The Affair3×09 Episode #3.09 – 3×10 Episode #3.10

Gli ultimi due episodi fanno finalmente luce sull'aggressione di Noah e sulle inquietudini di Helen. A sorpresa poi, gli eventi si spostano a Parigi per un season finale dal sapore europeo ma con un fascino decisamente diverso.

0.0

E cala il sipario anche su questa terza stagione di The Affair, con due episodi diametralmente opposti sotto tutti i punti di vista. E purtroppo è proprio il season finale ad avere la peggio.

The Affair 3x09 3x10 recensione

Episodio 9: Helen/Noah

Ancora spazio per gli ex coniugi Solloway in questo nono episodio, intenso e ricco di emozioni, come mai in questa terza stagione.

Il percorso di inquietudine di Helen trova il suo compimento grazie al sollievo datole dal potersi liberare finalmente del peso del segreto sulla fatidica notte dell’incidente. Appare finalmente manifesto che il legame con Noah e la sua impossibilità di lasciarlo andare per la sua strada era in qualche modo legato ai rimorsi verso il suo sacrificio. Questo percorso verso la serenità si attua simbolicamente proprio a Montauk, lo stesso luogo in cui è avvenuto l’incidente, lo stesso luogo in cui è nato l’affair tra Noah e Alison, l’inizio del declino per la famiglia Solloway. Dal climax iniziale, con la concitata confessione davanti ai figli e ai genitori e l’intensa scena nella camera antipanico culminata in una liberatoria fuga di Helen, approdiamo ad un percorso di consapevolezza, che passa tra l’altro da quel confronto con Alison visto nello scorso episodio, che acquista finalmente un contesto chiaro e definito sulle circostanze che portano le due ad incontrarsi, visto ovviamente con gli occhi di Helen.

The Affair 3x09 3x10 recensione

Se nel precedente confronto era Helen a fare mea culpa riguardo le motivazioni che hanno portato Noah tra le braccia di Alison, in questa versione è Alison a fare ammenda, in virtù della chiarezza che ha saputo trovare dentro di sé. Virtualmente, una sorta di vicendevole perdono.

Si chiude così il cerchio delle vicende di Helen, che sa anche farsi perdonare da Vik dopo avergli raccontato tutta la verità. Una chiusura che brilla per la sempre bravissima Maura Tierney, ma che forse pecca un po’ troppo di faciloneria, adducendo con troppa semplicità certi episodi irrazionali al mero senso di colpa di Helen.

Nella seconda metà dell’episodio, si fa anche luce – inaspettatamente – sul mistero di questa stagione e sull’instabilità psicologica di Noah. In un continuo alternare presente e passato, apprendiamo quanto profonde fossero le cicatrici dovute alla morte della madre e di come la prigione le avesse in qualche modo amplificate, manifestandosi sotto forma di allucinazioni già prima dell’abuso di antidolorifici. Magistrale Brendan Fraser nella sua duplice interpretazione di Gunther: quello inquietante e sadico delle visioni di Noah, e l’amorevole padre di famiglia, composto ed equilibrato, che ci appare, nello stupore generale, quando un disperato Noah lo raggiunge per far cessare la sua presunta ossessione per l’ex galeotto.

È nelle pagine del suo libro – e nella loro interpretazione da parte di Gunther – che comprendiamo bene il dissidio interiore di Noah, quella dicotomia tra il senso di colpa per aver causato la morte della madre, attribuendo quel gesto alla sua voglia egoistica di crearsi un futuro, e la verità raccontatasi in tutti questi anni, che quel gesto fosse stato piuttosto dettato da un atto di pietà verso la madre in agonia.

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Un’ottima seconda parte dunque, praticamente retta tutta sulle spalle di Dominic West e Brendan Fraser, che termina con le risposte all’interrogativo che ci portiamo sin dalla première, ovvero l’identità dell’aggressore di Noah. Che la sua instabilità avesse potuto portarlo addirittura ad accoltellarsi da solo era un’ipotesi già vagamente nell’aria, ma fino all’ultimo credevamo che la realtà fosse un tantino più complessa, anche perché veniamo da due intere stagioni incentrate su un unico delitto. Plauso agli sceneggiatori comunque, per avere reso avvincente questa storyline puntando su un percorso narrativo assolutamente inaspettato. Peccato l’aver sbagliato un po’ tutto il resto.

4.5

 

Episodio 10: Juliette/Noah

L’aver appreso di una quarta stagione per The Affair ci aveva indotto a pensare che, dopo un nono episodio che ha dato davvero tutto allo spettatore, un nuovo segreto potesse venire a galla o che ci si sarebbe concentrati piuttosto su Alison e Cole.

Con amara sopresa invece, la scena si sposta in quel di Parigi, con un salto temporale di ben tre mesi, e ci si focalizza su una vera e propria liaison amoreuse tra Juliette e Noah. Per il decimo episodio, si ritorna poi ad una struttura duale molto classica, con POV complementari e allo stesso tempo divergenti dei due protagonisti.

La metà dedicata a Juliette è debolissima, totalmente incentrata su un personaggio verso cui lo spettatore non ha avuto l’opportunità di sviluppare un’empatia, piuttosto bidimensionale e di cui, in poche parole, non frega nulla a nessuno. E invece, in un episodio così importante come un season finale, siamo costretti a sorbirci una serie di sequenze a tratti soporifere, come in quei film francesi che di tanto in tanto scoviamo su Netflix alla ricerca di chissà quale capolavoro. A far da cappello a cotanto scempio, quell’inutile e gratuita scena di sesso con Noah sull’uscio di casa a pochi minuti dalla morte del marito di Juliette. Certo, capiamo quali sono le ragioni dietro l’atto in sé, come fosse un atto liberatorio, come se si volesse sottolineare la disperazione di una donna sempre frenata da un senso di dovere verso un marito che non la riconosce più, ma onestamente nulla aggiunge ad una caratterizzazione piuttosto scialba e quasi da cliché del personaggio interpretato da Irène Jacob.

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Il season finale si risolleva per fortuna nella metà dedicata a Noah, in cui – molto convenientemente – ritrova Whitney a Parigi, riuscendo a sanare i contrasti e a ricucire il rapporto con lei, e a seguire col resto dei suoi figli. Ma ahinoi, nemmeno un’inaspettata dolcezza di Whitney ci risolleva dalla delusione verso questo episodio. Né ci basta quel senso di incertezza sul finale, sulle prossime mosse di Noah.

Ci chiediamo che senso avessero le storyline di Alison e Cole, quasi una parentesi diversiva in questa terza stagione, ci chiediamo a questo punto chi ritroveremo nella prossima stagione, ci chiediamo un po’ il senso di questa stagione – ora possiamo dirlo – Noah-centrica in una serie che ha fatto del dualismo prima, e del pluralismo dopo, il suo punto di forza. Interrogativi retorici forse, e che forse troveranno risposta solo nella quarta stagione. Forse.

1.5

 

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