Marvel's Luke CageLuke Cage Season 1: Il Lato Black Della Marvel

La serie dedicata al terzo Defender, dopo Daredevil e Jessica Jones, si distingue per la sua anima profondamente black e per usare la componente supereroistica per raccontarci una storia più ampia, quella di Harlem.

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Introdotto nella prima stagione di Marvel’s Jessica Jones, Luke Cage è il protagonista della terza serie Netflix annessa al Marvel Cinematic Universe ed è anche quella finora più controversa, quella che ha raccolto pareri diametralmente opposti da pubblico e critica. Cos’è dunque che rende l’epopea di Luke Cage così differente da quelle di Daredevil o di Jessica Jones?

Harlem

La principale componente distintiva di questa serie è quella di voler raccontare, in chiave supereroistica, la realtà di Harlem, simbolo dell’America Nera dei giorni nostri, con le sue luci e le sue ombre, tanto che la figura stessa di Luke Cage è asservita a tale scopo, almeno in prima battuta. Co-protagonista della serie è dunque un’intera comunità, dilaniata tra la lotta per la sopravvivenza quotidiana e per un futuro di speranza e il suo dover sottostare impotente alle regole alternative della strada, dettate dalla criminalità organizzata e dalle lotte di potere, le cui maglie si annodano fittamente con quelle della politica. Volendo azzardare un paragone, potremmo dire che la realtà di Harlem è in un certo senso l’equivalente di quella della nostra Gomorra.

Il personaggio di Mariah Dillard diviene pertanto l’emblema di questa dicotomia: totalmente immolata alla causa per una Harlem migliore sotto i riflettori, celebrandone l’operosità, la vita, quanto di buono abbia da offrire, e invischiata in affari più che loschi dietro le quinte. Una dicotomia, la sua, che alberga anche dentro di lei, tra ciò che finge a tutti i costi di essere e la sua vera natura, condizionata dall’essere cresciuta nella famiglia più potente di tutta Harlem.

Marvel's Luke Cage recensione

La compresenza di luci e ombre viene peraltro raccontata attraverso i luoghi simbolo dello show: l’Harlem’s Paradise che dietro i lustrini dei suoi spettacoli musicali cela la stanza dei bottoni della malavita, la stazione di polizia crogiolo di agenti corrotti, fino ad arrivare al barber shop di Pop, ex malavitoso e adesso redento, territorio da sempre considerato neutrale e simbolo di una comunità che vuole affrancarsi definitivamente. E non è un caso che la morte di Pop per mano di uno scagnozzo di Cottonmouth sia il casus belli che darà il via all’epopea dell’eroe Luke Cage.

Il lavoro fatto in questo senso è pregevole e il risultato centrato in pieno, grazie anche ai mille riferimenti e omaggi alla black culture, attraverso citazioni storiche ai personaggi simbolo della lotta del movimento per i diritti civili – sin dalla sigla – e alla splendida colonna sonora che attinge all’intero panorama della black music nella sua accezione più ampia, e che vede anche esibizioni di alcuni dei musicisti più rappresentativi di Harlem. D’altro canto, però, potrebbe risultare difficile per uno spettatore europeo o comunque non avvezzo a tale cultura immedesimarsi in una realtà così particolare e così radicata nella storia americana.

Luke Cage

Se, come detto, Harlem è la costante dello show, la cui anima è presente in ogni singolo fotogramma, il protagonista sulla carta ne è invece l’anello più debole.

La caratterizzazione dell’uomo a prova di proiettile appare piuttosto scialba ed è distante anni luce dalle complesse personalità di Matt Murdock, Frank Castle o Jessica Jones, solo per citare “i buoni”. Il suo presunto dissidio interiore tra un uomo che si ritrova suo malgrado con straordinarie abilità e il suo dovere di eroe non è raccontato con sufficiente efficacia e il risultato finale sfocia quasi in incoerenza, nel voler rappresentare un uomo che vuol fuggire dal suo destino, che vuole nascondersi nel buio della notte, ma che al tempo stesso se ne va in giro a viso scoperto facendo sfoggio dei suoi poteri.

Marvel's Luke Cage recensione

È certo una provocazione quella di chi scrive, ma di certo le intenzioni degli sceneggiatori non hanno trovato un compimento. Anche il terzo episodio, Step in The Arena, interamente dedito ad esplorare il background dell’eroe, si rivela poco efficace del donare tridimensionalità al personaggio. Un personaggio che, invece, si poggia costantemente sulla fisicità di Mike Colter che, per contro, si rivela adattissima al ruolo e che sopperisce in qualche modo alle mancanze a livello di scrittura.

Il confronto con Daredevil è perso su tutta la linea: alla mancanza di spessore dell’eroe Luke Cage bisogna poi aggiungere il netto divario tra le due serie nelle scene d’azione, poche e piuttosto statiche, fatta eccezione per l’assedio al Crispus Attucks Complex che resta di fatto l’unica scena memorabile dell’intera stagione.

Villains

Un tris d’assi, è proprio il caso di dirlo, va invece a capeggiare le fila dei cattivi di Marvel’s Luke Cage. Tre personalità molto differenti tra loro, che incarnano tre diversi archetipi di villain che siamo abituati a vedere in prodotti di questo tipo.

