Molte cose possono succedere nell’arco di una giornata, specialmente in una giornata di festa. Peaky Blinders inizia la sua terza stagione con un episodio che non lascia indifferenti, e apre le danze per quella che sembra essere una vicenda dai risvolti decisamente complicati. Insieme agli Shelby abbiamo conquistato Birmingham, siamo entrati a Londra con prepotenza, uscendo vincitori dalla lotta impari contro Ebrei e Italiani, ora un nuovo nemico bussa alla porta della famiglia più pericolosa d’Inghilterra, un nemico che viene dall’est, mentre le mire espansionistiche portano a ovest, verso un molo a Boston che permetterebbe ai nostri di fare affari di portata mondiale.
L’episodio parte col faccione di Cillian Murphy rivolto al cielo, rassegnato alla morte e carico di malinconia per l’amore perduto: una delle scene finali della seconda stagione, potentissima, qui in versione riassunta, utile a ricordarci del misterioso compito futuro che il nostro Thomas Shelby dovrà svolgere per Winston Churchill. Due anni dopo ritroviamo Thomas sull’altare, decisamente più sollevato, pronto a consacrare l’amore ritrovato e già consumato con tanto di pargolo. Dal mistero dell’identità della sposa viene sollevato il velo solo all’ultimo secondo, il fatto che non si trattasse di Grace non ci aveva neanche sfiorato la mente: troppo poco sentita la breve storia con la cavallerizza May Carleton per soddisfare il romanticismo galoppante di gran parte degli spettatori.
Ovviamente quello di uno Shelby non può essere un matrimonio convenzionale, non mancano dunque gli inconvenienti e le ansie. Il primo a preoccuparsi di mantenere la serenità della festa è, per una volta, proprio Thomas, che, oltre a fare ramanzine preventive ai suoi scellerati compari, è evidentemente impaurito per il futuro della nascente famiglia; gli affari infatti non si fermano mai, neanche nel giorno delle nozze. Il fatto che il contatto russo che deve avviare i rapporti per l’affare tanto atteso si sia imbucato alla festa, risulta poco credibile visto il grado di controllo e preparazione proprio degli Shelby in ogni situazione. Gli sviluppi seguono comunque una strada non banale, le parti in gioco non sono mai due, le persone non sono mai quello che si pensa, ecco quindi già i primi regolamenti di conti, e questa volta notiamo qualcosa di diverso dal solito.
Se prima uccisioni e ferimenti vari venivano effettuati senza pensarci due volte, ora la determinazione di Thomas non viene seguita completamente dalla proverbiale ferocia di Arthur. Sia chiaro, il primogenito rimane il solito animale da ring capace di sbranare qualcuno su due piedi se provocato, ma lo vediamo troppo esitante nel momento decisivo. Tra i pii consigli della nuova compagna, e il rapporto a tratti umiliante con il più sveglio secondogenito, Arthur sembra essere il personaggio che ci regalerà più soddisfazioni. Non siamo sicuri che riuscirà a ripulirsi la coscienza, anche perché servirebbe davvero un miracolo, ma se continua a farsi rincorrere in cortile dal fratello come un bambinone ingenuo finisce che ci affezioniamo, e sappiamo bene cosa succede alla fine della stagione ai personaggi a cui ci si affeziona.
Il merito più grande dell’episodio è quello di saper coniugare perfettamente dimensione privata e professionale, calibrando l’introspezione e l’affiorare della coscienza dei personaggi con una tensione più pragmatica legata ai conflitti tra le parti e agli accordi economici. Questo aspetto è da sempre stato uno dei pilastri nella scrittura di Peaky Blinders, ma solo ora ci rendiamo conto di quanto ogni personaggio viva questa doppia dimensione con un travagliato conflitto interiore: le donne, da Grace a Polly, ma anche Lizzie e Ada, vivono con sofferenza l’impossibilità di una vita sentimentale e domestica serena, mentre gli uomini della famiglia, da sempre più abituati al cinismo, mostrano qualche debolezza di troppo. Parliamo di Arthur e Thomas, perché in realtà i due giovani John e Michael se la spassano senza farsi troppi problemi tra corse clandestine e notti di fuoco.
Steven Knight sceglie per la regia di questa stagione Tim Mielants, regista e autore di scarsa fama che in questo pilot inizia a farsi conoscere al grande pubblico a suon di inquadrature simmetriche e movimenti di camera che seguono le azioni dei personaggi. La fotografia dà ancora una volta il meglio di se quando il buio la fa da padrone, prediligendo i colori caldi del fuoco che fa spesso da principale fonte di luce. Lo stile registico di Peaky Blinders, rispetto alla prima stagione, è cambiato enormemente, il salto di qualità c’è stato lo scorso anno, ma sembra che ora si continui comunque a guardare in avanti verso un’identità più adulta, e non indietro verso gli esercizi di stile che caratterizzavano gli esordi.
Che la colonna sonora fosse uno dei tanti punti forti di Peaky Blinders lo si sapeva, ma la sorpresa è tanta quando parte You and Whose Army dei Radiohead sul finale di episodio al ritorno a Small Heath della famiglia, una traccia raffinata che va ad accostarsi alla carica giovanile degli Artic Monkeys ormai presenza stabile nella serie, e che simboleggia in qualche il modo la deviazione della rotta della serie verso una dimensione più riflessiva, testimoniata principalmente dal calvario interiore di Arthur e dal’atmosfera di ansia e paura ormai costante negli sguardi di Grace e di Polly. Peaky Blinders parte alla grande, l’unica cosa che si può rimproverare è una certa facilità dei dialoghi, non sempre brillanti, soprattutto quelli riservati alla flemmatica Grace, ma gli ingredienti per una grande (mini) stagione ci sono tutti, e non vediamo l’ora di assaporarli uno ad uno.
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Ma Arthur è troppo un tenero…voleva fare un discorso dal profondo del cuore!#PeakyBlinders #SerialUpdate
— Valentina Scarfia (@ValeDrella) May 9, 2016
Due scemi <333 #PeakyBlinders pic.twitter.com/bLK8PL8n2E
— monia 🏳️🌈 (@maplewhite1912) May 7, 2016
Ma esiste il fumo passivo indiretto? No perché io dopo cinque minuti ho smesso di contare le sigarette #PeakyBlinders
— 𝓬𝓱𝓻𝓲𝓼𝓼𝓲𝓮 ✨ (@hautevilles) May 7, 2016
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