Wayward Pines1×01 – Where Paradise Is Home

Welcome to Wayward Pines – where paradise is home Approda sugli schermi di tutto il mondo (in contemporanea in oltre 100 paesi tramite le reti di Fox International) la nuova mini-serie evento in dieci puntate prodotta da M. Night Shyamalan, noto ai più per aver diretto, tra gli altri, i lungometraggi Il Sesto Senso – poi diventato, […]

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Welcome to Wayward Pines – where paradise is home

Approda sugli schermi di tutto il mondo (in contemporanea in oltre 100 paesi tramite le reti di Fox International) la nuova mini-serie evento in dieci puntate prodotta da M. Night Shyamalan, noto ai più per aver diretto, tra gli altri, i lungometraggi Il Sesto Senso – poi diventato, a ragione, un cult del genere – Lady in the water The Village, e che ha anche diretto questo episodio pilota.

Ma vediamo di entrare un po’ meglio nell’atmosfera di questa nuova, angosciante serie tv: innanzitutto, dobbiamo davvero aspettarci il capolavoro tanto annunciato?
Iniziamo subito col dire che no, Shyalaman non ha inventato un nuovo genere, e non si è ispirato così tanto a Twin Peaks come più volte lasciato intendere (anche se alcune scene effettivamente urlano David Lynch da ogni fotogramma). La storia di fondo deve sicuramente molto al capostipite del mistery drama, ma questo è dovuto soprattutto a fatto che l’autore del romanzo da cui la serie è tratta (Pines di Blake Crouch) cita tra le sue fonti principali proprio la serie del 1990.

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In realtà, ad un primo sguardo, la serie sembra attingere a piene mani anche da Lost.
Ed è proprio a Lost che pensiamo nel primissimo secondo di questo pilot, con il primissimo piano dell’occhio di Ethan Burke (un Matt Dillon calato nella parte in modo assolutamente perfetto), vittima di un “presunto” incidente stradale da cui si risveglia in mezzo ad un bosco (?! e questo è solo il primo dei numerosissimi WTF che mi sono trovato ad esclamare nel corso di questi primi quaranta minuti).

Da quello che possiamo apprendere in questa prima puntata (ma immagino ci sarà ancora molto da imparare), Ethan è un agente segreto (Detective Cooper who?) alla ricerca, insieme al suo partner, di due colleghi scomparsi in circostanze misteriose proprio nel dintorni di Wayward Pines – tra cui Sarah Hewson, ex collega e interesse amoroso. Qualcosa però va storto durante il tragitto, in quanto la macchina dei due si schianta contro qualcosa (non ci è dato sapere cosa).
Il poveraccio si risveglia dal bruttissimo incidente, appunto, nel bosco della cittadina, e dirigendosi barcollando verso Wayward Pines si accorge subito che c’e qualcosa nella cittadina che proprio non va.

Si risveglia, infatti, nell’ospedale di Wayward Pines, dove trova l’amorevole infermierina Pam (ruolo decisamente azzeccato per Melissa Meo) che a discapito della prima impressione – tre secondi – di personcina un po’ svitata ma perbene, rivelerà subito dopo la sua natura di pazza psicopatica nel momento in cui si rifiuta di fargli utilizzare il telefono.
Il nostro protagonista, comprensibilmente desideroso di sentire la sua famiglia, fugge dall’ospedale e si dirige verso l’ufficio dello sceriffo (dove, stando a quanto dice Pam, sono custoditi i suoi effetti personali – telefonino compreso).
Ovviamente, trova chiuso. E quindi che si fa? Ma sì, andiamo a mangiare un paninozzo.

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Da questo momento, Ethan incontra una serie di personaggi che suscitano, alternativamente, senso di inquietudine o voglia di schiaffi (anche qui, Twin Peaks docet).

Partiamo con Beverly, avvenente barista che si offre subito di aiutare Ethan, offrendogli un pranzo e l’indirizzo di casa – così, nel caso in cui dovesse cacciarsi nei guai. Il bigliettino recita anche

There are no crickets in Wayward Pines

Ovviamente, Ethan (che è in giro senza documenti, senza soldi, senza cellulare, senza distintivo) si caccia nei guai già dalla mattina seguente, quando il direttore dell’albergo in cui ha alloggiato la notte lo invita ad andarsene.
Tant’è, Ethan si dirige all’indirizzo fornitogli da Beverly (a detta sua, l’unica persona gentile che ha incontrato finora in città) e si ritrova in men che non si dica in un rudere completamente abbandonato. Abbandonato chissà da quanto, poi, visto che al suo interno Ethan trova il cadavere del primo agente scomparso, in condizioni non proprio perfette diciamo.

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Altro motivo, questo, per andare dallo sceriffo Arnold Pope, che vince sicuramente la palma del personaggio più attira-schiaffi della serie. Con aria di sufficienza, lo ascolta mentre gli racconta cosa ha appena visto e, addirittura, gli consente di utilizzare un telefono per chiamare a casa.
Ma, come era prevedibile, non risponde nessuno. E alla moglie i suoi messaggi in segreteria non arrivano.TerrenceHoward

Qui si inizia a capire che qualcosa davvero non va in questa città. La conferma arriva quando Ethan, visibilmente scosso, si reca nuovamente nel bar della sera prima per scoprire che – udite udite – non esiste nessuna Beverly che lavora lì. Dopo la colluttazione con il vero proprietario capiamo (o almeno possiamo intuire) che gli abitanti non vogliono far uscire Ethan Burke dalla città. Il perchè non si sa, e immagino che non lo scopriremo tanto presto.

