Sherlock4×02 The Lying Detective

La quarta stagione di Sherlock continua con un episodio sopra le righe, che si concentra sugli sviluppi del rapporto tra Sherlock e John, senza precludersi tuttavia una certa attenzione alla trama orizzontale, che va a rispolverare il passato degli Holmes.

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Dopo la tragica e inaspettata conclusione dello scorso episodio, torna sugli schermi britannici – e su Netflix, con appena qualche ora di ritardo – la quarta stagione di Sherlock, pronta a sconvolgere ancora una volta le menti e i cuori di tutti gli spettatori con una trattazione magistrale dei personaggi e con dei plot twist a dir poco geniali e, come sempre, mind-blowing.

How the hell is that okay?

Protagonista indiscusso di questo episodio centrale della nuova stagione è senza ombra di dubbio l’amato John Watson, che torna ad assumere un ruolo chiave dopo essere stato lasciato un po’ da parte in The Six Thatchers. Lo spazio che gli era stato negato nella puntata trasmessa la scorsa settimana gli viene stavolta restituito con gli interessi, grazie ad un approfondimento psicologico non da poco: la morte di Mary e il suo ritorno come frutto dell’immaginazione – e della disperazione – del dottore ci permettono un focus squisito e per nulla banale sulla sua elaborazione del lutto, una tematica che purtroppo era stata poco presente all’inizio della terza stagione, subito dopo l’iconica scena del tetto.

Il lutto di Watson è esattamente come avremmo potuto aspettarcelo: lo troviamo di nuovo in una seduta di psicanalisi, mentre racconta con un tono distaccato della sua nuova routine, della sua rabbia rispetto alle domande della psicologa e, soprattutto, del suo convinto allontanamento da colui che ai suoi occhi è stato responsabile della terribile perdita. Una perdita che lo tormenterà per tutta la durata dell’episodio attraverso la figura della stessa Mary – che si rivelerà essere la parte più lucida e consapevole dell’inconscio del dottor Watson stesso, il reminder costante delle sue qualità migliori – e continuerà fino alla definitiva accettazione dell’accaduto, la quale arriverà soltanto al termine di un viaggio di maturazione che l’uomo sarà costretto a compiere.

Save him, Sherlock. It’s up to you. […] Go right into Hell and make it look like you mean it. If he thinks you need him, I swear, he will be there.

John non può salvarsi da solo, e questo Mary ce lo aveva lasciato intuire già nel frammento di video mostrato post-mortem alla fine dello scorso episodio. Il dottore, sebbene abbia compiuto passi da gigante nel corso delle stagioni diventando un uomo più forte e scaltro, continua ad essere una persona estremamente fragile e impulsiva, motivo per cui ancora una volta è necessario l’intervento delle two people who love him most in all this word per tirarlo fuori dal baratro in cui sta cadendo. E quale miglior modo, se non scendendo a propria volta nel baratro? Mentre Mary agisce come mente astuta e pianificatrice, Sherlock si mostra disponibile a seguire i consigli della donna per portare a termine la missione assegnatagli: salvare John da se stesso portandolo a comportarsi da eroe, ritrovando così la forza necessaria per farsi carico della propria vita e continuare ad impegnarsi per diventare l’uomo che la moglie ha sempre visto in lui.

They don’t matter, you do!

Nel pieno stile della serie, viene riadattata e costruita un’avventura ad hoc per permettere la risoluzione di questa storyline, nonché l’approfondimento del sempre più poliedrico e singolare rapporto tra i membri della coppia investigativa più famosa della letteratura mondiale; sebbene l’avventura coinvolga anche la defunta Mary, sia come iniziatrice che come risolutrice di questo difficilissimo caso di reciproco salvataggio, l’attenzione alle dinamiche tra i due uomini è nuovamente preponderante.
A dispetto di quanto volessero farci credere, il legame tra questi amici non si è mai spezzato e lo testimoniano benissimo la leggerezza e il british humour che caratterizzano i dialoghi nella prima parte della puntata. Nonostante John sia chiaramente arrabbiatissimo con Sherlock, egli non può che arrendersi di fronte alle surreali – e piuttosto improbabili – previsioni del compagno, lasciandosi trascinare dalla sua follia.

Nel corso dell’episodio continuano ad emergere i caratteri differenti ed assolutamente complementari dei protagonisti, anche attraverso un intermezzo di confronto che si risolverà in una suggestiva scazzottata, per arrivare al termine dell’avventura del detective morente – una figura che rappresenta il momento cruciale della puntata – e mostrare finalmente il chiarimento tra i due, che avviene in un dialogo molto emozionante e commovente nel salotto del 221B di Baker Street. L’iniziale disagio di John nel trovarsi di nuovo in compagnia di Sherlock lascia spazio ad uno scambio di consigli e parole di conforto da parte di entrambi: la strizzatina d’occhio ad un possibile ritorno dell’indimenticabile Irene Adler (hype a mille nel momento in cui è squillato quel telefono), la riflessione sull’importanza delle relazioni interpersonali, la conseguente confessione di John del suo tradimento al ricordo fittizio della moglie e il finale abbraccio consolatorio di Sherlock fanno del discorso finale uno dei dialoghi più efficaci e scritti meglio dell’intera serie, una scena potentissima che riesce a mettere a nudo l’umanità di entrambi gli interlocutori.

SHERLOCK: I have this terrible feeling from time to time that we might all just be human.

JOHN: Even you?

SHERLOCK: No, even you.

