Quantico

Gli ultimi due episodi di Quantico ci sorprendono positivamente, in quanto si sviluppano attraverso due contesti referenziali nuovi, intriganti e in grado di valorizzare alcuni aspetti dei personaggi, rimasti in ombra: la kermesse dell’alta società e la politica di Washington.

Mktopaz

Un nuovo accesso alla Cache porta la task force su un nuovo progetto, meno impegnativo dei precedenti, in quanto la responsabile, poco avvezza all’uso della tecnologia informatica, non ha celato, in modo opportuno, la propria identità. Il target da avvicinare è Rebecca Sherman, una Blaire Waldorf attempata (i fan di Gossip Girl capiranno), punto di riferimento dell’alta società e regina dei salotti più influenti. Ovviamente per parlare con Rebecca e prelevare informazioni dal suo computer di vecchia data occorre organizzare l’ennesima missione under cover, ma in questo caso il piano risulta strutturato diversamente. Infatti, viene coinvolto lo stesso che Clay che, in procinto di sposarsi con la talentuosa Maxine, potrebbe credibilmente chiedere un appuntamento con la Sherman, per organizzare il matrimonio dell’anno. Questa operazione ci permette di aprire un focus sulla vita privata di Clay, sul suo spiccato senso dell’etica e del dovere e sul suo senso di colpa per essere costretto a mentire a Maxine. Ciò che ci stupisce è la trasparenza e la spontaneità dei suoi sentimenti. A differenza degli altri membri della task force che hanno subito, consapevolmente o meno, un disincanto per acquisire, di contro, un cinico pragmatismo, Clay risulta fedele ai propri valori e non disposto a farsi condizionare dall’ambito lavorativo. Una rarità di cui Shelby apprezza subito il valore e che cerca di proteggere, in un accorato discorso con Maxine.

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L’incontro con Rebecca non ci permette solo di vedere Clay in prima linea, ma ci sorprende con altri due elementi. In primis, Rebecca Sherman non è il target che cercano, bensì una vittima spaventata che, appena appreso di essere in presenza dell’FBI, ringrazia il cielo. L’unica colpa di Rebecca è stata quella di aver organizzato eventi esclusivi e di aver così promosso, in modo involontario, la conoscenza tra i collaboratori. Ora, naufragata la sua vita fatta di caviale e champagne, vive sotto minaccia di morte e per questo aveva hackerato la cache per ottenere informazioni circa i passaporti falsi ed organizzare la sua fuga dagli USA. L’altro elemento che ci ha piacevolmente colpito è la sintonia che si crea tra la Sherman e Alex. Rebecca sa leggere le persone, per questo è la migliore nella combinazione di incontri e nell’instaurazione di reti di alleanza politica/economica/sociale, ma non riesce ad inquadrare Alex, per la sua natura sfuggente e solitaria, per essere, in modo irrimediabile, un’outsider. Un discorso molto toccante che ci permette di analizzare il background di Alex, in modo diverso. Forse, per la prima volta, dopo tanto tempo, si instaura un transfert con la protagonista di Quantico, troppo a lungo, rinchiusa in uno schematismo banale. È come se la conoscessimo per la prima volta e riuscissimo a comprendere il dramma in cui ha vissuto. Questo discorso di Rebecca, che si inserisce in un quadro d’azione adrenalinica, è il segno di una scrittura più matura e che è capace di gestire i tempi della storia in modo sapiente ed originale. Il ritmo calzante dell’operazione informatica di Clay viene sospeso, ad intervalli regolari, dalle parole di Rebecca, in grado di dilatare la sequenza temporale e alienare il contesto esterno.

Prima di lasciare gli Stati Uniti per sempre, Rebecca deve incontrarsi con un avvocato di alto profilo Thomas Roth a Central Park, per registrare tutti i nomi dei collaboratori. Purtroppo vengono uccisi entrambi e la task force si rende ancora più conto di quanto tutta la rete occulta dell’AIC sia sempre un passo avanti. Prima di incamminarsi verso un destino di morte, Rebecca ci regala un ultimo discorso, intriso di femminismo ed emancipazione, ad Alex.

Una donna intelligente, coraggiosa e altruista che ha salvato il nostro Paese non una ma due volte? È una donna che non appartiene ad un uomo, né ad un’agenzia governativa, il suo posto è nella Storia.

Un momento molto intimo tra due donne che, in modo inaspettato, si sono rivelate più simili di quanto pensavano. Un profondo dialogo che potenzia la sintonia tra le due e il dramma per la perdita successiva.