Ethan è, a questo punto, contentissimo di svegliarsi nuovamente nell’ospedale sotto le grinfie del Dr. Jenkins (uno psichiatra che, in tempo zero, gli dice che sta soffrendo di allucinazioni a causa di un’emorragia cerebrale e che va operato d’urgenza) e di Pam, che stavolta non va per il sottile: gli pianta una siringa con del sedativo in una gamba e lo porta alla sala operatoria.

Quella che segue è, a mio avviso, la scena migliore e più ad effetto di tutto l’episodio. La fuga insieme a Beverly e l’inseguimento da parte dell’infermiera pazza mi hanno letteralmente lasciato senza fiato, così come i metodi della psycho per convincere Ethan ad uscire dal suo nascondiglio:

Il tuo regalo è l’anestesia per l’operazione

Creepy.

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Ma è proprio a questo punto che il ritmo della narrazione accelera e prende una piega davvero assurda. In pochi minuti, alla fine dell’episodio, scopriamo scopriamo che Beverly crede di essere nell’anno 2000, che Sarah in realtà è viva e vegeta e vive a Wayward Pines da ben dodici anni (come se il tempo qui trascorresse in modo diverso, essendo passate solo cinque settimane dalla scomparsa) e, dulcis in fundo, che da questa città non si può scappare, e che “qualcuno” (anche qui, non ci è dato sapere chi o cosa) ascolta e vede tutto. Cioè, WHAT THE ACTUAL FUCK?

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Questa prima puntata ha messo davvero tantissima carne al fuoco, e nonostante le somiglianze evidentissime con le serie alle quali si ispira trovo che abbia saputo – nel primo episodio perlomeno – prenderne il meglio e farne tesoro. “Where paradise is home” mi ha trasmesso, fin dalla prima sequenza, un senso di angoscia assoluto e, per ora, è riuscita a fare quello che qualunque pilot dovrebbe: indurmi a guardare il secondo episodio e, per di più, ad attenderlo con ansia.
Potremmo parlare per ore del fatto che “There are no crickets in Wayward Pines” suona fin troppo come “The howls are not what they seem”, o sul fatto che spesso e volentieri questa puntata mi ha ricordato Lost Under The Dome; la verità è che le similitudini ci sono, ma finché non influiranno a tal punto da far diventare la serie una “copia” sputata di qualcos’altro potranno rappresentare, invece di un difetto, un punto di forza.

La regia di Shyamalan è, ovviamente, assolutamente perfetta: inquadrature estremamente riuscite, fotografia estremamente pulita. Anche troppo – sembra di stare in uno studio televisivo – ma probabilmente è voluto, e in effetti montaggio, regia e fotografia contribuiscono in gran parte a creare il senso di straniamento che si prova durante la visione.

Insomma, ogni volta che si parla di serie-evento le aspettative che si creano sono alte. Non so ancora se le attese siano state rispettate – e sarebbe inutile cercare di capirlo da un pilot di 40 minuti – ma sicuramente questo primo appuntamento con Wayward Pines convince e invoglia ad andare avanti. Il mio voto alla puntata è di quattro PorcaMiseria su cinque.

4

 

Considerazioni Sparse

E ripartiamo con le considerazioni sparse, tra cui le deduzioni che provo ad abbozzare durante la visione che puntualmente vengono smentite dagli episodi successivi (vedi Fortitude).

  • Ci ho fatto caso dopo un po’, ma il cellulare di Ethan non prende e tutti i telefoni che ho visto sono dell’anteguerra; i personaggi, inoltre, non fanno mai menzione a telefoni cellulari. Mi chiedo in che anno si trovino veramente, visto che Sarah crede di essere lì da dodici anni e Beverly pensa di essere ancora nell’anno 2000.
  • Ethan, riferendosi alle sue allucinazioni, chiede “Is it happening again?” e la mia mente vola subito a Twin Peaks.
  • Stessa cosa per il cartello “Welcome to Wayward Pines”. Brividi.
  • Mi chiedo il motivo per il quale Ethan sia – evidentemente – stato incastrato dal suo capo e dal Dr. Jenkins. Cos’avrà mai fatto questo poveraccio per meritano l’esilio in questa città dimenticata da Iddio (e, a quanto pare, persa nel tempo)?

 

Twitter Freaks!

La serie, nonostante gli ascolti non proprio esaltanti del pilot, sembra aver fatto incetta di consensi sulla rete:

C’è anche chi, come me, non ha capito una ceppa. Per me è un bene!

Data la densità narrativa degli eventi di questo pilot, c’è anche chi lo paragona impietosamente ad altre serie in cui la trama è – diciamo – un po’ più rarefatta:

L’appuntamento è alla prossima settimana con la recensione del secondo episodio! Stay tuned!

Porcamiseria

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