Orange Is The New BlackSeason 5 Recap: Rivolta per la giustizia e altri racconti

Le detenute di Litchfield sono per la prima volta padrone del loro destino, la rivolta iniziata nel finale della quarta stagione dà uno scossone all'intera serie e offre spunti imprevedibili per molti personaggi. Una stagione ricca di momenti iconici e significativi, che conferma come Orange sia ormai il punto di riferimento per l'intero genere dramedy.

8.5

Ci potremmo mai stancare di Orange Is The New Black? Apparentemente no. La serie ideata da Jenji Kohan riesce per il quinto anno a convincere e a divertire grazie alla sua sferzante autoironia e agli ormai rodati meccanismi di dramedy. Difficile ricordare poi uno show che più di questo ha saputo negli anni ridefinire gli spazi dei suoi personaggi: la quinta stagione è fino a ora la più corale di tutte, anche grazie all’espediente collettivizzante della rivolta, che accomuna le detenute di Litchfield nello spirito di squadra e nell’illusione disperata di un lieto fine.

Il timore principale, come avevamo scritto nella recensione del primo episodio, era quello di una banale dimostrazione del fallimento del modello anarchico e/o autogovernativo. Da Il signore delle mosche a La fattoria degli animali tanti sono i riferimenti culturali che hanno approfondito il tema; la stessa situazione politica italiana vede la mentalità del “popolo al potere” primeggiare nei consensi degli elettori. Sarà un caso ma la fine non è mai quella sperata dai protagonisti: tutto porta sempre a una situazione più o meno peggiore di quella precedente, con un passaggio intermedio di effimera riuscita. Nel caso di Litchfield si contano le ore che mancano all’irruzione delle squadre speciali: per la prima volta nella prigione, dunque, il tempo è denaro, e lo usano bene Taystee e compagne, per reclamare a gran voce i loro diritti e chiedere giustizia per la drammatica e ingiusta morte di Poussey Washington. Il discorso di Taystee nel momento del rilascio di Judy King, nel quinto episodio, è un potente grido di dolore: il personaggio di Danielle Brooks si fa portavoce di un’intera generazione di afroamericani, in un emozionante primo piano che grida Black Lives Matter in modo appassionato e autentico.

La grande quantità di attrici e personaggi della serie Netflix, e soprattutto il loro rimescolamento continuo nel minutaggio è sempre stata una delle armi vincenti della serie. Alcune degli innesti di questa stagione, o meglio di quella passata, qui approfonditi, funzionano alla perfezione: le tre bianche nazi-nazionaliste e le tre ispaniche/cani-da-guardia riescono a fornire spunti comici e insieme a entrare con facilità nei meccanismi narrativi, ognuna con una personalità differente, nessuna in grado di compiere il passo verso un ruolo primario, ma sarebbe l’ultima cosa di cui ha bisogno la serie. Proprio una delle ispaniche ci offre uno dei momenti di comicità più genuini della stagione quando imita alla perfezione Red, Nicky e Lorna, tre pilastri fin dal primo episodio.

Spassosa è anche, come sempre, Big Boo, che in completo da uomo si fa strada sul motivetto di Law & Order per difendere la povera Doggett, forse il personaggio più cambiato nel tempo; Leanne e Angie danno sempre grandi soddisfazioni, la loro esilarante imprevedibilità mantiene vivo il racconto in più di un’occasione, mentre il momento più dichiaratamente comico della stagione è l’assurdo talent show Litchfield Idol, che sdrammatizza in modo efficace sulla situazione dei prigionieri, su cui temevamo punizioni e torture ben peggiori. Divertenti i siparietti di Flaritza, il duo Flaca-Maritza, che riescono ad esplorare in qualche modo l’attualissimo tema della popolarità legata alla bellezza: negli anni in cui la propria immagine viene decisa su Instagram, la presenza incontrollata e illimitata di internet sugli smartphone permette alle giovani detenute di fare i conti con la propria immagine virtuale, e tra un video tutorial e un selfie di tre quarti, vedere Flaca rimanere delusa dalla cattiveria dei commenti della gente, appare come un momento di improvviso ed inaspettato realismo, in mezzo alle tante assurdità che Orange da sempre propone.

