Outlander2×09 Je Suis Prest

Mentre la guerra per l'indipendenza scozzese incombe, Jaime cerca allo stesso tempo di addestrare i suoi uomini a diventare dei veri e propri soldati, combattere contro il diverso modo di pensare di Dougal e confortare la sua amata Claire che è vittima di numerosi e traumatici ricordi della seconda guerra mondiale che l'hanno segnata profondamente.

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Se il precedente capitolo aveva grosso modo la funzione di episodio “fluidificante” all’interno di questa terza stagione, diversamente possiamo invece dire della nona puntata, la quale tributa un caloroso bentornato alle Highlands e agli Highlanders che ritroviamo come assoluti protagonisti a pieno regime. E per fortuna oserei dire! Perché se le vicende francesi sono state una piacevole e lussuosa parentesi utile per fornire un po’ di respiro alle manovre del regista e dare quindi un volto nuovo alla serie, almeno per qualche puntata, nell’ultimo periodo l’atmosfera cominciava a diventare vagamente asfittica. Per tanto si può dire che le tempistiche utilizzate dalla regia siano state impeccabili: non appena abbiamo avuto il sentore che la serie stesse navigando verso lidi un po’ troppo “opprimenti”, eccoci ributtati a capofitto nella verde e sconfinata atmosfera che ci è tanto familiare e che ridà quel tono e quel vigore tipici di Outlander.

E questo risulta evidente fin dall’inizio, quando Jamie e Claire, con il loro seguito composto da un centinaio di uomini di Lallybroch, raggiungono l’accampamento militare ritrovando dopo tanto tempo Angus e Rupert, i due personaggi con la vena forse più comica dell’intera serie esemplificata dal loro essere rozzi e magnificamente genuini. Quanto ci sono mancati!

Outlander 2x09 Je Suis Prest recensione

Come dicevamo, è palese quanto sia rigenerante questo ritorno alle origini, tanto per la trama quanto per i nostri protagonisti: i terribili eventi parigini sembrano quasi dissolversi lentamente minuto dopo minuto, permettendo a Claire e Jamie di abbracciare di nuovo un briciolo di felicità, lasciando quindi i brutti ricordi dall’altra sponda della Manica.

Tra i vecchi personaggi lasciati nelle colline montagnose delle Highlands c’è ovviamente anche Dougal, il burbero e ambizioso zio di Jamie con il quale in passato ha avuto diversi alterchi di una certo spessore. E nonostante il desiderio bruciante che alberga nel loro cuore di combattere per la liberazione della loro amata madre patria, gli scontri e i dibattiti tra i due uomini non ci mettono molto a riaccendersi, animati dal fuoco di quello che potremmo quasi definire uno scontro sia generazionale che di mentalità o, per meglio dire, un diverso modo di approcciarsi al nuovo, all’inevitabile progresso.

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Gli uomini di Lallybroch sono semplici artigiani e contadini, capaci a malapena di distinguere una vanga da una spada. Il compito di Dougal, Jamie e Murtagh, veri e propri guerrieri esperti, è quello di addestrare questi novizi all’arte della guerra per non farli trovare impreparati all’imminente battaglia che incombe sulle loro spalle inesperte.

Ed è proprio qui che viene a guastarsi quel fragile equilibrio percepito ad inizio episodio tra i due uomini. Dougal, da buon scozzese tradizionalista che ha ormai passato da un po’ la quarantina, è unicamente animato da quegli utopistici ideali patriottici fortemente radicati nella cultura highlander che rivedono nella passione e nell’ardimento, le uniche armi necessarie per affrontare l’esercito inglese. Che bisogno c’è di spendere intere settimane a destreggiarsi tra spade, moschetti e a comprendere i delicati meccanismi che regolano le strategie militari?

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Il forte e indomito spirito scozzese, tradotto con la cieca capacità di approcciarsi al campo di battaglia con una sconsiderata noncuranza del pericolo e profondere rabbiose urla intimidatorie nei confronti dei nemici, è assolutamente in grado di fare il grosso del lavoro.

Volendo dare una dimostrazione di questo, Dougal e 4 dei suoi uomini, irrompono improvvisamente durante l’addestramento di Jamie correndo e brandendo le spade, gridando con uno spirito che oserei definire quasi vichingo, cogliendo di sorpresa le nuove reclute e spaventandoli in maniera più che considerevole.

Ecco la forza dello spirito scozzese! E se solo cinque highlanders sono in grado di produrre questo effetto, chissà che risultato si potrebbe ottenere con tutto l’esercito al completo! Queste le motivazioni che dominano lo spirito del caro vecchio Dougal Meckenzie.

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Ad opporsi con raziocinio e vigore a questo modo di affrontare le cose, c’è Jamie che ancora una volta dimostra di essere il personaggio più poliedrico e completo dell’intera serie.

