SpecialiDeconstructing TV Shows: gli episodi più strani delle serie TV

Che diavolo ho appena visto? È quello che direte dopo aver guardato uno tra gli episodi che vi suggeriamo nella nostra lista delle puntate più strane apparse in TV.

Titoli di coda

La vita seriale di ogni spettatore procede fondamentalmente secondo cicli spesso identici riguardanti ogni volta show differenti. La continuità non è una prerogativa esclusiva interna alla serie, ma coinvolge la vita stessa di chi la segue, scandendo il lungo calendario annuale secondo giorni prestabiliti in cui la visione si ripete sacra come un rito. A questa regolarità può capitare (ed è bene che capiti) di essere interrotta da alcuni particolari episodi. Certo, normalmente la première e il finale circoscrivono i limiti del rito e rappresentano gli apici di una serie.

Tuttavia ci sono episodi inaspettati, disseminati accidentalmente in mezzo a un regolare flusso seriale, che rapiscono più degli altri e si imprimono con forza nella mente dello spettatore

Game of Thrones, ad esempio, ha serializzato questa capacità di sorprendere, dedicando al nono episodio di ogni stagione eventi clou, guadagnando sicuramente in spettacolarità quanto ha sacrificato in capacità di sorprendere lo spettatore nell’arco stagionale.

Oggi vogliamo presentarvi alcuni di questi episodi che si sono distinti per una decostruzione degli standard narrativi classici, presentando in cambio strutture stranianti. Non si tratta (solo) di trame particolari, ma di aspetti formali che hanno contribuito a rendere queste puntate memorabili e uniche, pur essendo perfettamente inserite nel contesto narrativo. L’elenco è sicuramente limitato, e sarebbe molto interessante scoprire nei commenti quali sono i vostri episodi strani, quelli che più ricordate per la loro peculiarità, capace di incantarvi ogni volta che li rivedete.

Rimedi alla teoria del caos (Remedial Chaos Theory) – Community 3×04

Per chi scrive iniziare con Community è doveroso: difficilmente troverete in giro una comedy così capace di reinventarsi episodio dopo episodio e tenere al contempo fede alla caratterizzazione dei protagonisti. Per questo motivo scegliere una sola puntata tra le tante particolari è stato complicato. In lizza c’erano gli imperdibili Modern Warfare (1×23), dove una partita di paintball degenera in guerra, Advanced Dungeons & Dragons (2×14), che è strutturato alla maniera di una partita dell’omonimo gioco, e Digital Estate Planning (3×20), una puntata con i protagonisti trasformati in avatar ad 8-bit; ma, inevitabile, il giudizio finale è ricaduto sulla quarta puntata della terza stagione.

Remedial Chaos Theory racchiude l’essenza di Community, trasformando una situazione tipica in sei scenari assurdi. La serie è incentrata sulle improbabili vicende vissute da un gruppo di studio composto da personalità differenti. Nell’episodio specifico, coinvolti in una cena di “inaugurazione” dell’appartamento di due di loro, i sette protagonisti si ritrovano a dover decidere a chi spetta l’oneroso compito di andare a prendere le pizze. Per farlo ricorrono alla sorte lanciando un dado, dando così il via a sei realtà alternative in cui l’assenza di ognuno di loro porta a conseguenze differenti ed estremamente comiche.

Nello spirito della serie abbondano in questo episodio citazioni nerd, metatesti e parodie di altri show e film, senza però perdere di vista le dinamiche del gruppo e il peso che ogni componente ha all’interno dell’equilibrio precario di quel sistema. La costruzione di ogni universo parallelo si sussegue nell’arco di soli venti minuti e, al netto delle tante risate, regala allo spettatore un quadro molto più chiaro dei personaggi. L’episodio si è anche aggiudicato diversi premi per la scrittura ed è stato eletto da Splitsider come “Best Sitcom Episode of All Time”, battendo sul finale Marge contro la monorotaia (MONOROTAIA – MONOROTAIA!)

L’urlo che uccide (Hush) – Buffy 4×10

Su Buffy ci sarebbe ben poco da dire, dato che è stato uno primi fenomeni seriali dei millenials. Purtroppo c’è in giro qualche pazzo che ancora non l’ha vista o la maledetta abitudine di riprodursi ha generato prole che per motivi cronologici non ha vissuto l’effetto-Cacciatrice. Oltre ai nostri improperi, a loro è rivolto questo breve sunto della serie, narrante le gesta di una ragazza destinata a combattere vampiri e altri mostri mentre tenta di districarsi, con uno stile che ricorda molto la Marvel, tra i grandi problemi che il crescere comporta. Nell’arco di sette stagioni vediamo Buffy e i suoi amici crescere e maturare, senza perdere il gusto per l’ironia persino nel momento della peggiore apocalisse.

