Prison Break5×08 Progeny – 5×09 Behind the Eyes

Le due puntate conclusive di Prison Break cercano di non perdere la traccia omerica che la stagione pretendeva di seguire, ma il risultato appare monco e ricco di superficialità.

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La doppietta finale di Prison Break tenta di chiudere il cerchio riaperto da questa stagione, in uno scontro di intelligenze che finisce per ridimensionare Michael nonostante le intenzioni degli autori, la cui intenzione di appoggiarsi all’epica omerica si rivela una mera patina superficiale.

Progeny

Un breve flashback ci mostra come, sette anni prima, Jacob abbia costretto Michael a seguirlo nella sua crociata personale, sfruttando l’amore per Sara Michael Jr e la sua tendenza a schierarsi contro il sistema. È l’occasione per vedere come nel frattempo Michael non sia stato con le mani in mano, ma durante tutti questi anni abbia messo in atto un piano per bloccare Poseidon, piano in cui un ruolo fondamentale gioca Whip. Quest’ultimo scopre infatti di essere il figlio segreto di T-Bag, il quale, illuminato a sua volta su questa verità, ha il compito di eliminare Jacob per godersi la famiglia ritrovata. Una volta messo piede negli USA, Lincoln deve affrontare i suoi creditori, nella fattispecie, l’erede di John AbruzziLuca. Lo scontro non finirà bene e rischierà di mandare a monte il piano di Micheal, che ha raggiunto intanto la sua famiglia.

Mentre le diverse storyline si avviano al termine, alcune arrivano a convergere (come quella di T-Bag e Whip), altre a separarsi temporaneamente (ad esempio Michael e Lincoln). Lo scopo è prendere tempo sul finale, dimostrando ancora una volta una pessima calibrazione dei tempi narrativi, come già evidenziato negli episodi scorsi. Il segmento a casa di Sara, del tutto inutile, serve ad allungare il brodo a quaranta minuti, mentre all’opposto una lettera inviata da Marsiglia appena prima della partenza in aereo riesce a raggiungere in America C-Note, che ha tutto il tempo di imbastire la messinscena della DEA, pronta per l’atterraggio dei nostri.

Alle ingenuità cronologiche si aggiungano quelle logiche, sulle quali alle volte si può chiudere un occhio, ma in alcuni casi proprio no: l’arguto Poseidon, mostratoci come unico in grado di duellare psicologicamente con Michael, ritiene che, anziché eliminare del tutto gli origami che Scofield manda alla moglie, sia meglio gettarli nel tombino di fronte casa, dove beatamente si accumuleranno. Non brillano neanche i migliori agenti al soldo di Jacob, descritti come il meglio sulla piazza e fregati per l’ennesima volta da un gruppo di non professionisti.

A questo concentrato di stupidità non corrisponde un bilanciamento, anzi. Anche nel momento di tratteggiare un’intelligenza, gli autori non riescono a dosare bene il tutto, strafacendo nel verso opposto: è il caso del piccolo Michael Jr., che mostra qualità anche troppo esagerate per un bambino della sua età (ampiamente e ridicolmente ridimensionate nell’episodio successivo), giusto per rimarcare il DNA Scofield.

Proprio alla discendenza è dedicata questa puntata dall’eloquente titolo, presentando tre nuclei padre/figlio e dimenticandosi quello Lincoln/LJ che tanto aveva pompato nella prima stagione. Quasi una maledizione, la discendenza trasmette di padre in figlio caratteristiche simili: così Micheal Jr ha sorprendenti capacità come il genitore, Whip presenta doti innate di adattamento ad ogni situazione come T-Bag e Luca Abruzzi la stessa propensione al crimine e alla violenza del fu John.

Tutto è teso a rimarcare l’ispirazione greca della stagione, che vorrebbe ricalcare a grandi linee il tema del ritorno di Ulisse/Michael verso Itaca/Ithaca da sua moglie e da suo figlio, ostacolato però da Poseidone/Poseidon, che metterà a dura prova il suo viaggio. Come si vede dagli accostamenti, il livello dei rimandi è da quarta elementare, nessun implicito resta tale per più di dieci minuti, e la presunta discendenza tra Prison Break e l’Odissea viene urlata persino nei dialoghi, facendo perdere parte del gusto che l’implicito porta con sé.

