Once Upon a Time7×01 Hyperion Heights

Season Premiere Chiuso un libro, se ne apre un altro in Once Upon A Time: Henry diventa il protagonista e ci porta con sé in una nuova avventura. Tra un'altra versione della Foresta Incantata e i quartieri stregati di Seattle, conosciamo i nuovi personaggi e scopriamo cosa ne è stato di alcuni dei nostri beniamini, attraverso un tentativo di reboot ancora troppo impegnato a riecheggiare la prima stagione.

6.8

Dopo un’intera stagione in bilico tra il ritorno alle origini e la ricerca di una rinfrescante dose di novità, Once Upon A Time mantiene la rotta ed esagera in entrambi i sensi, con quello che possiamo considerare a tutti gli effetti il tentativo di reboot della serie, con tanto di sapore nostalgico e citazionista per non tagliare troppo i ponti con ciò che si è seminato e portato a maturazione. Un passo coraggioso mosso in tempi quanto mai propizi – grazie alla recente scadenza di gran parte dei contratti del cast principale – che tuttavia non riesce a celare il disperato tentativo di rianimare un prodotto che, dal punto di vista dei ratings, era da darsi per spacciato.

Ad aprire questo nuovo capitolo, dopo l’intro che richiama il pilot della serie, è un giovane Henry che, mentre tutti vivono entusiasti il loro nuovo e lieto inizio, percepisce i confini di Storybrooke come sempre più stretti: nonostante la sua casa e la sua famiglia siano lì, il ragazzo deve ancora trovare il proprio posto nel mondo, la propria storia. D’altronde, Henry è unico nel suo genere, non appartiene a nessun libro o a nessuna favola e ha sempre osservato gli altri compiere imprese eroiche, senza mai sentirsi all’altezza di schierarsi in prima fila; nemmeno la storyline che lo ha visto protagonista come Autore, a causa di una rappresentazione incostante e frammentata che lo relegava al ruolo di deus ex machina nei finali di stagione, è riuscita ad assecondare il percorso di crescita del giovane, inevitabilmente sempre più distante dal bambino da proteggere che avevamo nelle prime stagioni.

Dopo averlo visto saltare in sella ad una moto e attraversare un portale alla ricerca di nuove avventure, lo ritroviamo anni dopo in quella che sembra una nuova Foresta Incantata e, ancora più tardi, sull’uscio del suo appartamento di Seattle, proprio dove lo avevamo lasciato nella scorsa stagione. Veniamo introdotti così al nuovo Henry, un personaggio che conserva le caratteristiche del nostro beniamino e allo stesso tempo si rivela una promettente scommessa per il futuro, grazie ad una maturazione inedita e tutta da scoprire e all’interpretazione di Andrew J. West, il sosia più espressivo di Jared Gilmore. Insieme a lui, conosciamo meglio anche la piccola Lucy, la figlia di cui l’uomo non ricorda l’esistenza e che vuole in tutti i modi convincere il padre ad andare a casa con lei. Déjà vu, ne abbiamo?

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Nonostante ambientazione, cast, personaggi e versioni delle favole siano cambiati, resta invariata la modalità per raccontarli, ossia quell’apparato di sortilegi, amnesie, incontri fortuiti e luoghi stregati che da sempre hanno costituito lo spirito di Once Upon A Time. La ripresa di questi elementi, così come il richiamo costante ai primissimi episodi della serie e ai momenti più iconici, era da considerarsi inclusa nel pacchetto che questo reboot ci vuole offrire, ma di certo non si astiene da grossi inciampi: se per il contesto la formula sembra funzionare più di quanto ci aspettassimo, lo stesso non accade con le dinamiche tra i personaggi e le caratterizzazioni di questi ultimi, che spesso sembrano le copie sbiadite dei protagonisti del passato, come nel già citato caso di Lucy, fin troppo simile al padre quando si presentò alla porta di Emma.