Un discorso quasi fraterno, questo, che va a rimarcare la contrapposizione John-Mycroft, che è stata lasciata intuire in diversi momenti; come sottolineato dalla sempreverde Mrs. Hudson, che in questo frangente da davvero il meglio di sé, capire Sherlock non è questione d’intelligenza, ma di emotività, ed è proprio per questo che il dottor Watson, con il suo grande cuore e la sua costante saggezza, è riuscito a conquistare la simpatia del detective, riuscendo a guardare oltre la sua sociopatia iperattiva e la sua genialità.

Cereal killer

Grande peculiarità di The Lying Detective è il tono confuso e psichedelico che la narrazione assume a causa dell’overdose di metanfetamina assunta da Sherlock per iniziare la propria discesa all’Inferno. Se nella prima parte la versione strafatta del detective risulta forse eccessivamente fuorviante e poco chiara per il pubblico, che si trova ad assistere a delle intuizioni piuttosto improbabili e incomprensibili laddove la serie ci ha abituati a spiegazioni sempre molto lineari, appena si entra nel vivo del caso della settimana si fa l’abitudine all’esagerata bizzarria del protagonista e si inizia a capire meglio le diverse situazioni proposte, abbandonando quel clima di costante allucinazione che aveva padroneggiato durante l’incontro di Sherlock con la graziosa Faith. Ma su questo particolare torneremo tra poco.

Quello che il giovane Holmes decide di seguire per mettersi in pericolo è un caso che si rivela per i fan piuttosto ambiguo: se da un lato i retroscena e le motivazioni che esso cela non sono il massimo dell’originalità e non suscitano molta sorpresa nel pubblico, dall’altro il villain Culverton Smith – grazie alla sublime recitazione di Toby Jones risulta un uomo carismatico e inquietante, nonostante la mentalità piuttosto stereotipata da serial killer e la conclusione decisamente affrettata della sua storyline; è tuttavia ragionevole pensare che la sua non sia stata una comparsa momentanea, ma che egli possa assumere un ruolo anche nel prossimo episodio e, forse, nel grande gioco ideato da Moriarty ai danni di Sherlock. Tuttavia, per ora si tratta di semplici teorie.

The East Wind

Se una nuova teoria arriva, un’altra pare momentaneamente risolta, dal momento che conosciamo nei minuti finali il famigerato other one a cui più volte Mycroft si è riferito: come ipotizzato nella scorsa recensione, il terzo fratello Holmes è in realtà una donna, Eurus, dalla mente spietata e con una certa abilità nei travestimenti – anche se con il senno di poi si potevano notare le diverse somiglianze. Eurus Holmes, apparsa già nello scorso episodio come nuova fiamma del dottor Watson, sembra rappresentare per i fratelli una minaccia temibile e incombente: sin da subito ci appare come degna erede del Napoleone del crimine, un’astutissima calcolatrice che sa esattamente che fili muovere per manipolare i propri avversari, grazie ad un’intelligenza fuori dal comune che fa sicuramente da marchio di fabbrica.

La sua rivelazione non solo fomenta l’hype per il season finale, ma contribuisce a rendere più chiare e scorrevoli le circostanze in cui Sherlock si è avvicinato al caso Smith – anche se non soddisfa totalmente. In perfetto stile Moriarty, la donna ha tessuto la sua tela sin dai primi minuti dell’episodio, portando il fratello esattamente dove voleva lei, anche se non è ancora ben chiaro quale fosse l’esito pianificato: la cosa certa è che nella prossima puntata se ne vedranno davvero delle belle.

Nonostante la confusione causata da un eccessivo entusiasmo narrativo, questo The Lying Detective colpisce esattamente nel segno, toccando le corde giuste per tenere incollati gli spettatori allo schermo: con un’esplorazione profonda e potente del rapporto tra i protagonisti, rafforzata dalle sempre eccellenti interpretazioni del cast, un’atmosfera scanzonata e singolare e alcuni plot twist davvero ben gestiti, anche questo episodio si avvicina alla vetta, ma non riesce a piantare la bandierina, portando a casa un voto di quattro porcamiseria e mezzo, che, sebbene lasci un po’ di amarezza conoscendo le potenzialità della serie, potrebbe essere un ottimo trampolino di lancio per puntare al massimo la prossima settimana.

4.5

 

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Note

  • La fonte d’ispirazione per il caso dell’episodio nel canone doyliano è The Adventure of the dying detective, facente parte della raccolta His Last Bow.
  • Lo psicolabile Culverton Smith appare molto fedele alla sua versione cartacea, rispettandone sia le caratteristiche mentali che la descrizione fisica.
  • Continua ad esserci ambiguità circa la figura del personaggio di Sherrinford: si tratta di un nome fittizio o effettivamente le persone si accontentano del numero tre, senza spingersi più in là con le ipotesi?
  • Eurus sostiene che il suo nome sia derivato dal greco e indichi un vento proveniente dall’Est. Vento dell’Est è una locuzione ricorrente nell’episodio His Last Vow nei dialoghi tra i fratelli Holmes per indicare un’imminente pericolo che potrebbe spazzar via le loro vite.
  • Sia dal punto di vista fisico che per quanto riguarda alcune azioni dettate dall’effetto della droga, Sherlock ricorda in questo episodio l’altro grande ruolo di Benedict Cumberbatch, il famigerato Doctor Strange
  • I versi citati da Sherlock sotto lo sguardo preoccupato di Mrs. Hudson sono tratti dalla prima scena dell’atto III dell’opera shakesperiana Enrico V.

L’ansia di quel momento

 

Non fa una piega

 

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