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Il vero colpo di scena, tuttavia, di Mktopaz è che il cecchino di Central Park è Sebastian. Ovviamente ad individuarlo è Harry Doyle che, dopo aver salutato con una telefonata (speriamo non d’addio) Alex, vediamo sotto tiro dell’ex-amante. Ma l’effetto sorpresa non si esaurisce neanche ora, in quanto si apre un’altra storyline parallela, destinata a diventare centrale in Odyoke, che vede protagonista Raina in una situazione analoga a quella di Alex nella prima stagione.
Mktopaz termina con un’emozionante panoramica su tutti i personaggi e sulla gestione delle relative relazioni interpersonali, in qui il perdono e la fiducia diventano i pilastri fondamentali: la fiducia di Maxine a Clay, l’apertura di Shelby verso Samar e il perdono di Owen a Lydia.
L’episodio merita 4 porcamiseria, per aver messo in scena un equilibrio magistrale tra azione ed introspezione, colpi di scena e dialoghi edificanti, in una cornice pragmatica diversa ed affascinante.

Odyoke

Come già avevamo intuito nell’episodio precedente, Raina Amin, come Leon Valez, è il nuovo target dell’AIC. Il piano dei collaboratori, questa volta, si serve della più becera dietrologia politica, di cui noi fan di Scandal siamo abili conoscitori. Il presidente della Camera Roarke ha promosso la votazione della legge S-322, che regola il programma di accoglienza nazionale, con pesanti restrizioni nei confronti dei mussulmani. Per assicurare la promulgazione della legge, Roarke crea l’espediente perfetto: un attentato ad un centro commerciale organizzato da una musulmana, la nostra Raina che viene incastrata come Alex, nella prima stagione. Due sono i piani d’azione: da una parte Clay, Shelby e Nimah nelle stanze del potere cercheranno di boicottare la votazione, dall’altra Owen e Alex seguiranno chi ha incastrato Raina.

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Clay in ambito politico si mostra abile e ferrato e per la prima volta a suo agio. È il suo ambiente, ne conosce le regole e i meccanismi d’azione, ma la sua trasparenza e la sua etica lo renderanno vulnerabile in quel contesto meschino, in cui persino l’amicizia non troverà più nessuna realizzazione. A onor del vero, le argomentazioni con cui Clay, Shelby e Nimah cercano di convincere i deputati sono un po’ deboli e fanno capo ad una retorica stereotipata. Per quanto le argomentazioni di Nimah circa la tutela dei diritti civili delle minoranze siano estremamente attuali e fondanti, purtroppo vengono espresse in modo troppo apertamente didascalico e moralistico e quindi non creano il giusto impatto ideologico, come ci ha insegnato The Good Wife e ora The Good Fight. Persino la battuta sul fatto di trovarsi in un episodio di Black Mirror appare forzata, un fastidioso strizzare l’occhio allo spettatore, un volerlo compiacere come quando Ryan, in riferimento ad Harry Doyle, ci dice che he’s not in danger, he is the danger. Ed è subito Breaking Bad, ma per favore il paragone tra Doyle e Walter White non esiste in nessun universo parallelo e usare una citazione così canonica in un ambito così qualitativamente inferiore non solo è inopportuna, ma anche irritante. Ascoltare il discorso di Nimah sui diritti, sull’attentato di Madrid del 2004 non innesca in noi nessuna riflessione, ma soltanto un grande fastidio per come temi ed eventi tragici vengono sviluppati come una carrellata di luoghi comuni. Una mancata opportunità per Quantico che, invece, in materia di femminismo, in Mktopaz, con il personaggio di Rebecca aveva raggiunto bene lo scopo di unire fiction e realtà.

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Owen e Alex, coinvolti in una sparatoria, perderanno l’unico legame con l’AIC e mentre cercano di analizzare quanto accaduto, incluso il blocco di Owen e l’inizio di un nuovo sodalizio didattico, scopriamo che vengono seguiti proprio da Sebastian. E Harry?
Intanto Sasha, nuovo personaggio sempre più interessante, spia russa, volente o meno, pur conquistando Ryan, non gli fa perdere la sua tradizionale diffidenza. Oltre all’apporto innovativo che Sasha può portare al plot building, vedere Ryan impegnato in una nuova relazione dà maggiore respiro e dinamicità sia al suo personaggio che Alex che può esprimersi, ora, in nuovi contesti referenziali.

Anche Odyoke termina con una panoramica suggestiva di ogni storyline, che potenzia il pathos delle sequenze sceniche e rappresenta bene il dramma di ognuno di loro. Ryan che infrange la fiducia della sua partner, di nuovo, Clay che vede infrangere i propri ideali da una società che non conosce nessun più senso civico e che mette, ora, in pericolo la sua stessa madre, Nimah e Raina che ritrovano la propria complicità e Shelby, che, lungimirante, pensa bene di chiamare Caleb, per salvare quell’unica famiglia di cui, forse e paradossalmente,sente di far parte.
3,5 porcamiseria per un episodio ben strutturato come il precedente, ma con quell’unica pecca, di cui deve pagare il prezzo.