La tanto attesa quarta stagione di Orange Is the New Black prende avvio dal carismatico ed entusiasmante season finale precedente. Le nostre detenute preferite sono proprio lì dove le avevamo lasciate: immerse nelle acque della libertà, protagoniste di un’evasione grottesca e a tratti parodistica. Come intermezzo alla loro più piena manifestazione di gioia e liberazione, si inseriscono vari tasselli narrativi: l’autocelebrazione di Piper come gangster, il delirio incompetente delle guardie per un’operazione antisommossa e la sorte di Alex.
La storyline della Vause era quella che, nella finale evasione, determinava un’alta suspense, facendo terminare la terza stagione con una Spannung irrisolta. Preda del sicario del cartello, viene salvata dalla stravagante ed eccentrica Lolly, che opta per una soluzione estrema. Una scena dall’efficace gusto tragicomico, in quanto la tensione vissuta da Alex è scandita dalle parole e dai gesti estrosi di Lolly, creando una struttura ossimorica che, ad appena nove minuti dall’inizio, già ci fa amare questa première.
La piccola fuga ha ovviamente durata breve. Il ritorno a Litchfield è caratterizzato, però, da una situazione estremamente disagiata, dovuta all’arrivo, preannunciato in precedenza, di nuove detenute. Rinchiusi tutti i personaggi nell’unico spazio della sala mensa, in un clima claustrofobico, si offre allo spettatore una sapiente panoramica, con una continua oscillazione della focalizzazione. Ed ecco che passiamo dai resoconti di Morello sul suo matrimonio, alla fragile condizione di Dayanara, al rancore di Tiffany verso il suo carnefice.
L’occhio prospettico si ferma poi sulle sui generis black girls, tra le quali spicca la preoccupazione per Suzanne, che non è rientrata, ostaggio della favolosa Maureen, ma soprattutto un accorato monologo, in forma breve, di Cindy sul razzismo, su come tale piaga infetti e riguardi tutti, concludendo con la massima: “America,terra di uomini liberi e patria dei razzisti”. Lo stile retorico della nostra Cindy è inconfondibile: attraverso la canonica lievitas di Orange Is the New Black vengono trasmesse pillole di satira e analisi sociale, fuggendo da qualsiasi pedante tentativo didascalico.
Attraverso la prospettiva esterna delle nuove detenute, Chapman viene considerata la nuova jefa. Una consacrazione che stupisce Alex, la quale resta allibita di fronte alla tracotanza di Piper. In realtà il non riconoscimento del suo ruolo e l’isolamento del proprio punto di vista rispetto a quello delle altre conferisce alla situazione di Piper una sfumatura anti-frastica. Il tutto arricchito da un parallelismo antitetico che si crea nella memoria dello spettatore, nel momento in cui viene rappresentato l’ingresso in prigione della celebre Judy King, il cui esordio si pone agli antipodi rispetto a quello di Piper.
Judy è infatti spavalda, sicura di sé, flessibile tanto quanto Piper era una dolce giovane donna borghese, nel pilot, timorosa e perplessa. Judy, invece, vive la disastrosa organizzazione di Litchfield con un’ironia e un sarcasmo che, per certi versi, ci ricorda Red, per il protagonismo egotistico del suo Io.
L’episodio culmina con un forte potenziale drammatico nella storyline di Alex. Alle prese con la matematica dell’omicidio, ora di sua mano, l’avventura della Vause conferisce a questa première una nota noir, abilmente architettata, con una commistione di horror vacui e aspetti caricaturali.
L’episodio merita 5 porcamiseria, per aver offerto una panoramica completa di tutte le storyline, in modo dilettevole, ma allo stesso drammatico, attraverso un climax ascendente fatto di suspense e riso, che rende questa nuova stagione molto promettente!
"Cut my life into pieces" di sottofondo mentre tagliano un cadavere è tanto macabro quanto geniale. #OrangeIsTheNewBlack
— Valentina (@valentineHM) June 17, 2016
Due motivi per cui essere felici oggi: è Venerdì ed è uscita la nuova stagione di #OrangeIsTheNewBlack ! 👏 #TGIF 🎉 pic.twitter.com/8hveHLjHUr
— ASOS Italia (@ASOS_IT) June 17, 2016