Marvel’s The Defenders1×08 The Defenders

Season Finale La conclusione delle avventure dei quattro eroi più asociali di New York porta a una serie di considerazioni che Marvel e Netflix farebbero bene a tenere in conto per il prossimo futuro, prima fra tutte che non bastano quattro protagonisti a fare un gruppo.

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Come la fine dell’estate, troppo presto arriva il finale di The Defenders, una delle serie più attese tra le originali Netflixche ha portato a compimento il progetto legato a Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage Iron Fist. I quattro supereroi continueranno sicuramente ad essere titolari delle proprie serie singole (a cui si aggiungerà lo spin-off The Punisher), mentre non è ancora confermato se vi sarà o meno un’altra avventura che li vedrà nuovamente uniti. Certo, se ciò dovesse accadere, Marvel e Netflix dovrebbero fare tesoro di questa prima stagione, troppo altalenante e sbilanciata per poter soddisfare pienamente le altissime aspettative degli spettatori.

Eravamo quattro amici al bar…

Nell’ultimo episodio le conseguenze delle azioni del più scemo Iron Fist di sempre danno del filo da torcere ai nostri eroi, ricongiuntisi alla Midland Circle e intenzionati a far saltare in aria tutto. Lo stucchevole buonismo di Luke garantisce del minutaggio a sterili conversazioni sulla necessità o meno di far saltare l’edificio della Mano, già dichiarato vuoto da Matt. Recuperato Danny dalle grinfie della Mano, il gruppo affronta per l’ultima volta sgherri e leader vecchi e nuovi dell’organizzazione criminale, prima di dividersi nuovamente a seguito della decisione di Matt di tentare di convincere Elektra a cambiare fazione. L’avvocato e l’assassina rimangono coinvolti nell’esplosione, causata dal corpo di Bakuto decapitato da Colleen, e vengono ritenuti morti dal resto della combriccola. In realtà Matt è ancora vivo ma incosciente nel letto di un convento, quello dove si era ritirata sua madre.

L’immancabile piano sequenza delle serie Marvel/Netflix ci regala delle piacevoli scene d’azione, a tratti confusionarie e non del tutto memorabili, con un montaggio che passa repentinamente dal museo dei fossili di drago al combattimento con Bakuto e una colonna sonora anticlimatica. Aleggia ancora un bel po’ di mistero sulla reale portata dell’Iron Fist, e i livelli di forza tra i personaggi sono spesso incostanti. Rimane comunque soddisfacente vedere combattere insieme i quattro eroi, anche se la regia indugia più sui singoli che sull’interazione.

Il finale di stagione riassume poi perfettamente i difetti generali di questo crossover: anzitutto partiamo dai veri assenti di questo The Defenders, paradossalmente il gruppo che dà il nome alla serie stessa! Gli scarsi sei minuti in cui agiscono insieme in questo episodio fanno il paio coi quarantadue nel totale della stagione: una media di cinque minuti e mezzo a puntata, o, meglio ancora, un solo intero episodio su otto; nei restanti sette non ci sarebbero quindi scene che li vedono coinvolti assieme! È un dettaglio essenziale in una serie che pretende di essere corale e di far convergere le quattro linee tracciate dagli show singoli. Nelle scene in cui il gruppo è presente riusciamo a percepire l’intesa tra i componenti, anche in quelle d’azione (come nell’esordio sul finale del terzo episodio); il problema è che più che un gruppo compatto, affiatato e accomunato da diversi elementi, sembra di avere davanti un’estemporanea riunione di personalità forzatamente aggregate.

Maggiore risalto assume quest’aspetto se messo a confronto con lo squilibrato minutaggio dedicato alle vicende di Iron Fist e particolarmente di Colleen, la cui narrazione è decisamente fuori luogo e sproporzionata, tanto da farle addirittura eliminare un leader della Mano (cui sicuramente era la più connessa, ma queste dinamiche erano già state affrontate nella serie dedicata a Danny Rand). Se una tale sproporzione ci doveva essere, avremmo preferito fosse nei confronti di Claire, il vero collante di questo gruppo, presente fin dagli esordi del Diavolo di Hell’s Kitchen, e a cui sarebbe spettato un ruolo sicuramente più di riguardo che non la spalla/fidanzata di. Allo stesso modo Misty si guadagna un posto in scena, ma non certo per le sue capacità intellettive (non viene nemmeno mostrato Luke che va a trovarla in ospedale…). Più sommessi e indicati i segmenti dedicati ai sidekick di Matt e Jessica, che nel loro piccolo riescono a rendere bene la complessità del lavoro di caratterizzazione svolto altrove.

