Sense82×08 All I Want Right Now Is One More Bullet – 2×09 What Family Actually Means

Il viaggio di Sense8 continua, seppur con qualche perplessità, tra catarsi emotive e spirito di rivalsa e riscatto. Benché la trama orizzontale venga lasciata in disparte, assistiamo a un viaggio: quello dei protagonisti, tra emozioni liberatorie e affermazione di sé.

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L’unione fa la forza, o forse no

Il primo di questa doppietta di episodi porta alla luce, in parte risolvendola, una delle principali problematiche di Sense8: fino a questo momento, le interazioni tra i vari sensate e le loro presenze in scena, sia fisicamente sia telepaticamente, sono sempre state di due tipi.

Se da un lato la natura dei protagonisti impone che essi compaiano soprattutto insieme, dando vita a scene corali ad alto impatto cinematografico (vedi le scene orgiastiche e la coloratissima parata del Pride dell’episodio scorso) che in altre serie raramente si riescono a ottenere, dall’altro chi scrive ha l’impressione che scarseggino scene più intime e private, in cui venga evidenziato in maniera più puntuale il rapporto tra gruppi di sensate che non fossero quelli delle coppie ormai consolidate all’interno del cluster. Ovvero, se il rapporto tra Will e RileyWolfgang e Kala, così come quelli tra Will e NomiLito e Wolfgang sono ormai entrati nell’immaginario collettivo della serie, altre coppie faticano a crearsi.

Questa insufficiente mescolanza tra i vari sensate sembra contraddire la premessa narrativa da cui parte Sense8, e viene quindi da chiedersi come mai persone che condividano tutto, dai pensieri alle emozioni fino alle esperienze sensoriali, siano così diverse da non riuscire ad allacciare rapporti se non con pochi altri “eletti”. Non che ci sia una gerarchia sociale all’interno del cluster, ma sicuramente emergono delle preferenze molto evidenti.

All I want Right Now Is One More Bullet compie un passo in avanti proponendoci dei tête-à-tête inediti, segno di una serie che non rinuncia a momenti di quiete di più ampio respiro narrativo a favore di imponenti scene d’impatto.

Il primo di questi momenti più intimistici è quello tra Lito e Sun: il primo, nel pieno di una crisi depressiva in seguito alla perdita del lavoro, si crogiola nella disperazione di non ricevere più ingaggi lavorativi in seguito al coming out in diretta mondiale, e in lui ritroviamo noi stessi, quando realizziamo di dare per scontato l’amore che ci circonda, specie quando questo arriva dalla nostra famiglia. Sun invece conosce bene l’importanza da attribuire agli affetti, lei che ha sperimentato in prima persona la privazione – precoce prima e forzata poi – dell’amore dei propri genitori, e quindi il pianto consolatorio a cui si lascia andare, il primo dopo molto tempo, è una catarsi rigenerante.

Liberatoria in un certo senso è anche la scena tra Kala e Will, due personaggi a cui non era stata ancora data la giusta libertà di interazione. Lo scambio di battute tra i due è illuminante soprattutto per l’indiana, che si “trasforma” e si lascia andare in un monologo che, in preda a un flusso di coscienza, risulta quasi comico perché in netto contrasto con la Kala che conosciamo – forse gli autori ritenevano che le servisse una rinfrescata, dato che la rendono più intraprendente con il “Bring it, bitch!” di fine episodio.