Il tema della cattiveria del web viene approfondito già dall’inizio con la video-denuncia di Taystee & Co., il cui disperato messaggio viene ignorato dalla massa della rete a favore di meme virali di dubbio gusto. L’impegno sociale viene sapientemente dosato tra una gag e l’altra, la lista dei desideri del terzo episodio ne è la perfetta dimostrazione, una colpo di classe della sceneggiatura che riesce ad evidenziare con credibilità la superficialità della massa e l’assurdità della democrazia a tutti i costi. Non abbiamo perso di vista i personaggi principali, e con loro quella che dovrebbe essere la storyline thriller, purtroppo poco riuscita: sfiziosa la trovata di inserire l’entrata in scena di Piscatella nel contesto parodistico horror del nono episodio, ma quando i toni diventano forzatamente drammatici la credibilità si allontana, e con essa il trasporto dello spettatore; ci riferiamo alle angherie del gigante nei confronti di Red e le altre: manca la motivazione di così tanta cattiveria, non basta una barba tagliata, manca il piano di un personaggio che fino a quel momento aveva fatto del rigore razionale la sua forza, manca la sensazione di pericolo che una scena del genere dovrebbe portare con sé; c’è in compenso un finale prevedibilissimo.

Con la miriade di personaggi sullo schermo, è normale che qualche vicenda appaia più azzeccata di altre: Red, causa metanfetamine, risulta sopra le righe (anche a livello recitativo) per tutta la stagione, la parte del leone ferito poi l’aveva già fatta qui e là; allo stesso modo forse ci aspettavamo uno sviluppo diverso per la storia di Suzanne, che inizia in modo interessante con la mancata somministrazione dei medicinali, ma che sfocia in un “dare di matto” che non sorprende più, e anzi dopo 5 anni stufa. Piper e Alex, ufficialmente coppia, non fanno danni, mentre Nicky è improvvisamente diventata una delle poche con del sale in zucca, laddove Gloria invece lo era ma ora non lo è più. Dayanara (toccante il suo monologo finale) sembra aver finalmente trovato un senso, rigettando definitivamente la guida di una sempre più sbandata Aleida, ma c’è da scommettere che sarà di nuovo crisi per la giovane e sfortunata mamma il prossimo anno.

Una stagione riuscita, migliore anche delle ultime due, e tolto qualche calo della qualità nella parte finale, carica di momenti iconici e significativi: dal finale diviso in due, tra la forza dell’unione delle protagoniste e lo smistamento senza speranza delle altre, dal ricordo di Poussey in mensa prima e con la libreria dopo, alle trattative estenuanti tra Taystee, Caputo e la Figueroa, dai bagni chimici chiusi col nastro adesivo e usati come prigione nella prigione, alle scorribande nei corridoi.
“Sì sì, lo sappiamo, il potere logora” qualcuno dice nel terzo episodio, e Orange Is The New Black conclude così la sua quinta prova, con la stessa noncurante consapevolezza di quella frase, consapevolezza dell’importanza dei propri temi e della capacità non doversi ormai neanche più prendersi sul serio.

Porcamiseria
  • 8/10
    Storia - 8/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 9.5/10
    Emozione - 9.5/10
8.5/10

Riassunto

La storia non delude le aspettative, varia e integra in modo efficace passaggi significativi e vicende di contorno. Il momento thriller della furia di Piscatella è forse l’unico passaggio a vuoto e non necessario. Tutto è a servizio di una scrittura divertente e ironica, che si perde qualche dettaglio (il conteggio finale delle detenute è inspegabilmente sbagliato), ma che raggiunge per il quinto anno vette di intensità emotiva che raramente gli show televisivi hanno il coraggio di ricercare.

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Porcamiseria

8.5

La storia non delude le aspettative, varia e integra in modo efficace passaggi significativi e vicende di contorno. Il momento thriller della furia di Piscatella è forse l'unico passaggio a vuoto e non necessario. Tutto è a servizio di una scrittura divertente e ironica, che si perde qualche dettaglio (il conteggio finale delle detenute è inspegabilmente sbagliato), ma che raggiunge per il quinto anno vette di intensità emotiva che raramente gli show televisivi hanno il coraggio di ricercare.

Storia 8 Tecnica 8 Emozione 9.5
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