Quanto alla storia in sé, anche in questo caso l’episodio è sintomatico di una stagione che mescola dei buoni spunti e mitologia Marvel consolidata a enormi plot hole da fare invidia al buco della Midland Circles. Che la polizia insabbi tutto e finisca a tarallucci e vino con tre evasi e un’esplosione al centro di Manhattan non è proprio credibile, considerando anche la presunta morte di Matt Murdock. Sulla Mano poi si è detto di tutto e di più, contraddicendo anche quanto ammesso, ad esempio, nella prima stagione di Daredevil, e smontando del tutto la minaccia dell’organizzazione e soprattutto dei suoi leader, tra cui solo Madame Gao riesce a mantenere la reputazione precedente. Liquidata in fretta (forse troppa) la leadership di Alexandra, resta ben poco del carisma della Weaver, e l’interpretazione di Elektra di certo non aiuta.

Il finale di stagione è forse tra gli episodi più deboli, sia a livello narrativo che formale, senza particolari manierismi o ispirazioni che portino la puntata al di là della sufficienza. Sicuramente il tutto solletica il lato emotivo dello spettatore, contento di vedere per bene in azione i protagonisti e la maturazione della maggior parte di loro in funzione del ritorno alle proprie vite (e serie singole), ma non è sufficiente ad alzare il voto di più di mezzo punto.

3

 

Con questa nuova serie il piatto della bilancia pende verso una allarmante criticità

Sui difetti della stagione numero uno di The Defenders abbiamo già detto, a conferma di un andazzo che per Marvel/Netflix è ormai diventato una regola piuttosto che un’eccezione: a un inizio travolgente e accattivante non corrisponde la metà stagione finale, persa in dettagli ed errori francamente superficiali ed evitabili. Se la costanza di DaredevilJessica Jones era bilanciata dalle altalenanti Luke Cage Iron Fist, con questa nuova serie il piatto della bilancia pende verso una allarmante criticità che dovrebbe far riflettere gli autori. Intendiamoci, parliamo comunque di un prodotto di ottima fattura tecnica, dove fotografia e inquadrature sono ben sopra la sufficienza, e dove, nonostante tutto, la caratterizzazione dei personaggi nelle proprio singolarità è approfondita e argomentata (ad eccezione di Danny, che mostra un’involuzione preoccupante durante tutto l’arco narrativo per poi mettere una pezza nel finale Batman-style). Tra tutti spicca comunque Jessica Jones, cui toccano le battute più divertenti. Quinta protagonista (già nella bellissima sigla) è ovviamente New York City, che non è solo lo sfondo delle avventure degli eroi ma il fine ultimo delle loro azioni. La scelta di ricorrere a un arco di soli otto episodi, in cui concentrare gli eventi di 48 ore, non paga, ed evidenzia una frenesia che lascia spazio a distrazioni marcate.

2.5

 

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Note

  • La perdita del braccio di Misty (e la vicinanza di Colleen) è funzionale all’introduzione della protesi meccanica che l’omonima protagonista dei fumetti sfoggia negli albi. Nella versione cartacea l’arto è un dono di Tony Stark, che sia un tentativo di avvicinamento all’universo cinematografico Marvel?
  • Il finale riservato a Matt fa intendere che la terza stagione di Daredevil sarà influenzata da Devil: Rinascita, una delle storie più famose (e cupe) dell’Uomo senza paura, scritta da Frank Miller.
  • Tra Luke e Jessica sembra ancora esserci spazio per i sentimenti, cercando forse una convergenza con i fumetti, dove la coppia è sposata e ha una bambina.

 

Non alla polizia di New York, ché poi insabbiano tutto

Il chi va dal cervello alla mano

 

 

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