Vanessa Ballard. Alzi la mano chi si ricordava della sua esistenza. Eppure, nonostante la marginalità di questo personaggio, gli ultimi mesi della campagna presidenziale fino alla maledetta notte dell’omicidio di Frankie Vargas sono visti attraverso il suo esclusivo punto di vista, o meglio attraverso la sua relazione deleteria con un Jake sempre più patetico e al limite delle sue potenzialità caratteriali.
Gli occhi di Vanessa sono gli occhi di una moglie-giocattolo da esporre in vetrina con un bel sorriso, al momento opportuno. Sono gli occhi di una donna da far vivere nell’ombra, a cui non bisogna dare nessuna minima spiegazione circa la propria persona o gli eventi in cui lei è coinvolta. Una donna a cui si preferisce dare in mano una bottiglia di vino bianco piuttosto che rispondere alle sue perplessità, firmando la sua condanna all’autodistruzione. Sono quelle marionette usate da Eli Pope nei suoi piani, ma spesso ci si dimentica che sono esseri umani pensanti e con una propria storia. Vanessa Ballard, appunto, non è mai stata considerata un reale personaggio di Scandal, era sullo sfondo più recondito, era il volto anonimo di una soluzione comoda per l’elezione di Jake. Invece, questo focus così forte e profondo sul suo dramma ci sveglia e ci mostra sia le conseguenze dell’agire di Eli, sia la sofferenza celata dietro quel sorriso così fotogenico e, allo stesso tempo, contraddittorio. Vanessa, tra il timore di un tradimento, l’avversione verso Olivia Pope e l’acuta osservazione dell’agire del marito, offrirà una nuova analisi della notte dell’elezione, introducendo un nuovo protagonista: Jake. Infatti, nessuno si era accorto che Jake aveva lasciato la Casa Bianca appena dopo la notizia della sconfitta. Ed ecco che entra in gioco Eli Pope.
In questi primi episodi di Scandal, si era incrementata la speranza che, per una volta, né Eli, né Jake fossero coinvolti in questo retroscena. In realtà, la situazione appare ancora più complessa. Jake scopre l’esistenza di un conto bancario in Svizzera, intestato ad Olivia Pope, dal quale risulta effettuato un pagamento a Tom Larsen. In questo modo risulta Olivia l’artefice della testimonianza falsa di Tom, atta ad incastrare Cyrus. Liv non ha nessun raggio d’azione, ma non sembra l’unica. Se pensavamo, infatti, che Eli fosse il regista di questa dietrologia politica, ci sbagliavamo. Per la prima volta, vediamo Eli impotente e sottomesso alla volontà di un’organizzazione di cui non conosciamo nulla, se non il suo portavoce.
Ma l’effetto sorpresa avviene nelle sequenze finali dell’episodio. I gladiatori scoprono, seguendo i movimenti di Jake, che è il responsabile dell’omicidio di Jennifer. Sembrerebbe la stessa identica storia di Eli Pope che ordina omicidi, che usa la stessa retorica familiare del figliolo che torna a casa, di Jake che non riesce a rinnegare il proprio addestramento. Invece, negli ultimi minuti Jake mostra ad Olivia il suo cambiamento, la sua forza nel non rispondere più agli ordini di Eli e la sua determinazione a salvare la ragazza. Purtroppo, nonostante questo game-changing finale atto a cambiare, nuovamente, lo scenario d’azione, They All Bow Down non convince del tutto.
Nella precedente recensione, avevamo messo in luce la profonda poliedricità di un personaggio come Cyrus Beene, la cui potenzialità espressiva era la base perfetta per un episodio monocentrico. In questo capitolo di Scandal, sono venuti meno proprio gli elementi narrativi che avevano reso The Belt un episodio eccellente: carisma, profondità, dinamicità del protagonista. Tutte qualità che, ormai, non possiamo più attribuire a Jake Ballard. Nonostante abbia dato prova di porre fine al circolo vizioso in cui era intrappolato nella quinta stagione, il personaggio di Jake non presenta una levatura scenica tale da divenire elemento concentrico intorno al quale far ruotare l’intera trama. Il ritmo calzante degli episodi precedenti, la potenza drammatica del plot in They All Bow Down subisce una battuta d’arresto, in quanto risorgono dinamiche narrative che hanno esaurito ogni forza concettuale.
L’ultima sequenza scenica, in cui si vuole creare uno stato d’allarme per la sicurezza di Olivia, è assolutamente patetica e preannuncia, in modo prevedibile, una sorta di lieto fine. Quali saranno i risvolti, non lo possiamo immaginare, ma imporre, in modo così principale, il ruolo di Eli Pope può essere controproducente, in quanto è una storyline che è destinata, se non a concludersi, almeno a cambiare sensibilmente. Tra le note positive dell’episodio possiamo includere, sicuramente, i discorsi, diametralmente opposti, ma allo stesso convergenti, di Mellie e Liv con Vanessa. Se nel primo caso, Mellie, con una potenza retorica che ce la fa amare sempre di più, mostra con grande lucidità la fictio che si cela dietro la moglie-giocattolo, ispirando sicurezza e determinazione, con Liv Vanessa cede ai propri tormenti e alle proprie insicurezze di donna ferita.
They All Bow Down ha realizzato quel rischio, di cui parlavamo nell’episodio precedente. Se un episodio fosse totalmente concentrato su un personaggio meno complesso e dinamico di Cyrus, quale sarebbe il risultato? Non positivo, e ne abbiamo avuto la prova. La performance di Jake Ballard non ci convince e adombra, così, tutte le potenzialità della trama orizzontale. In vista di un ipotetico episodio totalmente concentrato sulla storyline di Eli Pope, speriamo in un risultato diverso. Per ora, non superiamo i tre porcamiseria.
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Papà Pope quando smetterai di rompere le balls sarà sempre tardi #scandal
— WhereismyMcDreamy ❣ (@COCONUTS95) March 12, 2017
Io aspetto giorni mesi e anni e la puntata è incentrata su Jake uno dei best personaggi di merda ever nella storia delle serie TV #scandal
— WhereismyMcDreamy ❣ (@COCONUTS95) March 12, 2017
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