Il giovane Fraser rappresenta magnificamente la capacità di mediare, quella maniera giovane e fresca di ragionare a mente aperta senza dimenticare le proprie origini, in poche parole il perfetto collante tra il progresso e la tradizione. Senza abbandonare l’indomabile passione e l’amore incondizionato per la propria terra tipica di ogni highlander “fatto con la scorza” come diremmo dalle nostre parti, Jamie si oppone alle fervide convinzioni di Dougal cercando di far capire a lui, ma soprattutto ai soldati, che il coraggio e la passione da soli non sono sufficienti per sconfiggere un esercito così forte e preparato come quello inglese.

Marciare rigidi come dei manichini imbellettati a tempo dei tamburi, può suonare vagamente ridicolo e vezzoso agli occhi di un highlander, e questo Jamie lo sa, lo può capire perchè un tempo suonava alquanto stonato anche a lui.

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Ma il lungo periodo speso tra un popolo innovativo e avanguardista come quello francese, gli ha aperto gli occhi verso un nuovo modo di fare guerra ed è esattamente quello che vuole trasmettere ai suoi sottoposti.

Tutto questo ovviamente è già ragguardevole di per sè, ma Jamie unisce a questa notevole apertura mentale e al talento innato di infiammare gli animi dei suoi compagni  decisi finalmente a seguire i suoi insegnamenti, anche una grande capacità di leadearship. Non solo è in grado di tenere a bada sovversivi fuochi di paglia messi in atto da Dougal, ma esercita anche l’autodisciplina mischiata a quel senso di giusta democrazia, dimostrando che chiunque commetta errori capaci di minare la perfetta riuscita dell’addestramento, verrà punito severamente, lui compreso.

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Se volessimo proprio beatificare l’intrepido ragazzo, potremmo sottolineare anche e soprattutto il persistente occhio di riguardo che ha nei confronti della moglie nonostante il mare infinito di doveri e preoccupazioni che lo circondano. E’ infatti il solo ad accorgersi dei repentini cambi d’umore della donna di cui solo gli spettatori sono resi partecipi: se un momento appare felice e presente sia con lo sguardo che con le parole,  subito dopo i suoi occhi si perdono nel vuoto, vagando tristi e spenti verso qualcosa che solo lei sembra percepire.

Sono numerosi infatti i flashback che Claire rivive durante l’addestramento dei soldati e che la catapultano indietro durante i molti orrori e le poche gioie della seconda guerra mondiale, da lei vissuti a pieno e toccati con mano. Dagli accorgimenti e le direttive che impartiva quale infermiera professionista alle giovani reclute americane, alle chiacchiere frivole e spensierate che aveva con loro quale palese tentativo di mitigare il disagio in cui si trovavano e stemperare quindi la tensione palpabile che solo una guerra può addurre.

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La ragazza dà chiari ed evidenti segni di un disturbo post traumatico che però non si limita esclusivamente agli orrori della battaglia e alla paura di riviverli, ma che riguardano in maniera più specifica ed approfondita il suo senso di colpa: la sensazione di aver abbandonato un giovane soldato con cui aveva stretto amicizia mentre agonizzava ferito aldilà di una trincea, le ripiomba addosso come un fulmine a ciel sereno. E’ per lei un fatto terribile che il suo cervello aveva quasi del tutto cancellato come chiaro meccanismo di difesa, ma che si è ripresentato repentinamente e senza preavviso. Jamie la ascolta, cerca di confortarla e la rassicura del fatto che non dovrà vivere nuovamente una situazione di morte e devastazione perchè avrà cura di farla trasferire lontano dalle battaglie.

Ma questo per lei sarebbe anche peggio perchè vorrebbe dire tornare a sentirsi inutile, sola e impotente come si era sentita in quella trincea, immobile ed inerme davanti ad un solo muretto di terra che la separava da un uomo in fin di vita che forse avrebbe potuto salvare.

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E lei non vuole mai più sentirsi così, soprattutto perchè adesso le vite a rischio sono quelle di persone che conosce, che ama e che vuole proteggere a tutti i costi. Per tanto condividerà con i suoi compagni scozzesi ogni singolo momento di questa guerra, sperando di poter primeggiare sulle sorti di una storia che ha già scritto la parola fine sulla cultura delle Highlands, ma che lei adesso affronta con la consapevolezza di chi la storia la può cambiare.

L’eccellenza di Outander riecheggia nuovamente in questa nona puntata che ci riporta felicemente in quell’ambiente così terso, selvaggio e familiare. Ai turbamenti interiori di Claire fanno eco quelli di Jamie, Murtagh e tutti i loro commilitoni per l’imminente guerra che è sempre più alle porte. La maestosità del personaggio di Jamie, sempre più vero, complesso e a tutto tondo, ci trasporta sempre più dentro allo spirito della serie. Lo spirito attraverso il quale traspare quel patriottismo romantico, passionale e sincero, a tratti rappresentato quasi spasmodicamente dal personaggio di Dougal, dal quale però non trapela alcun fanatismo maniacale in stile americano, ma che, accompagnato dalle note di solenne e tradizionali musiche gaeliche, insignisce questo popolo così affascinante del titolo di genuini amanti della propria terra e delle proprie tradizioni. Cinque porca miseria per questo nono episodio.

5

 

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