un futuro sviluppo che, data la promozione dei rispettivi attori a regulars nella prossima stagione, è senz’altro necessario per impedire ai personaggi di scadere nell’esagerazione.

Leggermente migliore è il trattamento riservato ai personaggi “storici” della serie, al cui sviluppo abbiamo assistito per sedici episodi. Con Claire sempre nelle vesti di dottoressa empatica e impegnata suo malgrado nella competizione con la collega, per Jared Kalu è arrivato il momento di ricominciare da capo. In Smile, dunque, la storyline che lo ha visto protagonista in questa stagione prende una piega ben precisa, avviando il giovane specializzando verso un futuro radioso e sereno, che sembra concedergli una seconda occasione in ambito lavorativo e sentimentale, anche se probabilmente lo condurrà lontano dalle vicende del St. Bonaventure. La scelta di chiudere già da subito la storia del dottor Kalu (anche se siamo certi che lo vedremo ancora per qualche episodio, magari alle prese con il trasferimento) è piuttosto azzeccata e stronca sul nascere ogni rischio che il personaggio si fossilizzi nel ruolo di reietto che lo ha caratterizzato negli ultimi tempi.

Nel season finale, invece, un minimo spazio è lasciato ai veterani: l’errore medico di Shawn, infatti, sarà il pretesto per rappresentare da un lato gli atteggiamenti ambigui del dottor Andrews, il quale si conferma un uomo poco avvezzo ad arrendersi e lasciarsi scappare un’occasione di successo facendosi troppi scrupoli, e dall’altro la maturazione del dottor Melendez, che dimostra di aver sviluppato una certa stima – per non dire affetto – nei confronti del ragazzo. I tempi della diffidenza e del cinismo sono finiti e, nonostante la coesione dell’equipe continui a dare problemi a causa dei nuovi arrivati, il chirurgo appare sempre più calato nei panni di leader che gli spettano.

Lo spazio lasciato all’approfondimento di queste dinamiche, tuttavia, è a dir poco risicato e sacrificato in virtù della trama principale del season finale, ossia l’inaspettata sentenza di morte che coglie il dottor Glassman proprio mentre sembrava concedersi una nuova occasione, lasciandosi andare ad un forzatissimo flirt con la barista dell’ospedale. La diagnosi di un glioma inoperabile è ovviamente un duro colpo per il vecchio direttore dell’ospedale, che si rassegna al proprio destino e spera di riuscire almeno a godersi i pochi mesi rimasti. A non volersi arrendere, invece, è proprio Shawn, che passerà l’intero episodio tentando di dimostrare al proprio mentore che la diagnosi è sbagliata e che c’è ancora speranza, per quanto l’uomo, stanco e disilluso, non ne voglia sentir parlare. Tutto è bene quel che finisce bene: dopo l’ennesimo controllo il tumore del dottor Glassman si scoprirà essere operabile, ma il prezzo che il dottor Murphy dovrà pagare per la sua distrazione dal trattamento del paziente della settimana – nella scrittura del quale non sembrano impegnarsi nemmeno gli sceneggiatori – non tarda a presentarsi.

Io non sono stato all’altezza, no. Questa volta ho sbagliato.

Un errore medico assolutamente comprensibile, commesso in un momento di grande turbamento, è l’elemento che potenzialmente può sconvolgere le carte in tavola e catapultarci in una seconda stagione molto diversa. Per adesso nulla è certo, se non le spietate ambizioni di Andrews e il rigido senso del dovere che spinge Shawn a voler denunciare il proprio sbaglio sebbene l’equipe, per quanto divisa dal punto di vista etico e psicologico, sia riuscita a porvi rimedio: non sappiamo ancora quello che accadrà nella stanza del dottor Andrews, ma gli indizi seminati nel corso dell’episodio rendono il finale meno aperto di quanto sembri.

Tirando le somme, ci troviamo di fronte un season finale sicuramente d’effetto, ma che preferisce arrivare al cuore piuttosto che alla testa degli spettatori. Gli spunti per la prossima stagione ci sono e, se la serie non vuole cominciare ad arrugginirsi e perdere la forza che ne aveva caratterizzato il debutto, dovrà saperli sfruttare al meglio per variare la propria trama, senza mai perdere di vista la narrazione corale che finora ci ha permesso di conoscere ed entrare in sintonia con tutti i personaggi che si muovono tra le corsie del St. Bonaventure.

Porcamiseria
  • 6.5/10
    Storia - 6.5/10
  • 6.5/10
    Tecnica - 6.5/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
7.3/10

In breve

Ancora una volta, The Good Doctor commuove il pubblico con due episodi che, pur nella loro diversità, suscitano un coinvolgimento emotivo molto forte, a discapito della parte più “razionale” della trama che viene trattata poco e con superficialità.

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Porcamiseria

7.3

Ancora una volta, The Good Doctor commuove il pubblico con due episodi che, pur nella loro diversità, suscitano un coinvolgimento emotivo molto forte, a discapito della parte più "razionale" della trama che viene trattata poco e con superficialità.

Storia 6.5 Tecnica 6.5 Emozione 9
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