Alcune perplessità sono suscitate anche dall’apertura di un nuovo libro e dall’esplorazione di diverse versioni di favole già viste in precedenza. Dopo aver sfruttato ogni singolo elemento della mitologia di Biancaneve, il testimone passa a Cenerentola e alla sua famiglia, una scelta non proprio tra le più originali, che sarebbe stata più adatta per la produzione di uno spin-off. Nonostante le differenze e i tentativi di rimaneggiamento ancora più audaci del solito – con la principessa che arriva al ballo dopo un’improbabile corsa in moto – questa favola compare per la seconda volta in Once Upon A Time e, per giunta, con la solita giustificazione cervellotica e difficile da comprendere.

Anche qui i personaggi non sono tra i più originali, e la somiglianza eccessiva con la caratterizzazione di Regina e dello sceriffo Graham nella prima stagione riesce a gettare un’ombra sulle gradevoli interpretazioni di Gabrielle Anwar e Adelaide Kane, rispettivamente i volti di Lady Tremaine e Drizella. Mentre risulta ancora troppo presto per dare un giudizio su Dania Ramirez e la sua nuova versione della principessa con una sola scarpetta, a suscitare interesse è il personaggio di Alice, che inaspettatamente assume un’aura di mistero grazie al suo fare sospetto e la vicinanza alla figura di Tremotino. Riuscirà a far dimenticare, o quantomeno riscattare agli occhi di quei pochi sciagurati che lo hanno visto, il ricordo dello spin-off ambientato nel Paese delle Meraviglie?

L’ansia di rinnovamento ha però avuto un limite e, in un episodio dalla piega così nuova e disorientante, ambientato nelle strade sconosciute di Hyperion Heights, ad accogliere e far sentire a casa lo spettatore arrivano i volti amici di alcune colonne portanti della serie. Facciamo infatti la conoscenza degli alter-ego di personaggi a noi carissimi, riassaporando le loro consuete peculiarità ed avendo allo stesso tempo un assaggio dei nuovi ruoli che l’ennesimo Sortilegio – il quinto, se abbiamo contato bene – ha attribuito loro. La barista Roni, che conserva il sarcasmo, la saggezza e la grinta di Regina, lasciandosi alle spalle i vestiti eleganti e il fare serioso, si impone negli ultimi minuti come degna avversaria di Lady Tremaine, mentre l’integro e responsabile poliziotto Rogers ci riporta a quell’Uncino delle ultime stagioni, sempre pronto ad aiutare il prossimo e sempre attratto, quasi magneticamente, dalla sua Swan. Troppo poco sappiamo, invece, riguardo il detective Weaver, se non che i suoi metodi poco ortodossi non smentiscono l’ambiguità e la complessità di Tremotino.

Nonostante anche in questo non si nasconda troppo l’intenzione di premere sulla nostalgia e l’affetto dei fan più abituali, è innegabile che questi graditissimi ritorni, resi ancora più i benvenuti dal distacco qualitativo che separa la recitazione dei tre attori – ormai più che navigati – da quella dei nuovi acquisti del cast, contribuiscono a gettare le migliori basi per una stagione che si spera sappia andare oltre l’effetto reboot e regalarci non solo tante emozioni, ma anche storyline inedite e trattate con rispetto.

Porcamiseria
  • 6.5/10
    Storia - 6.5/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 8/10
    Emozione - 8/10
6.8/10

In breve

La settima stagione si apre con un episodio dal doppio compito: da un lato rendere appetitoso il reboot in atto, dall’altro non dimenticare ciò che è accaduto finora e i personaggi che hanno fatto parte della nostra storia. Il risultato è promettente, anche se l’eccessivo e talvolta pedissequo citazionismo ai primi tempi della serie non può che lasciare allo spettatore una sensazione di già visto e mancanza di originalità.

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6.8

La settima stagione si apre con un episodio dal doppio compito: da un lato rendere appetitoso il reboot in atto, dall'altro non dimenticare ciò che è accaduto finora e i personaggi che hanno fatto parte della nostra storia. Il risultato è promettente, anche se l'eccessivo e talvolta pedissequo citazionismo ai primi tempi della serie non può che lasciare allo spettatore una sensazione di già visto e mancanza di originalità.

Storia 6.5 Tecnica 6 Emozione 8
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