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Behind The Eyes

Recuperata Sara, Michael mette in atto la parte finale del suo piano per riprendere suo figlio e incastrare Jacob. Purtroppo le cose non vanno tutte come pianificato, e a rimetterci la pelle per la sua impulsività è Whip, la cui morte spinge il padre a torcere il collo ad A&W. Poseidon cade nella trappola tesa da Michael e viene arrestato, mentre Scofield finalmente riacquista la libertà e la propria identità, non prima però di aver richiesto che Jacob venga spedito a Fox River, dove ad attenderlo nella sua cella c’è un T-Bag desideroso di vendetta.

Il finale di stagione di Prison Break scorre abbastanza velocemente, evitando i tempi morti delle puntate precedenti. Purtroppo è l’episodio che segna definitivamente la svalutazione dell’ingegno di Michael, la cui smitizzazione abbiamo evidenziato già nelle recensioni dei primi episodi di questa stagione. Certamente il piano di Scofield fa la sua figura, consegnando scene spettacolari che però risultano fini a sé stesse, in quanto prive di una reale efficacia: l’arresto del villain, come ci tiene a precisare il direttore della CIA, non è avvenuto per le ambigue prove fornite da Michael, ma per la confessione del complice fermato da Lincoln.

Si potrebbe trattare dell’intenzione degli autori di mostrare che, nonostante l’ingegno polytropos (multiforme, nell’idea omerica), ad averla vinta sono comunque gli eventi collaterali, il non previsto, il caso che arriva a scombinare anche il più perfetto dei piani. Non c’è però un solo indizio che lasci intendere che gli autori volessero suggerire volontariamente questo, lasciando nell’ambiguità questa interpretazione, col risultato di affievolirne il significato.

Non trovano spazio in questo finale i co-protagonisti, schiacciati dallo scontro tra Michael e Jacob: Lincoln e Sara riescono a ritagliarsi una brevissima parte (pur importante); T-Bag ha maggiore spazio ma liquida celermente A&W, che avrebbe meritato una fine più catartica per lo spettatore; non pervenuti Sucre e C-Note, letteralmente lasciati fuori da questo episodio e di cui ignoriamo i destini. Persino Sheba ottiene l’immancabile finale amoroso, una volta che Michael ha preso nuovamente il controllo della vita del fratello. Ridimensionato di molto anche l’intelletto di Michael Jr, il quale, vista la facilità con cui viene manipolato, dimostra di aver preso sicuramente dalla madre.

Questo finale lascia un po’ di amaro di in bocca, nonostante si tratti di una puntata migliore della media della stagione. I difetti congeniti della serie, troppo sbilanciata sul mero versante action nonostante le pretese, vengono fuori consegnandoci una fine monca, che si accontenta di raccontare i protagonisti in salvo e dimentica o va veloce sul contesto che gli sta intorno. Fedele all’impostazione omerica, la narrazione assume una struttura ad anello quando tutto si conclude a Fox River, dove tutto era cominciato.

2.5

 

Quanto alla stagione, nonostante non si possa parlare di un pessimo esperimento (come nel caso della quarta), questo quinto capitolo della saga è da una parte troppo legato agli schemi del passato, ripetendo errori evitabili solo per paura di rischiare, e dall’altra assume iniziative poco coraggiose, rifacendosi a modelli fin troppo aulici per la propria struttura. Prison Break numero cinque manca insomma di originalità, e nei rarissimi momenti in cui rischia lo fa senza pensare, prestando il fianco a illogicità, superficialità o sbilanciamenti narrativi e cronologici. L’effetto nostalgia fa tanto, ma non basta a staccare il livello da una modesta sufficienza tendente più al basso che all’alto.

2.5

 

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Non lo sappiamo, ma Lincoln ha una nuova fidanzata

 

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