Come per Community, anche Buffy conta diversi episodi particolarissimi tra i molti andati in onda, grazie all’estro creativo di Joss Whedon 

Once more with feeling (6×07) è certamente quello più caro ai fan e uno dei più famosi, completamente girato come un musical e perfettamente integrato nell’atmosfera e i temi della serie e della stagione stessa. Anche The Body (5×16) ha un effetto straniante sullo spettatore, sia per il forte colpo di scena, sia per la mancanza di commento sonoro per tutta la durata dell’episodio; così come The Zeppo (3×13), in cui il protagonista della puntata è Xander, impegnato in una solitaria battaglia contro l’ennesima apocalisse con il resto del gruppo a fargli da sfondo.

L’oro tuttavia spetta a Hush, unico di tutta la serie ad essere candidato all’Emmy per la miglior sceneggiatura in un drama. Al di là del riconoscimento, Hush è un episodio estremamente semplice nella trama ma incredibilmente straniante nella forma: un gruppo di mostri dalle reminiscenze fiabesche arriva a Sunnydale e ruba la voce a tutti, così da potersi appropriare di sette cuori indisturbatamente. Buffy si mette sulle loro tracce e nel farlo scoprirà quanto possa essere problematica la comunicazione tanto nel parlato quanto nel silenzio.

L’episodio raccoglie in parte l’eredità di Tim Burton nel narrare una moderna fiaba gotica, focalizzandosi sul linguaggio, l’uso improprio che ne facciamo, e la paradossale mancanza di comunicazione (personale, tra Riley e Buffy, e sociale, come esemplificato dagli studenti che non aprono la porta a chiede aiuto) nel periodo più “babelico” della storia. Dei 44 minuti di episodio solo 17 presentano dialoghi: ciò da una parte rafforza la tensione dell’atmosfera e dall’altra non toglie spazio ai ricorsi alla comicità muta, capace di regalare momenti esilaranti come quello di questa gif.

Un giorno da non rivivere (The Longest Day) – Dawson’s Creek 3×20

Altro fenomeno seriale di fine anni novanta, Dawson’s Creek non si è distinto per particolari guizzi creativi formali, rifacendosi agli standard narrativi tradizionali con pochissime eccezioni, quasi tutte ispirate a film cult, come ad esempio Detention-Breakfast Club (1×07), The Unusual Suspects (4×08) o l’episodio stand-alone di Joey Downtown Crossing (5×15). La serie è incentrata sulle vicende amorose del protagonista e del suo gruppo di amici, che in sei stagioni affronteranno il duro compito di crescere. Sul finire della terza stagione, la neonata relazione tra Pacey e Joey viene rivelata a Dawson in una puntata decisamente atipica, che mostra la stessa giornata ma con punti di vista differenti per ogni protagonista.

The Longest Day presenta cinque versioni del medesimo, importantissimo (ai fini della trama) giorno, catturando alla perfezione le reazioni dei personaggi e mostrando i processi che hanno portato a quel tipo di risposta, suscitando empatia per ciascuno dei protagonisti, di cui (letteralmente) viviamo la giornata. Il tradizionale nodo narrativo del “dobbiamo dirglielo” assume così contorni diversi e decisamente più interessanti, facendo luce non solo sui tre amanti/amici, ma sul microcosmo che li circonda.

L’ispirazione per l’episodio arriva probabilmente dal film Go-Una notte da dimenticare, uscito appena un anno prima e con Katie Holmes nel cast, oltre alla quasi certa influenza di Rashomon di Kurosawa. Se volete sentirvi vecchi, dategli nuovamente un’occhiata, ci penserà Dido nella OST a cullarvi sul viale dei ricordi.

La costante (The Constant) – Lost 4×05

Lost è un’altra serie che ha bisogno di pochissime presentazioni, che ha probabilmente dato il via all’era seriale più matura della TV. La trama gira intorno a un gruppo di sopravvissuti a uno schianto aereo che si trova ad affrontare gli incredibili misteri dell’isola su cui si trova. La struttura della serie stessa è atipica, col suo alternare il presente ai flashback, ai flashforward e ai flash-sideways, curvando a piacimento la linea del tempo, sempre coerentemente con le esigenze narrative, nel rispetto primario della caratterizzazione dei personaggi. Non mancano episodi memorabili in Lost, i più particolari dei quali (fatta eccezione, come già detto, per première e finali) anche in negativo (sì, mi riferisco a Exposè (3×14), che racconta gli eventi principali della storia dal punto di vista di chi l’ha vissuta marginalmente).

A fare breccia però nel cuore degli spettatori è stato sicuramente The Constant, che racconta il momento dell’incontro (seppur telefonico) tanto atteso tra Desmond Penny. Lo fa scegliendo una soluzione letteralmente paradossale, affondando le mani nella metanarrazione e rivoltando contro se stessa la struttura formale che finora aveva adottato. I flashback, fino alla terza stagione un espediente esclusivamente stilistico, entrano con questo episodio nella trama stessa della serie, come componente imprescindibile per la soluzione dell’episodio.

