L’attesa per questa terza stagione di The Affair era davvero tanta: con lo scorso finale di stagione le due timeline su cui si dipanava la storia si erano congiunte e nessun indizio era stato lasciato riguardo a come verranno raccontati gli eventi di questa nuova stagione. Al tempo stesso, eravamo desiderosi di capire cosa sarebbe successo a Noah dopo l’inaspettato colpo di scena finale.
Questa terza stagione riparte proprio da Noah, e lo fa con una struttura narrativa inedita, che va a sacrificare, forse in un nome di un nuovo inizio, l’elemento distintivo di The Affair: il dualismo. Niente metà distinte per due POV distinti, niente due facce della stessa medaglia: la premiere della terza stagione è totalmente incentrata su Noah Solloway, sulla sua nuova vita dopo tre anni di carcere.
Un uomo fondamentalmente cambiato, perseguitato dai fantasmi del carcere e non solo, in preda ad attacchi di panico, con un rapporto con i figli totalmente da ricostruire, dato che ai loro occhi – come a quelli del mondo – è un criminale. Nonostante tutto, la verità non dovrà essere loro rivelata, ormai la sua decisione è presa. Ed è interessante in questo senso il parallelo tra questo loro rapporto incrinato dagli eventi e quello travagliato tra lo stesso Noah e il padre, che si perpetra anche dopo la morte di questi, in un improvvisato e traballante elogio funebre. Nondimeno, anche il suo ritorno ad una vita normale appare difficile, frustrante: dall’accettazione di un ex detenuto nella comunità accademica ai severi controlli cui è sottoposto, presumibilmente in virtù di qualche accordo di libertà vigilata.
Una regia attenta e una fotografia cupa ci aiutano ad addentrarci nel suo perenne sentimento di angoscia, nella tristezza della sua condizione, nella sua rassegnazione. Dobbiamo necessariamente citare le ansiogene sequenze degli attacchi di panico e di quelle che consideriamo – almeno fino al colpo di scena finale – manie di persecuzione, la bellissima sequenza all’enoteca, la dovizia di particolari come quello delle formiche che camminano in fila sul bordo del lavello, a sottolineare quanto sia caduto in basso rispetto agli agi della sua vita precedente.
Ma a dispetto di quanto possa sembrare finora, non siamo di fronte ad una tabula rasa del personaggio. No, il vecchio Noah Solloway, i suoi conflitti interiori, le sue passioni sono ancora lì, e la loro presenza è in un certo senso sottolineata dalle motivazioni date alla giovane Audrey riguardo l’episodio dell’albero in The Descent:
Noah: I think sex can be about both wanting and not wanting. It’s a war between the intellect and instinct, between shame and desire.
Nonostante tutto ciò che è successo, il cuore di Noah è ancora lacerato da questa dicotomia: se in carcere, esteriormente, arriva a promettere un futuro ad Helen – chiaramente in debito con lui -, il suo cuore lo porta a dover trovare conforto nella voce di Alison, anche solo attraverso il messaggio di una segreteria telefonica. E probabilmente, il negarsi ad Helen ora che è libero potrebbe essere sintomatico di una passione mai sopita.
Dominic West si dimostra all’altezza del suo ruolo di protagonista nel reggere un’intera premiere sulle sue spalle, pur coadiuvato da ottime coprotagoniste femminili, dalla sorella Nina (Jennifer Esposito) alle new entry Sarah Ramos (ex Parenthood) nel ruolo di Audrey e Irène Jacob in quello di Juliette. Fa anche una breve comparsa la bravissima Maura Tierney, ma non abbastanza da regalarci le solite intense emozioni. Siamo confidenti di un suo maggiore spazio nei prossimi episodi.
Un’assenza pesante, almeno fino al cliffhanger finale, quella della parte più squisitamente crime che sin dal pilot fa da sfondo alle vicende passionali dei due amanti clandestini. Non c’è più un colpevole da catturare, né l’identità di un cadavere da svelare, tutto fa pensare che questa nuova edizione procederà diversamente. Eppure, gradualmente abbiamo il sospetto che quella di Noah non sia semplicemente una mania di persecuzione, che qualcosa di losco e di pericoloso sia accaduto nei tre anni precedenti, ma fino alla fine pensiamo che queste supposizioni siano unicamente frutto di una sapiente regia che vuole esasperare le paranoie del protagonista. Almeno fino ai minuti finali, in cui The Affair si trasforma in un vero e proprio thriller e Noah viene brutalmente colpito alle spalle, e lasciato grondante di sangue sul pavimento.
Una premiere assolutamente da apprezzare nonostante quello che è un po’ il peccato capitale di The Affair: un’eccessiva lentezza che si soffre sempre un po’ in episodi introspettivi come questo. A dispetto di ciò però, ci lascia pieni di interrogativi – quando non abbiamo ancora visto né Alison né Cole – e con un’enorme curiosità sul proseguo degli eventi nonché del resto della stagione. Davvero i POV saranno abbandonati a favore di una narrazione più classica? Noi speriamo di no, però siamo sicuri che il livello qualitativo dello show non subirà troppi contraccolpi quand’anche questo scenario dovesse essere confermato.
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