Scandal

Dopo molti episodi monografici, Dead in The Water ci offre quella visione d’insieme che attendavamo da tempo. Abbiamo analizzato gli eventi da ogni prospettiva possibile, per giungere fino ad ora dove, svelato ogni scenario e ogni suo retroscena, tutti i personaggi di Scandal diventano protagonisti di un unico quadro d’azione, come non accadeva da tempo.

Il pathos dell’episodio è potenziato dalla focalizzazione interna, attraverso la quale seguiamo la lotta alla sopravvivenza di Huck. Ciò conferisce una maggiore enfasi all’azione e un coinvolgimento diretto dello spettatore che, ad eccezione di brevi intervalli, vede attraverso gli occhi di Huck e partecipa emotivamente alla sua disperazione. Il tempo della storia coincide con la velocità di reazione di Huck. Con lui, come lui, viviamo l’atmosfera claustrofobica del cofano della macchina e l’apnea ansiogena di un prossimo annegamento. Come lui, abbiamo quell’attonito sguardo, a metà tra la rassegnazione e una tesa volontà di potenza. A potenziare la carica emotiva di queste sequenze, con un espressionismo visivo ed estetico notevole, è la proiezione inconscia dei pensieri di Huck. Come Liv, durante il rapimento, nell’illusione di una vita fatta di semplicità e marmellate, trovò la via per la libertà e la forza per ribellarsi al suo carnefice, i ragionamenti di Huck prendono corpo, nel suo subconscio, e vengono rappresentati dalla sua unica famiglia. Charlie che lo incalza, come concerne alla sua caratterizzazione, Quinn che gli fornisce ogni dato meccanico/scientifico utile e Liv che, con il suo potere esortativo, lo tiene attaccato alla vita. Persino i meandri più reconditi della sua coscienza prendono forma nel suo alter-ego, conferendo a questo percorso introspettivo la più emotiva delle conclusioni. È arrivato in riva, ha avuto fede e coraggio, ora non dipende più da lui.

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La scomparsa di Huck permette a tutti i personaggi di mettere da parte segreti, incomprensioni e distanze. Di fronte ad uno scenario così sconvolgente, Liv riesce ad accettare il conforto di Fitz, Marcus torna a casa e Abby comprende che è arrivato il momento di parlare. Il dubbio sulla morte di Huck porta ogni personaggio verso un estremismo comportamentale tale da conferire ad ogni rapporto interpersonale quell’autenticità di cui necessitava, da tempo. In primis, Quinn. Nonostante il prossimo matrimonio con Charlie, sappiamo quanto sia ancestrale il legame con Huck e in Dead in The Water ciò è rappresentato in modo meraviglioso. Prima la furia omicida contro Meg, l’avversione contro Abby, poi il senso di colpa per aver eliminato l’unica possibilità di salvezza e infine quella paura, tipica solo di chi ama in modo tanto profondo quanto deleterio, di perdere la propria persona, come direbbe Meredith Grey. Una gamma di sentimenti espressa attraverso un’interpretazione impeccabile di Katie Lowes. Un’altalena di amore e odio, paura e violenza che si coglie nello sguardo di Quinn, in ogni singolo istante fino al sollievo finale.

Come era prevedibile, Liv si attiva con ogni mezzo e con ogni forza per ritrovare Huck. Tre sono i momenti topici che la riguardano: il discorso con Charlie, l’abbraccio con Fitz e il confronto con Abby. Charlie, in modo inaspettato, ci regala un discorso coinvolgente e assolutamente necessario, riportando Liv alla vera guida degli OPA. Da molto tempo Olivia, infatti, aveva abbandonato la prima fila per nascondersi in retroguardia, tra i suoi drammi e la sua sete di potere. Anche se era lì presente, aveva smesso di essere per i gladiatori la Olivia Pope con il cappello bianco, il faro che illumina la notte, la loro guida. Hanno bisogno di lei, glielo dice Charlie, forse quello meno coinvolto e che ha una visione più lucida degli eventi. E allora Olivia ritorna in scena, dando a Quinn e poi ad Abby il perdono e il sostegno di cui hanno disperatamente bisogno. Da quanto tempo non erano tutti intorno a quel tavolo? Forse troppo.

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Di fronte a questo momento di disperata tristezza, l’abbraccio tra Fitz e Liv, il loro perdonarsi a vicenda diventa un momento topico dell’episodio e della loro storia. In quell’abbraccio è celato un amore autentico che, seppur rintanato nella loro coscienza, in queste circostanze sa emergere con la stessa forza di sempre. Sarà proprio Fitz, infatti, a far riflettere Olivia circa il suo rapporto con Abby, alla quale, in precedenza, aveva dato tre schiaffi, pieni di dolore e risentimento. Sarà a Fitz a ricordarle quanto può essere deviante e dannosa la permanenza nello Studio Ovale, quel desiderio di onnipotenza in grado di castrare ogni moralità. Fitz lo sa e anche Olivia. E nella mano che Liv dà alla sua amica di sempre, negli ultimi minuti dell’episodio, si realizza quella dialettica del perdono così fondante per ogni rapporto. Nel pianto rivelatore di Abby si coglie tutto il suo pentimento e la sua disperazione, in modo così profondo da bucare lo schermo e far piangere anche noi. È ritornata la nostra Abby.

Dead in the Water è un episodio potente che, nonostante la frenetica azione e la suspense messa in scena, presenta una struttura, in prevalenza, intrinseca e introspettiva. La scomparsa di Huck diviene, per tutti, una catarsi necessaria a ritrovare se stessi e a sfuggire a quella dicotomia, fatta di inganni e potere, in cui erano intrappolati da troppo tempo. Sarebbe un episodio da 5 porcamiseria, ma la sopravvivenza di Huck richiede una sospensione dell’incredulità non indifferente e ci obbliga a non andare oltre al 4. Nonostante ciò, chapeau a Shonda!