Testo e metatesto fanno da sfondo alla più classica delle storie d’amore senza però mai banalizzarla, dosando con sapienza tensione e momenti distensivi, fino all‘indimenticabile climax della telefonata, volta a far rientrare la narrazione nei ranghi, e a tornare sulla strada tracciata. Un episodio reso memorabile dal montaggio accurato, dall’ottima interpretazione dei protagonisti e dall’incredibile composizione musicale di Michael Giacchino; elementi che sono valsi alla puntata ben tre candidature agli Emmy.

Midnight (Midnight) – Doctor Who 4×10

Gli episodi di Doctor Who sono portati naturalmente ad essere particolari (quantomeno nel contenuto), data la componente sci-fi declinata secondo alcuni dei migliori sceneggiatori del mondo (Neil Gaiman, Steven Moffat e molti altri). Puntate come Blink (3×10), The Doctor’s Wife (6×04), The God Complex (6×11) restano bene impresse nella memoria degli spettatori e sono meritatamente in alte posizioni nelle classifiche delle preferite. La trama della serie racconta le gesta di un alieno dall’aspetto umano, il Dottore, che viaggia nello spazio e nel tempo su una cabina telefonica della polizia inglese degli anni sessanta. Nel farlo è quasi sempre accompagnato da un terreste, con cui affronta avventure assurde.

Midnight rientra in quella preziosa stagione che è la quarta dal revival del 2005, ultima con Russell T Davies come showrunner, con episodi bellissimi come The Waters of Mars (4×16) o Planet of the Dead (4×15). Tuttavia Midnight si distingue dagli altri per un aspetto formale completamente votato alla trama, che lo rende più particolare: durante una gita su un pianeta di diamante, un mezzo spaziale si blocca e viene attaccato da una misteriosa e inquietante creatura aliena che si impossessa di uno dei passeggeri, cominciando a ripetere ossessivamente tutto quello che sente.

L’episodio si svolge interamente all’interno della corriera spaziale, con gli otto passeggeri messi alle strette e incalzati a prendere una decisione dalla tensione e dalla paura. Il continuo doppio audio è straniante, e contribuisce a rendere più inquietante l’atmosfera: è l’occasione per mettere sul piano temi rilevanti come il venir meno dell’umanità di fronte all’istinto di sopravvivenza o la paura del diverso e le reazioni che questa suscita. È inoltre un ottimo pretesto per vedere un giovane Colin Morgan prima che indossasse i panni magici di Merlin, e per sentire Do it, do it again, la versione inglese di A far l’amore comincia tu, in un contesto decisamente creepy.

The Return, Part 8 – Twin Peaks 3×08

Negli anni novanta Twin Peaks era già una serie atipica, tanto che con solo due stagioni è riuscita a ottenere imperituro successo ed è stata acclamata da pubblico e critica. La visionarietà di David Lynch, da allora, ha avuto modo di esprimersi esclusivamente al cinema fino all’attesissimo ritorno alla TV, in un momento televisivo che, come detto, è il più maturo per la narrazione seriale. Il ritorno di Twin Peaks sembra aver mantenuto le promesse e confermato le alte aspettative che si erano create (ve lo diciamo qui), e per qualcuno è già la migliore serie del 2017. Lynch sembra non aver perso affatto il proprio tocco, e lo dimostra nell’ottavo episodio di questa stagione, coronamento dell’immaginario lynchiano e sconfinamento dell’onirico nel televisivo.

Formalmente The Return, Part 8 non è eccessivo, sconvolgono più il figurativo e l’allegorico che non il visibile. Ciononostante, l’esplosione dell’atomica squarcia in due l’episodio facendo detonare anzitutto il montaggio, in preda a convulsioni epilettiche che richiamano le suggestioni di Kubrick e Malick. Il resto dell’episodio vira sul bianco e nero, suggerendo manichee scissioni in cui le sfumature si perdono e il male e il bene hanno contorni ben definiti.

Titoli di testa

Segnaliamo infine, tra gli altri memorabili:

  • il discusso Caccia grossa (Fly) – Breaking Bad 3×10, in cui l’ossessione melvilliana di Walt per una mosca diventa il pretesto per trasformare un bottle episode in un confronto tra due diverse visioni del mondo. Pochi guizzi tecnici originali, ma tantissima carne al fuoco gestita benissimo.
  • Shadow King (Chapter Seven) – Legion 1×07, la summa di un’intera stagione giocata secondo schemi visivi atipici e richiami musicali imperdibili. Il settimo episodio di Legion sintetizza alla perfezione il perché questa serie di supereroi è qualitativamente una spanna sopra le altre, spodestando la rivale Daredevil. La trama, ben costruita e interessante, qui è al servizio della forma.
  • 4.722 ore (4.722 Hours) – Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. 3×05. Questa serie Marvel ha un andamento piuttosto regolare, ma si è regalata un’eccezione durante la terza stagione, confezionando una puntata che devia dalla struttura corale per focalizzarsi esclusivamente su un personaggio, immerso in una straniante fotografia cianotica che aumenta la sensazione di solitudine.