Tra rivelazioni potenzialmente fondamentali e ritorni inaspettati, passando per momenti dedicati ai rapporti tra i personaggi, questo episodio di Sense8 si lascia andare forse un po’ troppo, mettendo sul tavolo delle carte che avrebbe potuto distribuire in maniera più lineare e diluita nell’arco dei vari episodi. In questo mix di teorie e di storie, però, una piccola stonatura è causata dalla presenza di Capheus: di tutti i sensates, il suo sembra il filone più distaccato e a sé stante. Se è vero che anche con lui si ricalca il tema della rivalsa sociale che spesso ritorna in questa stagione (il coming out di Lito, il desiderio di accettazione di Nomi e l’autodeterminazione di Kala, tanto per citare degli esempi), Capheus sembra tuttavia avere poco peso nelle dinamiche del cluster, tanto che in alcune occasioni sembra essere un estraneo. Inoltre, si ha quasi l’impressione che il giovane keniota viva di rendita per le sue gesta della prima stagione: un’ondata di eroismo, questa, che non giustifica il suo improvviso successo e che purtroppo sembra essere destinata a spegnersi, se non verrà rivisitata diversamente.

Parlavamo del caos che regna sovrano in questo episodio, e sicuramente la scena al ristorante è l’emblema di quello da cui questa serie potrebbe, anzi, dovrebbe discostarsi. Sebbene in essa ci siano degli aspetti positivi, ovvero quello di essere un attimo di pura e dinamica coralità e di riuscire a dare a Lila una connotazione da villain più definita e definitiva, allontanandola dalla figura stereotipata della femme fatale, lo scontro tra cluster sembra montato in maniera grossolana: quasi una scena da film sul Far West o sulla mafia americana, di certo non una di quelle sequenze delicate, armoniose e ben architettate a cui Sense8 ci ha abituati.

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Liberazione

Pur tentando di inquadrare Sense8 nel complesso e variegato universo delle serie fantascientifiche, questo risulta difficile. Forse è una serie che si apprezza maggiormente quando la si considera come un prodotto che opera più sul piano emotivo rispetto a quello logico. Non a caso, le scene che più hanno riscosso successo tra il pubblico non sono state quelle utili ai fini della trama orizzontale, ma quelle in cui i personaggi, lasciandosi andare a se stessi, sperimentano una catarsi emotiva.

What Family Actually Means è il tassello fino a ora più importante nel caleidoscopio di emozioni che Sense8 ci ha fatto provare. Le tre macro-scene di questo episodio ci mettono davanti a un turbinio eterogeneo di sentimenti e sensazioni, ma ciò che conta davvero è che sono stati pensati e scritti appositamente per farci sentire qualcosa.

Dal dubbio sulle sorti di Nomi alla gioia di sentire suo padre parlare di lei usando finalmente il genere femminile, passando dall’autostima rinnovata di Lito e arrivando fino all’ultimo momento tra Will e suo padre, questo episodio non solo è un mosaico di emozioni vivide, ma affronta pienamente quello che è il tema della rivalsa sociale, cui si accennava poco fa, e del riscatto.

Tralasciando le indagini sui loro avversari e le fughe rocambolesche dai membri della BPO, i personaggi hanno intrapreso tutti un cammino che li porta mano a mano a conquistare nuovamente se stessi. C’è chi finalmente non deve più vergognarsi della propria identità o essere discriminato per via della persona che ama, chi si fa strada in una società che vede le donne come individui da lasciare in secondo piano e lontano dalle decisioni più importanti, e chi cerca di emergere da un sistema che vuole i meno abbienti relegati in una bolla di ingiustizia sociale da cui è quasi impossibile allontanarsi. Ancora, c’è chi recupera i rapporti con i familiari e chi è determinato ad allontanarsene, così come chi prova a tenere saldo il proprio status quo.

Questo viaggio alla ricerca del vero io, perché alla fine di questo si tratta, culmina proprio in questo episodio; ovviamente, laddove si lascia spazio alle emozioni e ai sentimenti, la trama orizzontale viene sacrificata, creando così uno squilibrio che rallenta l’andamento generale della serie. Questo “freno” non è però un difetto, anzi, potrebbe addirittura essere strategico, a soli due episodi dal finale. E sebbene ci aspettiamo che gli ultimi due episodi diano a Sense8 lo sprint finale che si merita, c’è da augurarsi che ci facciano emozionare almeno la metà di quanto abbiamo sentito in questo episodio.

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