La nona stagione di Shameless conferma l’inesorabile calo qualitativo avvertito, purtroppo, già durante l’ottava. La famiglia Gallagher non viene raccontata più nella sua interezza, come un organismo unitario, ma ogni membro familiare ha una storyline parallela che, salvo alcune circostanze occasionali, non tende ad incrociarsi con le altre. Una scrittura monotona che mira un po’ a campare di rendita, trascinando le storie personali su una caratterizzazione dei personaggi già data e poco elaborata. Se tali elementi nell’ottava stagione non hanno destato grande preoccupazione, in quanto si pensava ad una season di transizione, la riconferma di tali aspetti nei nuovi episodi ci fa quasi rassegnare ad uno Shameless sempre più lontano dalla sua matrice originale. Irriverente e sarcastico, empatico e socialmente critico un tempo, Shameless ora subisce un’inversione di tendenza, che non giova a nessuno dei suoi protagonisti.
Fiona. Compiuto il suo personale riscatto sociale, Fiona è all’apice del successo. Da self-made business woman quale si presenta, progetta investimenti futuri, con grande intraprendenza e grinta. Questo sarebbe il coronamento della storyline di Fiona, il personaggio più iconico di Shameless, eppure il tutto non è descritto come ce la aspettavamo. La mancata condivisione dei suoi progetti con la famiglia, l’allontanamento dal suo background sociale e l’abdicazione del suo ruolo di mater familias hanno contribuito a spersonalizzarla e a rendere ripetitive le scene a lei dedicate. Che il futuro di Fiona sarebbe andato in questa direzione è sempre stato chiaro, ma sono le modalità in cui si è realizzato che non convincono.
In primis, la love story con Ford fa acqua da tutte le parti e non mette in rilievo le enormi potenzialità di un personaggio come Fiona. In seguito, l’allontanamento da casa Gallagher per quanto fosse legittimo non doveva rendere la sorella maggiore, perno principale della famiglia, una monade solitaria che compare solo per portare la carta igienica. Essendo questa l’ultima stagione per Emmy Rossum, speriamo vivamente che siano dedicati a Fiona maggiore spazio e una migliore sceneggiatura, affinché la sua storia possa avere la conclusione che merita. Non con Ford. (Jimmy/Steve dove sei?)
Lip. La paternità surrogata con Xan, il ruolo da sponsor e il lavoro in officina sono tutti elementi già abbondantemente esplorati che ci fanno rimpiangere i tempi di Lip alcolista. Già nell’ottava stagione abbiamo assistito al percorso di riabilitazione di Lip e per quanto siamo grati che la storia con Sierra sia finita, questa storyline piena di vittimismo e commiserazione se da una parte si addice all’indole del personaggio, dall’altra è stata espressa oltremisura. Rendere Lip il samaritano del South Side è controproducente e non rende giustizia al personaggio, le cui sensibilità e contraddizioni ci hanno sempre emozionato, se incanalate nella giusta direzione.
Frank. A Frank è sempre dedicata la parte tragicomica della serie tv, che guarda all’attualità e ne inventa la caricatura satirica. La campagna elettorale di Mo White (Make America White Again) contro un candidato latino e una donna afro-americana è lo specchio dell’America di Trump, populista, intollerante e qualunquista. Frank dimostra, ancora una volta, la sua abilità retorica e persuasiva e la sua capacità di inventare fonti di guadagno inaspettate e trarre profitto dalle vicende più surreali.
Debbie. La storyline di Debbie mette in luce una tematica molto attuale e sentita negli Stati Uniti: l’equal pay. La sua esperienza di giovane lavoratrice la mette per la prima volta di fronte alle ingiustizie e alle discriminazioni di genere. Essere pagata meno dei suoi colleghi indurrà la giovane Gallagher all’indignazione e alla protesta, insieme ad un’amica con cui avrà modo di interrogarsi sulla propria identità sessuale.
Ian. Purtroppo, la storyline del Gay Jesus sarebbe dovuta finire con una buona dose di litio e invece gli sceneggiatori hanno deciso di continuarla anche nella nona stagione. Con incoerenza e approssimazione, il personaggio di Ian sta subendo un’ingiusta regressione e, con esso, la tematica dei diritti civili è stata bruscamente banalizzata e posta su un registro surreale e comico.
Carl. La sua storyline non convince, sotto ogni aspetto. Il suo personaggio non ha nessuna introspezione né osservazione inedita. La prospettiva di andare a West Point diviene, così, non il risultato ultimo della sua evoluzione, ma una situazione macchiettistica, in cui emerge il solito Carl, statico più che mai.
Il passaggio dalla scuola privata a quella pubblica regala a Liam nuovi scenari e un nuovo protagonismo e il contesto dell’Alibi, con Kev e V., si offre come cassa di risonanza del movimento #Metoo statunitense e della nuova politica anti-stupro.
Per quanto la monotonia della sceneggiatura sembri irreversibile, ci auguriamo che venga rappresentata degnamente, con il carico emotivo di una volta, l’enorme potenzialità di questa galleria di personaggi iconici e poliedrici (soprattutto in occasione del centesimo episodio), a cui siamo affezionati da anni e che soprattutto venga dato spazio all’unico pilastro e leitmotiv di Shameless: la famiglia Gallagher!
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Porcamiseria
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Storia - 5/105/10
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Tecnica - 5/105/10
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Emozione - 3/103/10
In Breve
La nona stagione di Shameless delude le aspettative, confermando le defaillances dell’ottava a causa di una famiglia Gallagher sempre più divisa e storyline sempre più statiche e banali.
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