Suburra1×01 21 giorni

Series Premiere La prima produzione originale Netflix made in Italy non delude le aspettative, intrecciando una tela fittissima di personaggi senza possibilità di redenzione sulla corale disfatta della giustizia, del bene e della legalità in una Roma che marcisce dalle fondamenta.

8.3

Non si rimane certo indifferenti a questa season première di Suburra, che stupisce prima di tutto per la quantità di personaggi messi sul palcoscenico capitolino: un’interminabile infilata di api operose impegnate nella costruzione di un alveare di corruzione e illegalità. Se in 1992 il gioco narrativo era raccontare attraverso dichiarati personaggi di fantasia una parte della storia italiana che è vera e propria mitologia, la risposta di Netflix alla produzione di Sky, che racconta gli anni di Tangentopoli, sta nel creare un intero universo fantastico ma ambientato negli anni in cui Mafia Capitale cominciava ad espandersi senza controllo, e silenziosamente si infiltrava tra i sampietrini di Roma, rendendo queste vicende drammaticamente plausibili.

La differenza più lampante tra le due serie sta però nel modo in cui i personaggi sono legati alle città in cui si svolge la narrazione. Leo Notte, interpretato da Stefano Accorsi è di fatto l’unico personaggio macchietisticamente milanese in 1992. In Suburra, al contrario tutto è pervaso di profonda e radicata romanità. Sarà il forte accento di quasi tutti i protagonisti, sarà per i lavori che questi svolgono, (cardinali, funzionari, ristoratori del lido ostiense, e su tutti i politici) ma qui la città diventa un ulteriore personaggio. Roma non è sullo sfondo. Roma è viva e vibrante vittima e carnefice, quando in quell’idea di Stefano Accorsi Milano è solo un angolo di mondo in cui ambientare una storia.

In questa prima puntata viene messo subito sul piatto un appezzamento di terra sul lido di Ostia, di proprietà del Vaticano, che fa gola alla quasi totalità dei protagonisti della serie, per motivi diversi e ovviamente inconciliabili tra loro. Dei personaggi “originali” del film di Stefano Sollima del 2015 ritroviamo un biondissimo Alessandro Borghi nel ruolo di Aureliano Numero 8 e Giacomo Ferrara in quello di Spadino. Il Samurai, prima interpretato da un monumentale Claudio Amendola, qui ha il volto di Francesco Aquaroli. Aureliano è la scheggia impazzita della serie; se tutti cercano di inculcare terrore in maniera sottile e affabulatrice nel prossimo, lui è uno che arriva e spacca tutto. Non risparmia fervente livore di fronte all’immobilità del padre rispetto alle sue idee “imprenditoriali” da piccolo boss di quartiere. Distribuisce un’incontenibile furia cieca verso i Rom, che vogliono espandere il loro territorio, fino a massacrare uno di loro fracassandone il cranio sull’asfalto.

Spadino è il personaggio più sfaccettato in assoluto. Rom Sinti, promesso sposo contro la sua volontà alla figlia di un’altra potente famiglia. Pochissime battute per questo ragazzo schiacciato tra un matrimonio combinato e la sua vera natura di delinquente rom omosessuale non dichiarato, che si presenta alla festa del suo fidanzamento ubriaco fradicio e con la morte nel cuore. Qui vediamo la sua futura moglie, di rosso vestita, bellissima e con un sorriso vero e spiazzante. Al contrario di tutti gli altri protagonisti viene introdotta lentamente nella scena, di schiena prima e con un primo piano da rimanere senza fiato poi, l’unico spiraglio di purezza in tutta la storia di marciume che è Suburra fino a quel momento. Sara Monaschi (Claudia Gerini), un revisore di conti vaticani, è uno dei motori narrativi della genesi della serie. La sua vicinanza al clero che conta la rende artefice del festino a base di “coca e mignotte” che lascerà in fin di vita un “monsignore” con potere decisionale sulle sorti di quel terreno conteso. Incastrato in questo twist troviamo Lele (Eduardo Valdarnini), minuscolo spacciatore ed ex amante di Sara, con un debito di ventimila euro da saldare in breve tempo; insieme a Aureliano e Spadino tenterà di ricattare il malcapitato prelato furbacchione, che tutto ignudo ha ben visto di collassare ai piedi dei tre durante il festino.

Su tutti questi personaggi vigila minaccioso il Samurai, che come l’occhio di Mordor tutto sa e tutto vede, e intreccia relazioni con ogni singolo attore in scena. Vuole che quei terreni vadano in mano alla mafia del sud per farne un vero e proprio porto della droga. Arriva persino a insinuarsi nelle pieghe di quella politica buona, leale, amica delle periferie più disagiate di cui Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro) è il portavoce senza macchia, ma con le scarpe bucate, in un consiglio comunale prossimo allo scioglimento a causa delle dimissioni del sindaco. Palazzo Marino è a un passo dal caos generato dal gioco delle poltrone e il Samurai riesce a insinuare nella testa dell’ormai stanco Amedeo, l’idea di candidarsi a sindaco avendo proprio lui come alleato principale.La regia di Michele Placido in questa overture segue il percorso tracciato da Sollima nel film originale, proponendoci una Roma ordinaria e bellissima, senza ruffianate alla Sorrentino e quasi documentaristica di giorno, mentre di notte offre una versione decisamente più cinematografica, torbida, piena di ambienti illuminati da luci colorate. Perché è di notte che i torbidi meccanismi narrativi si possono esprimere appieno. L’immagine di apertura ne è un meraviglioso esempio: un lunghissimo effetto vertigo sul vialone che conduce a San Pietro, con la basilica e il corso che si comprimono asfissiantemente.

Questa prima puntata getta delle ottime premesse su tutta la serie, e fa moltissime promesse che speriamo non vengano disilluse. La qualità Netflix nella messa in scena dei drammi si sente tutta, e c’è da scommettere che affonderemo con Roma nel marcio per molto tempo.

  • 8.5/10
    Storia - 8.5/10
  • 8.5/10
    Tecnica - 8.5/10
  • 8/10
    Emozione - 8/10
8.3/10

Riassunto

Il primo Netflix made in Italy non delude le aspettative: la storia integra in modo efficace passaggi significativi e vicende di contorno. Tecnicamente intenso e curato, all’altezza delle altre produzioni del colosso di streaming. Emotivamente ricco di sfaccettature talvolta inaspettate.

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8/10 (3 votes)

Porcamiseria

8.3

Il primo Netflix made in Italy non delude le aspettative: la storia integra in modo efficace passaggi significativi e vicende di contorno. Tecnicamente intenso e curato, all'altezza delle altre produzioni del colosso di streaming. Emotivamente ricco di sfaccettature talvolta inaspettate.

Storia 8.5 Tecnica 8.5 Emozione 8
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