Marvel's Luke Cage recensione

Cottonmouth è il boss mafioso d’altri tempi che pur nella sua spietatezza conserva un certo senso dell’onore, per cui il rispetto da parte degli altri rappresenta il vero potere. L’Harlem’s Paradise, che gestisce, è il suo più grande orgoglio, l’unica cosa che lo lega alla sua vera natura di musicista mancato, ora che volente o nolente è costretto a portare avanti la sanguinolenta attività di famiglia. Contrariamente al caso di Luke, per Cottonmouth i flashback diventano fondamentali per entrare nella psicologia del personaggio e creare una forte empatia con lo spettatore. Seppur in maniera profondamente diversa, il suo ruolo è quasi omologo a quello di Frank Castle nella seconda stagione di Daredevil. Ad impreziosire il tutto, la mirabile interpretazione del Premio Oscar Mahershala Ali, decisamente un paio di spanne sopra quella di Mike Colter.

Di Mariah Dillard e dei suoi dissidi interiori abbiamo già parlato in precedenza, ma il personaggio interpretato – superbamente – da Alfre Woodard è altrettanto complesso. Inizialmente controparte politica degli affari di Cottonmouth, il suo diviene un crescendo di spietatezza e accettazione del suo inevitabile destino, il cui “la” è dato dall’uccisione dello stesso Cottonmouth in preda ad un raptus d’ira. Mariah non è un villain nel senso più classico del termine, non usa la violenza nè si lascia andare a scelte dettate da orgoglio, rabbia, tranne che per la succitata occasione. Le sue sono mosse subdole, frutto di calcoli e/o opportunismo, senza sporcarsi direttamente le mani, con una perizia nell’utilizzo dei mass media e delle sue conoscenze per il suo tornaconto. E per questo molto più difficile da abbattere.

Willis “Diamondback” Stryker si aggiunge in corsa e diventa subito la principale minaccia per Luke Cage. Diamondback incarna perfettamente l’archetipo di villain senza scrupoli, brutale, folle, ossessionato dall’abbattere la sua nemesi, mosso dai sentimenti più viscerali e da risentimenti personali. Anche Erik LaRay Harvey fa un ottimo lavoro; quello che non convince piuttosto sono le motivazioni piuttosto banali dietro la sua ossessione per Luke Cage, banalità che ritroveremo peraltro nello scontro finale. Anche le modalità con cui lo spettatore verrà erudito circa il passato che lega Luke Cage/Carl Lucas a Stryker non sono propriamente il massimo dell’originalità e anzi, l’epifania di Luke nel ricordare i fatti della sua infanzia e realizzare così la verità è quantomeno risibile e sbrigativa. Un errore quasi da principianti.

Marvel's Luke Cage recensione

Se separatamente abbiamo poco da eccepire sui tre antagonisti di Marvel’s Luke Cage, è nell’economia della serie che questo potenziale viene quasi sprecato. Distribuire lo screentime di una sola stagione su tre personalità che avrebbero così tanto da dire ne diluisce viceversa l’impatto e rimangono così molto indietro rispetto alla magnificenza di Wilson Fisk o di Kilgrave. Fisk in particolare – di cui emblematicamente Cottonmouth cerca di raccogliere le redini nel panorama criminale di New York – è sintesi dei caratteri preponderanti di ognuno dei tre e per questo di gran lunga più inquietante.

We’re All Connected

Potremmo dire che Marvel’s Luke Cage quasi assume i tratti di una serie crime di stampo tradizionale, sia per i temi trattati sia per le modalità narrative scelte – nonché per la fotografia rigorosamente noir – e diventa pertanto quasi necessario rimarcare la sua interconnessione con il Marvel Cinematic Universe. I rimandi e gli easter egg all’interno della serie sono innumerevoli: l’origine Kree dei proiettili Judas capaci di ferire Luke, le armi di Cottonmouth fornite dalle Hammer Industries (viste in Iron Man 2), gli accenni alla Battaglia di New York, a Wilson Fisk, a Jessica Jones, fino al cameo radiofonico di Trish Walker.

Il vero anello di congiunzione con l’universo Marvel è però il personaggio di Claire Temple, una costante ormai di tutta la costola Netflix dell’MCU. In Marvel’s Luke Cage, il personaggio interpretato da Rosario Dawson acquista finalmente un ruolo di rilievo, finalizzato ad essere spinta morale di Luke Cage, portandolo così ad intraprendere con convinzione il cammino dell’eroe ed abbracciando allo stesso modo il suo di destino, a fianco di uomini e donne dalle abilità straordinarie. Claire Temple assume in un certo senso il ruolo di sidekick – per nulla utilizzato nel mondo Marvel – per Luke: amica, complice, (quasi) amante, bussola morale e ancora di salvezza quando tutto sembra ormai perduto.

Marvel's Luke Cage recensione

E per fortuna, le vicende di Claire non si concluderanno con questa prima stagione i Marvel’s Luke Cage. Il bigliettino della scuola di arti marziali raccolto sul finale è un chiarissimo segnale che la rivedremo per certo in Marvel’s Iron Fist. E non potevamo esserne più contenti.

In conclusione, la serie dedicata al terzo Defender, dopo Daredevil e Jessica Jones, si distingue per la sua anima profondamente black e per usare la componente supereroistica per raccontarci una storia più ampia, quella di Harlem. Contrariamente al protagonista, però, Marvel’s Luke Cage è una serie tutt’altro che a prova di proiettile, almeno per gli appassionati del genere. Per tutti gli altri, potrebbe essere invece una gradevole variazione a tinte noir del tema, sempre che non si facciano frenare dall’eccessiva lentezza narrativa, non adeguatamente controbilanciata da avvincenti scene d’azione.

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