SpecialiDa Carol a San Junipero: la rivoluzione queer comincia (anche) dal grande schermo

San Junipero, uno degli episodi più amati di Black Mirror, ha conquistato pubblico e critica, come dimostrato dalla recente vittoria agli Emmy. I prestigiosi riconoscimenti potrebbero finalmente ridare dignità ad una larga fetta di pubblico che è sempre stata raffigurata con sufficienza sul piccolo e grande schermo, facendo capire quanto sia importante una corretta rappresentazione dei personaggi queer, senza sfociare nella caratterizzazione stereotipata.

In occasione della duplice vittoria agli Emmy Awards è tornato al centro dell’attenzione mediatica il celebre quarto episodio della terza stagione di Black Mirror, San Junipero, candidato nella categoria “Outstanding TV Movie” accanto a Dolly Parton’s Christmas Of Many Colors: Circle Of Love, Sherlock: The Lying Detective, The Immortal Life Of Henrietta Lacks e The Wizard of Lies. Lo showrunner e sceneggiatore dell’episodio, Charlie Brooker, ha vinto la statuetta per “Outstanding Writing for a Limited Series, Movie or Dramatic Special”, dimostrando come l’episodio sia riuscito a guadagnarsi il calore sia di pubblico che di giuria (quest’ultima, poi, già gli aveva assegnato il GLAAD Media Award per “Outstanding Individual Episode”). La vittoria ha significato molto di più di un semplice riconoscimento televisivo a livello internazionale (l’equivalente del premio Oscar per il cinema): grazie alla rappresentazione dell’amore tra due ragazze, Yorkie (Mackenzie Davis) e Kelly  (Gugu Mbatha-Raw), l’episodio potrebbe finalmente ridare dignità ad una larga fetta di pubblico che è sempre stata rappresentata con sufficienza sul piccolo e grande schermo (la campagna #BuryYourGays, divenuta virale l’anno scorso dopo l’ennesima uccisione di un personaggio queer in una serie-tv, ne è la conferma).

Il malinconico e romantico San Junipero ha conquistato il pubblico senza speranza di ritorno e si conferma come uno degli episodi più amati di tutte e tre le stagioni. Dopotutto, narra una storia apparentemente semplice e che, forse, è capitata a tutti almeno una volta: una cittadina balneare sullo sfondo, la persona di cui siamo innamorati e di cui cerchiamo di attirare l’attenzione. Nulla è come sembra, a parte l’amore. Le attrici ci raccontano le fasi dell’innamoramento, con grandi differenze; se Yorkie è vulnerabile e fragile (l’ansia palpabile di lei che fugge sotto la pioggia dopo il primo tentativo di approccio di Kelly, prima di voltarsi un’ultima volta e alzare lo sguardo, colpisce così intensamente lo spettatore da fare quasi male), Kelly ha già avuto una vita piena ed il suo avatar la rispecchia fedelmente. La notte scende rapida e se, da un lato, appare Yorkie che a bordo pista fissa l’amore della sua vita, Kelly è affamata di avventure.

La scia dei dettagli che la puntata dissemina prima della rivelazione è geniale, a partire dal fantomatico ragazzo di Yorkie ed arrivando al videogioco che osserva dentro al bar (viene rapidamente inquadrato un incidente). Si capisce fin da subito che qualcosa non è “al suo posto”; dopotutto, i continui riferimenti alla mezzanotte sono espliciti e non troppo difficili da decodificare, mentre altri dettagli sono più complessi da cogliere (durante la scena del ballo, mentre la musica si affievolisce e le immagini rallentano, è possibile percepire in lontananza il suono della sirena di un’ambulanza e di un respiratore – per i fan più incalliti basta seguire questo link per scoprire ogni rimando musicale e cinematografico).

La corsa fino alla casa sulla spiaggia – senza alcun dialogo, interrotta solo dal vento – è letteralmente una corsa contro il tempo. Le foto disseminate in casa – indizio sofisticato – conducono alla camera da letto e nel “teach me how” di Yorkie è racchiusa tutta la complessità di questo personaggio. Il lavoro di regia di Brooker si è dimostrato di alto livello; come in un precedente episodio della serie, quest’ultimo diretto da Owen Harris, Be Right Back, è di nuovo la morte, accanto all’amore, la vera protagonista. Eros e Thanotos si riuniscono, per poi separarsi di nuovo, grazie alla tecnologia rappresentata dal TCKR System e che permette a Yorkie di morire con dignità per poter poi vivere nell’universo degli avatar di “San Junipero”.

La connessione tra Yorkie e Kelly è reale e destinata a durare, perché fa parte di uno di quegli incontri che accadono poche volte nella vita e che vorresti trattenere per sempre

La cittadina attira come un magnete l’attenzione dello spettatore (le riprese furono ultimate a Cape Town) e mai oltre misura appaiono anche alcuni dettagli: l’inquadratura della luna che si riflette nella pozzanghera che attraversa Yorkie, prima di entrare nel locale; gli occhiali abbandonati sulla spiaggia, simbolo di libertà. Nonostante gli aspetti negativi che l’episodio ci illustra mentre la storia si sviluppa, la connessione tra Yorkie e Kelly è reale e destinata a durare, perché fa parte di uno di quegli incontri che accadono poche volte nella vita e che vorresti trattenere per sempre. Non è problematica l’eternità, ma sapere di viverla senza la persona che si ama. C’è chi considera il finale negativo e totalmente in linea con la patina distopica dalla quale è avvolto Black Mirror, in quanto costringe le protagoniste a vivere in una realtà artificiale. È un peccato che Yorkie e Kelly, accompagnate da Belinda Carlisle verso il tramonto, che è anche l’alba della loro vita insieme, senza più orologi da temere, non possano chiarirci il finale.

