Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D.4×09 Broken Promises – 4×10 The Patriot

Agents of S.H.I.E.L.D. riprende la sua corsa dopo l’infuocato midseason finale, tra androidi malvagi, organizzazioni terroristiche e un direttore che nasconde un incredibile segreto: l’ennesima conferma dell’invidiabile capacità della serie di rinnovarsi continuamente pur mantenendo saldi i propri elementi di base.

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Agents of S.H.I.E.L.D. cambia completamente il focus del suo impianto narrativo e, con questa coppia di episodi, dà il via alla seconda parte di stagione in maniera decisamente esplosiva, tra elementi totalmente nuovi e vecchie trovate che ritornano in vesti rinnovate.

Risponde il Life Model Decoy di Tony Stark

L’arrivo dei Life Model Decoy era nell’aria già da molto tempo nell’Universo Cinematografico Marvel, fin da quando erano stati citati da Iron Man in The Avengers. Persino agli albori di Agents of S.H.I.E.L.D., nel fandom girava la teoria che Coulson fosse proprio un LMD, a giustificare il suo ritorno dalla morte. Eppure è solo ora, a metà della quarta stagione, che la serie gioca ufficialmente questa carta, e lo fa esattamente come ci ha abituati ad aspettarci: proponendoci un nuovo status quo e ribaltandolo completamente nel giro di due puntate.

È il caso, per esempio, proprio della storyline di Aida. Nel midseason finale avevamo visto l’androide rimpiazzare May con una sua copia robotica; e sebbene Agents of S.H.I.E.L.D. sia ormai nota per non mantenere i segreti troppo a lungo, nessuno si sarebbe aspettato di veder rivelata la malvagità di Aida da subito. Anche qui, ovviamente, nulla è lasciato al caso, e ogni segreto rivelato è subito rimpiazzato da un nuovo colpo di scena: Aida non è mai stata cattiva, ma si è trattato fin dall’inizio di un elaborato piano di Radcliffe per impossessarsi del Darkhold. O almeno così sembra, perché forse – come abbiamo visto in The Patriot – la nuova Aida non sembra così entusiasta di sottostare alle volubili volontà del suo creatore. Senza contare che la LMayD – nome tremendo coniato dal reparto marketing della serie – non è assolutamente conscia del suo essere artificiale, ma funge al contempo da spia di Radcliffe all’interno dello S.H.I.E.L.D.

Insomma, un gran casino. Ma il bello è che la serie riesce a non aggrovigliarsi su se stessa, e quella che qui è volutamente raccontata come una trama intricata e complicata viene raccontata con la classica naturalezza e la consueta attenzione ai rapporti tra i personaggi che contraddistinguono la creatura della ABC. Spiace solo che Ghost Rider sia stato messo da parte così in fretta, citato appena nelle prime battute del nono episodio.

Undercover Boss

L’altra grande star di questi due episodi è senza dubbio Jeffrey Mace. Sapevamo che il direttore dello S.H.I.E.L.D. nascondesse qualcosa, ma che non fosse per nulla Inumano – anzi, è decisamente umano, con tutte le paure e le debolezze che ne derivano – non ce lo aspettavamo proprio. Questa mossa, che lo vede declassato da capo dello S.H.I.E.L.D. a innocua pedina nelle mani del governo americano, ha però il vantaggio di rendercelo decisamente più digeribile. Il “nuovo” Mace, in netto contrasto con la sua definizione di “Patriot” (che poi è il suo alter ego fumettistico), è in qualche modo tenero e – diciamocelo – ci fa un po’ pena, ma di sicuro rende l’empatia con il personaggio decisamente più semplice. (Detto ciò, il reintegro di Coulson a direttore operativo non può che farci enormemente piacere.)

E visto il coinvolgimento di Mace direttamente sul campo, vale la pena spendere due parole sui Watchdogs. L’organizzazione terroristica – perché di questo si tratta, alla fine – è presente nella serie da diverso tempo, e sebbene non sia mai stata “elevata” a nemico principale, sembra assumere una diversa luce in questi nuovi episodi. Quello che era nato come un movimento di protesta contro gli Inumani è ora un vero e proprio Ku Klux Klan violento e sovversivo che, tra le altre cose, gode di appoggi economici da parte di politici come la senatrice Nadeer – come sempre le storie Marvel, tra un cazzotto e l’altro, si portano dietro diversi temi di una certa valenza sociale – ed è guidato da un misterioso Superior che, siamo sicuri, presto incontreremo.

Il gioco delle coppie

Radcliffe e Aida sono, inconsapevolmente, il motore che anima alcune dinamiche all’interno del team di Coulson. Su tutti, il rapporto tra Fitz e Simmons: da quando i due hanno deciso di vivere appieno la loro storia, sembra che l’unica costante tra loro siano i segreti, quelli più “istituzionali” di Jemma e quelli ben più oscuri di Leo, che di nascosto lavora alla riparazione di Aida. Sarà per semplice amore per la scienza? Un eccessivo attaccamento al proprio progetto? O ci sarà sotto altro? Da queste parti ci permettiamo di essere un po’ timorosi riguardo al futuro dei FitzSimmons: è bellissimo vederli fare team-up e lavorare insieme per smascherare le macchinazioni di Talbot, ma a livello personale il timore è che non ci sia il tempo di esplorare meglio il loro rapporto, prima che qualcuno di questi segreti finisca per distruggerlo dall’interno.

L’altra coppia in gioco è quella, nascente, di Coulson e May. Sì, proprio loro. Sta nascendo del tenero tra i due – che non fosse semplice amicizia e rispetto reciproco era chiaro tipo dalla 1×01 – e, come nella migliore tradizione del mai-una-gioia di questa serie, ciò inizia ad accadere proprio quando la vera May è nelle mani del villain. Non possiamo fare a meno di chiederci, a questo punto, se l’attrazione e le avances che la stessa LMayD (sic) fa a Coulson fossero già nella mente di May – l’androide altro non ha fatto se non esternarle – o se invece sia tutto frutto della self consciousness del Life Model Decoy. In ogni caso, sarà un’altra storyline che di sicuro ci travolgerà emotivamente, prima o poi.

Anche in questi due episodi, in definitiva, Agents of S.H.I.E.L.D. conferma la sua incapacità di tenersi un segreto per più di due puntate – ed è un bene – e prosegue nel suo continuo reinventarsi, mantenendo i propri capisaldi (tanta azione ben costruita e personaggi, dal primo all’ultimo, sempre credibili e coerenti).

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Note per nerd

  • Come accennato nella recensione, il titolo del decimo episodio è anche il nome di Jeffrey Mace nei fumetti. Patriot, tra le altre cose, ha anche assunto il titolo di Capitan America in uno dei tanti momenti di assenza di Steve Rogers. Di sicuro, però, non ci aspettiamo di vederlo qui con lo scudo e la tuta a stelle e strisce.
  • Il fratello della senatrice Nadeer, a quanto pare, è tutt’altro che defunto: cosa dobbiamo aspettarci dalla sua seconda terrigenesi in mare?
  • I produttori della serie hanno ammesso candidamente che, al di là dei motivi narrativi, Ghost Rider è durato così poco anche per motivi economici. È triste, ma del resto il budget è quello che è, e creare in CGI il teschio infiammato di Robbie Reyes è sicuramente un po’ più costoso di Ming-Na Wen che interpreta se stessa in versione LMD.

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