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Sebbene si tratti di una pellicola cinematografica e non di un episodio televisivo, Carol, rilasciato nel 2015, ha dei punti di contatto con San Junipero. Lo spettatore entra in sintonia con i personaggi attraverso le vetrate di una tavola calda e le luci al neon di un locale. Therese, una delle due protagoniste, scruta il mondo dal finestrino bagnato del taxi e l’inquadratura sul trenino che vorrebbe acquistare Carol, facoltosa newyorkese, è il simbolo della vita perfetta della donna, prima che l’incontro con la commessa (Therese) la porti a deragliare dai binari.

Il punto di vista delle protagoniste è messo in primo piano dal direttore della fotografia; Lachman stesso ha dichiarato in più interviste di essersi ispirato al fotogiornalismo newyorchese degli anni cinquanta, selezionato attraverso lo sguardo femminile di Vivian Maier, Ruth Orkin, Helen Levitt. Pittura e fotografia, così, svaniscono sullo schermo: la pioggia è ripresa sempre sui finestrini, mai sul selciato. Lo sguardo di Therese non è “pulito”, mai a fuoco: qualcosa si intromette sempre tra lei e gli oggetti/persone circostanti: la condensa stessa modifica i colori (il regista utilizza questo metodo per esprimere anche la confusione identitaria di Therese stessa), rendendo i confini sempre meno nitidi e, al contrario, sempre più onirici.

L’occhio di Therese è quello della macchina fotografica che porta sempre con sé, una fessura in mezzo al brulicare continuo della vita, degli schiamazzi della quotidianità. L’amore nasce da uno scambio di sguardi a cui, più tardi, subentra il contatto corporeo che apre la sequenza iniziale del film, mentre lo sguardo la chiude. Carol tocca – anzi, sfiora – la spalla di Therese in quella che appare la scena di un addio; tramite le mani (quelle tremanti di Therese al piano, quelle sicure di Carol che le accarezza la spalla) avviene il dialogo e l’interazione nell’abitazione della donna. La colonna sonora di Burwell aumenta il senso di straniamento dei personaggi rimanendo estremamente intima, come fragile è l’esecuzione al piano di Therese.

Alla fine, la giovane protagonista riesce a guardare Carol direttamente tramite i suoi occhi e, di conseguenza, anche i colori assumono una tonalità calda; l’amore finalmente si consuma, sempre in maniera delicata, mai affrettata e volgare (Therese trema). I gesti quotidiani delle due attrici valgono ad entrambe la candidatura agli Oscar ed introducono lo spettatore in un mondo tipicamente femminile fatto di rossetti, profumi e vestiario: la cura degli interni, come degli abiti, non eccede mai nel mero estetismo. Nelle scene finali, lo spazio esterno viene sempre visto dall’interno; nello specifico, da una finestra dell’abitazione in cui si sta svolgendo una festa. Quando Therese si decide ad affrontare il suo destino, fuggendo da quell’inutile party, trova ad accoglierla il freddo della sera e il buio della sala – in contrasto con la coppia abbracciata che cammina sul marciapiede – mentre il fotogramma successivo mostra tutto il calore e la luce del volto sorridente di Carol.

L’intero film è dominato da una regia in cui regnano il controllo, la misura, l’elemento apollineo (applicando una categoria filosofica al cinema) che caratterizzano tutti i personaggi. Non ci sono battute fuori posto, il pubblico non partecipa a scene realmente tragiche: nemmeno quelle con il marito e la figlia lo sono, anche se esse si rivelano strazianti. La lentezza – ampiamente rimproverata – che circonda la pellicola rimane un elemento essenziale per il graduale sviluppo del sentimento che lega le due attrici, evidente fin dalla prima scena, da quei guanti abbandonati e dagli sguardi che si scambiano le protagoniste. La vera tragicità non appare sullo schermo (il marito non è poi così terribile, l’amore tra Carol e Therese non è veramente totalizzante e mai realmente romantico – nel senso letterario del termine), come invece accade per San Junipero. Anche se il contrasto tra l’innocenza di Yorkie e la consapevolezza di Kelly di poter finire un domani nel mondo ormai privo di senso dei frequentatori del Quagmire aleggia sullo sfondo, entrambe decidono di fare un salto nel buio, vivendo il loro amore in una realtà virtuale.

Kerry: Wanna marry me instead? It’s just Greg seems great, but why not someone you’ve connected with?

Speriamo che anche Hollywood ed i canali televisivi capiscano l’importanza di una corretta rappresentazione dei personaggi queer, senza sfociare nella caratterizzazione stereotipata o, ancora peggio, nella morte prematura di uno dei due. La presenza di protagonisti LGBT, che non dovrebbe essere percepita come novità o stravaganza, si rivela necessaria nel momento in cui può diventa un nuovo esempio e fa capire agli spettatori che i diversi modi di vivere la sessualità non sono più un tabù.